L'autonomia delle istituzioni scolastiche
Dopo un lungo processo di valorizzazione del principio dell’ “autonomia”, valore costituzionale cui è improntato tutto il nostro ordinamento amministrativo (art. 5 Cost.), con l’approvazione della Legge 15 marzo 1997, n. 59, cd. “Bassanini-uno”, si è determinata quella che possiamo definire la fase finale del processo di trasferimento di poteri e di funzioni dallo Stato alle Regioni, agli Enti Locali e ad altri soggetti di autonomia, così da determinare ciò che in dottrina costituisce il massimo di “federalismo possibile” a Costituzione invariata.
Il baricentro della funzione pubblica si sposta così verso la “periferia”, mediante un duplice percorso di devoluzione di compiti e funzioni: verso le autonomie istituzionali (Regioni, Province e Comuni) e verso quelli sociali ( enti, associazioni, comunità). La necessità di razionalizzazione dell’Amministrazione centrale e periferica rappresenta il segno evidente della progressiva maturazione di una scelta a favore del principio di differenziazione come regola ispiratrice della riforma del sistema amministrativo multifunzionale. La linea di tendenza prevalente di quegli anni era quella di collegamento tra il risanamento della finanza pubblica e la riforma degli apparati amministrativi. E’ in tale prospettiva che si collocano le norme sull’autonomia scolastica contenute nell’articolo 4 della legge n. 537/1993.
L’articolo presenta, infatti, norme di contenimento della spesa, rideterminazione del rapporto alunni/classi, e di razionalizzazione della rete scolastica. Si tratta di un provvedimento di delega e rappresenta la prima concreta proposta di riforma sull’autonomia scolastica l’art. 4, comma 1, della legge n. 537/1993 prevede che : “Gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado hanno personalità giuridica e sono dotati di autonomia organizzativa, finanziaria, didattica, di ricerca e di sviluppo”. La norma delegava il governo ad emanare entro nove mesi uno o più decreti legislativi che andavano dalla declinazione dell’autonomia scolastica alla riforma degli organi collegiali e delle strutture periferiche del Ministero della Pubblica Istruzione . I principi e i criteri di riferimento per l’esercizio della delega delineavano un nuovo regime giuridico che modificava profondamente il ruolo e i poteri delle istituzioni scolastiche. Queste sarebbero diventate le strutture basilari del sistema di istruzione nel rapporto con le istituzioni locali e con il sistema produttivo territoriale. Il disegno autonomista non coincideva con la regionalizzazione o provinicializzazione della scuola ma riguardava le singole scuole, intese come i luoghi in cui si svolge il processo educativo: un’organizzazione comunitaria formata da docenti, dagli allievi e dalle famiglie. Tale disegno non è altro che la base della riforma del 1997.
La Scuola partecipa a tali processi di riforma, potendosi definire sia “Istituzione”, nel senso di articolazione particolarmente qualificata all’esercizio della funzione pubblica della formazione e dello sviluppo della cultura a tutti i livelli, sia una “Comunità”, ossia una formazione sociale composta da docenti, allievi, genitori, in cui si svolge la personalità addirittura di ogni cittadino, in rapporto costante con le altre comunità sociali, culturali, produttive, del contesto territoriale di riferimento.
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Informazioni tesi
Autore: | Gelsomina Veneruso |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Master in Dirigenti Scolastici |
Anno: | 2009 |
Docente/Relatore: | Anna Pirozzoli |
Istituito da: | UniCusano - Università degli Studi Niccolò Cusano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 35 |
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