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Il principio di alternatività tra imposta sul valore aggiunto e imposta di registro

Il lavoro propone un'indagine sul principio essenziale di alternatività tra l'imposta sul valore aggiunto e l'imposta di registro.
La scelta di tale argomento deriva dalla constatazione che il principio posto alla base del sistema comune dell'Iva consiste, come noto, nell'applicare ai beni e servizi un'imposta generale sul consumo proporzionale al prezzo dei beni e servizi a prescindere dal numero di transazioni che intervengono nel processo di produzione antecedente alla fase dell'imposizione, come sarà analizzato nel primo capitolo.
L'imposta è esigibile per ciascuna transazione calcolata sul prezzo del bene e del servizio secondo l'aliquota applicabile previa detrazione dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto.
Con l'introduzione della seconda direttiva del consiglio della CE dell'11 aprile 1967, n. 67/228, sono state stabilite sia la struttura che le modalità di applicazione del sistema comune di imposta sul valore aggiunto.
La direttiva ha introdotto il principio di detrazione d'imposta da imposta per tutto il complesso di operazioni compiute da un soggetto passivo per un dato periodo di tempo.
Successivamente la seconda direttiva è stata sostituita dalla sesta direttiva in cui sono state apportate numerose modifiche dove i principi in materia di imposta sul valore aggiunto, sono stati disciplinati nel nostro ordinamento dalla legge sulla riforma tributaria del 9 ottobre 1971, n. 825.
Mentre l'imposta di registro, disciplinata dapprima con il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, che verrà approfondita all'interno del secondo capitolo, è stata oggetto nel corso degli anni di numerose modifiche ed integrazioni.
Infatti, l'intero tributo è stato ristrutturato nell'ottica di una semplificazione con una diminuzione del numero di articoli del provvedimento istitutivo.
Tali interventi normativi sono il risultato delle esigenze di semplificazione dell'imposizione sui trasferimenti della ricchezza che emergono nella riforma tributaria dei primi anni '70: in tale periodo, il legislatore fu costretto a snellire il meccanismo applicativo dell'imposta di registro al fine di coordinare la disciplina con la normativa concorrente di matrice comunitaria.
Infine, lo studio si conclude con un'attenta analisi dove in questo quadro l'introduzione del principio di alternatività costituisce effetto indiretto della natura di imposta comunitaria dell'iva: la consapevolezza della soccombenza della potestà impositiva interna in ragione della normativa comunitaria, ha portato la modifica del quadro normativo nel senso di rendere l'imposta di registro alternativa, è sostanzialmente subordinata, rispetto all'imposta sul valore aggiunto.
Infatti, nelle direttive europee sull'IVA, il principio dell'alternatività, potrebbe trovare la sua ratio, che sta nell'evitare una ingiusta duplicazione d'imposta, ossia la doppia imposizione nell'evitare le interferenze tra le due imposte, disciplinata nell'art. 401 della direttiva 2006/212/CE e sia nel divieto di doppia imposizione.

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4 INTRODUZIONE Il lavoro propone un’indagine sul principio essenziale di alternatività tra l’imposta sul valore aggiunto e l'imposta di registro. La scelta di tale argomento deriva dalla constatazione che il principio posto alla base del sistema comune dell'Iva consiste, come noto, nell'applicare ai beni e servizi un'imposta generale sul consumo proporzionale al prezzo dei beni e servizi a prescindere dal numero di transazioni che intervengono nel processo di produzione antecedente alla fase dell'imposizione, come sarà analizzato nel primo capitolo. L'imposta è esigibile per ciascuna transazione calcolata sul prezzo del bene e del servizio secondo l'aliquota applicabile previa detrazione dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto. Con l'introduzione della seconda direttiva del consiglio della CE dell'11 aprile 1967, n. 67/228, sono state stabilite sia la struttura che le modalità di applicazione del sistema comune di imposta sul valore aggiunto. La direttiva ha introdotto il principio di detrazione d’imposta da imposta per tutto il complesso di operazioni compiute da un soggetto passivo per un dato periodo di tempo. Successivamente la seconda direttiva è stata sostituita dalla sesta direttiva in cui sono state apportate numerose modifiche dove i principi in materia di imposta sul valore aggiunto, sono stati disciplinati nel nostro ordinamento dalla legge sulla riforma tributaria del 9 ottobre 1971, n. 825. Mentre l'imposta di registro, disciplinata dapprima con il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, che verrà approfondita all'interno del secondo capitolo, è stata oggetto nel corso degli anni di numerose modifiche ed integrazioni. Infatti, l'intero tributo è stato ristrutturato nell'ottica di una semplificazione con una diminuzione del numero di articoli del provvedimento istitutivo. Tali interventi normativi sono il risultato delle esigenze di semplificazione dell'imposizione sui trasferimenti della ricchezza che emergono nella riforma tributaria dei primi anni ’70: in tale periodo, il legislatore fu costretto a snellire il meccanismo applicativo dell'imposta di registro al fine di coordinare la disciplina con la normativa concorrente di matrice comunitaria. Infine, lo studio si conclude con un’attenta analisi dove in questo quadro l'introduzione del principio di alternatività costituisce effetto indiretto della natura di imposta comunitaria dell'iva: la consapevolezza della soccombenza della potestà impositiva interna in ragione della normativa comunitaria, ha portato la modifica del quadro normativo nel senso di rendere l'imposta di registro alternativa, è sostanzialmente subordinata, rispetto all'imposta sul valore aggiunto. Infatti, nelle direttive europee sull'IVA, il principio dell'alternatività, potrebbe trovare la sua ratio, che sta nell’evitare una ingiusta duplicazione d’imposta, ossia la doppia imposizione nell’evitare le interferenze tra le due imposte, disciplinata nell'art. 401 della direttiva 2006/212/CE e sia nel divieto di doppia imposizione.

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