Il modello economico sociale dei paesi scandinavi
Finlandia, Svezia, Danimarca e Norvegia sono oggi classificate ai primi 6 posti per livello di competitività dal World Economic Forum, e ottengono altissimi risultati in quasi tutti i confronti internazionali su standard di vita, qualità dell’istruzione e della sanità.
Norvegia e Svezia sono al primo e al sesto posto nella classifica mondiale dell’Indice di Sviluppo Umano mentre Svezia, Norvegia, Olanda, Finlandia e Danimarca sono, in quest ordine, le migliori cinque nazioni nell’Indice di Povertà Umana riferita ai paesi industrializzati.
Accanto all’indice di Sviluppo Umano è stato definito anche un Indice di Povertà Umana (IPU), che misura il grado di godimento o di deprivazione dei risultati medi raggiunti nello Sviluppo Umano. Il confronto tra gli indici ISU e i livelli di reddito pro capite consente di mettere in luce che il legame tra livello di prosperità economica e sviluppo umano non è automatico: la correlazione c’è, ma non è perfetta. A parità di performances economiche, un paese avrà una qualità della vita sensibilmente maggiore rispetto ad un altro, quanto più alti saranno ad esempio gli investimenti in sanità ed istruzione, i quali danno alti rendimenti sociali. Considerando i dati del 2004 del UNDP e confrontando la Svezia con l’Italia scopriamo come il paese scandinavo sia di molto superiore sia per quanto riguarda l’ISU – è al sesto posto nel mondo, mentre l’Italia è al 18-esimo – sia per quanto riguarda l’IPU – è al primo posto, mentre l’Italia copre un desolante ultimo posto, staccata fortemente dalla penultima nazione, gli Stati Uniti. Tuttavia il reddito per abitante della Svezia è pari a quello dell’Italia, al 20-esimo posto nel mondo, mentre gli Stati Uniti sono al quarto posto.
I dati sulla distribuzione del reddito (fonte OECD 2005), in particolare sulla concentrazione del reddito, mostrano chiaramente una tendenza maggiormente egualitaria nei paesi scandinavi, e le differenze diventano notevoli rispetto a paesi come l’Italia e gli Stati Uniti.
I risultati ottenuti dai paesi scandinavi sono dovuti ad un sistema formatosi ormai 70 anni fa, che ha potuto svilupparsi e migliorarsi grazie alla collaborazione di organi come i sindacati che hanno sempre riconosciuto e accettato i cambiamenti di politica economica e di politica del lavoro, resi necessari dalle mutanti condizioni economiche mondiali e locali. I lavoratori non lottano per impedire le ristrutturazioni dei sistemi, perché sanno di avere alle spalle un ammortizzatore che è in grado di attutire i risvolti negativi delle nuove politiche.
Di certo anche le caratteristiche della popolazione, intese come attitudini comportamentali e culturali, sono state componente fondamentale e irrinunciabile per lo sviluppo del modello, e proprio sul cosiddeto “civismo” svedese torneremo brevemente in seguito.
Il modello nordico sembra voler provare la possibilità di far coesistere fattori quali generosi sussidi di disoccupazione, assistenza a buon mercato per i neonati e i bambini, sistema di istruzione gratuito e servizio sanitario di alto livello, con un’economia in salute e conti pubblici in ordine.
L’economia dei paesi nordici cresce a tassi superiori al 3% da tre anni, dopo un rallentamento a cavallo dell’inizio del nuovo millennio, in cui sono comunque cresciuti di più dell’Italia e della media europea.
Parecchi politici si sono posti il problema di replicare il modello scandinavo in altre regioni, soprattutto in Europa. Altrettanti economisti hanno messo in guardia dall’operare un’imitazione superficiale, il cosiddetto “bad karaoke”. Occorre rendersi conto che le politiche da sole non sono la soluzione al problema, visto che il sistema economico nordico è soprattutto il risultato di uno spirito di cooperazione tra forze sociali, come lavoratori e datori di lavoro. Naturalmente ci sono anche visioni più scettiche che attribuiscono il successo del modello a condizioni favorevoli e fortunose come la presenza di materie prime abbondanti che rafforzano l’export, oppure il forte sviluppo che ha interessato il settore tecnologico, favorendo Svezia, Norvegia e Finlandia essendo questi i paesi in cui quel settore era particolarmente ampio. Questa critica tuttavia appare già al primo sguardo molto debole, in quanto non è certo da considerarsi “scontato” il fatto che proprio Norvegia Svezia e Finlandia fossero paesi con un settore high-tech molto sviluppato. Al contrario, questo è stato il risultato di investimenti e scelte politiche durate decenni, e che ora sono all’unanimità considerate l’unica strada a disposizione di un paese di prima industrializzazione per poter tornare ad essere competitivo nei confronti dei new comers asiatici.
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Informazioni tesi
Autore: | Ludovico Carrino |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Trieste |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Scienze economiche |
Relatore: | Maurizio Zenezini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 49 |
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