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Il controllo di gestione nelle joint venture

La JV rappresenta l’espressione formale più compiuta che un accordo tra soggetti economici diversi può assumere, ovvero la costituzione di una nuova società. Gli interessi e le motivazioni strategiche particolari che i soggetti coinvolti si attendono di realizzare tramite la nuova società, più convenientemente rispetto ad altre soluzioni, trovano composizione nella missione e negli obiettivi condivisi dell’impresa comune.
Quanto più sono diverse ed indipendenti tra loro le finalità specifiche delle imprese partecipanti, tanto più complesso è il problema del coordinamento e dell’integrazione delle JVs con le loro attività nella fase di gestione della nuova società. Ciò spiega la rilevante importanza che assume il controllo di gestione nelle JVs, come strumento in grado di indirizzare questi diversi interessi verso il raggiungimento degli obiettivi aziendali prestabiliti.
Inoltre, il fatto che le JVs siano "possedute" da diverse società indipendenti, ossia i partner genitori, rende necessario il controllo di gestione.
I partner genitori devono, non solo concentrare il controllo sulla JV stessa, ma anche sul partner genitore che coopera (collabora). Tutto questo complica la questione del controllo di gestione.
In generale, il controllo della joint-venture è stato definito come il processo tramite il quale i partner genitori influenzano il comportamento e/o i risultati della JV attraverso l'uso del potere, l’autorità e una vasta gamma (serie) di meccanismi burocratici, culturali e informali.
Alcuni autori, tra cui Geringer e Hebert, hanno riscontrato che i problemi del controllo sono una delle principali cause di fallimento delle JVs.
A tal proposito, il controllo di gestione può essere ulteriormente concettualizzato (definito) come un “condotto” attraverso cui i vantaggi firm-specific dei partner genitori vengono trasferiti all’impresa. Se, dunque, il controllo della JV non è ripartito correttamente tra i partner, allora è probabile che la performance della JV ne risenta a causa dell’inefficace trasferimento di tali vantaggi.
Spesso, quindi, i partner genitori utilizzano i sistemi di controllo di gestione come uno strumento per produrre performance della JV più elevate.

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2 Introduzione <<Il tempo delle vecchie, classiche multinazionali è finito; nei prossimi anni si creeranno reti di alleanze, senza effetti di dominio tra i partner, con strutture di capitale incrociato e reti commerciali interconnesse. E’ la sola risposta al mercato globale>>. Così l’allora presidente della Olivetti, Carlo De Benedetti, concluse il suo intervento alla <<Convention informatique>> di Parigi il 15 settembre 1986, a sottolineare il valore delle nuove intese nella struttura dell’offerta per gli anni ’90. Oggi per la sopravvivenza di un’azienda risultano fattori critici, come la capacità di adattarsi rapidamente alle esigenze della domanda, di saper accedere in maniera rapida a nuove risorse, la necessità di muoversi su uno scenario mondiale, la convergenza e l’integrazione delle tecnologie 1 . Diversamente dagli anni ‘50/60, durante i quali la crescita era realizzata attraverso modalità interne, e dagli anni ’70, contraddistinti dal ricorso ad acquisizioni e fusioni, gli anni ’90 vedono la notevole diffusione dei rapporti di collaborazione tra più aziende, quali le joint ventures 2 (in seguito JVs) . In particolare, è in questi anni che tale fenomeno, di per sé non nuovo 3 , si è trasformato da scelta occasionale o contingente in modalità di attuazione delle strategie d’impresa per rispondere alle sfide provenienti dall’ambiente sempre più complesso e dinamico. L’incremento del grado di complessità e di incertezza dei sistemi economici è causato prevalentemente dai cambiamenti legati alla crescente globalizzazione e alle interdipendenze dei mercati, sia di sbocco che di approvvigionamento 4 e dalla maggiore criticità strategica assunta nel confronto internazionale dalle acquisizioni di conoscenze scientifiche e tecnologiche. Altri due fattori di cambiamento sono il mutamento dei rapporti tra domanda e offerta, nella direzione di una maggiore autonomia della prima nei confronti della seconda, e la maggiore incidenza sul comportamento strategico delle imprese delle specificità e dei 1 F. Vergnano, Le dieci barriere delle alleanze strategiche, in L’impresa, 1987, n.6. 2 Cfr. A.R. Janger, Organization of international joint ventures, The Conference Board, Inc., New York, 1980. 3 Si ricorda che le forme tipiche della cooperazione interaziendale, specie quelle degli accordi di sub-fornitura o contoterzismo, del licensing, dei consorzi e delle stesse JV costituiscono strumenti tradizionali da parecchi decenni utilizzati nell’ambito del “sistema delle imprese”. Cfr. C. Colombo, Accordi di cooperazione, complessità relazionale ed organizzazione degli oligopoli internazionali, in Economia e Politica Industriale, 1989, n.64, pp. 241 e segg. 4 Per gli aspetti qui trattati si fa riferimento agli studi di S. Vaccà e A. Zanfei, L’impresa globale come “sistema aperto” a rapporti di cooperazione, in Economia e Politica Industriale, 1989, n.64, pp. 50 e segg. Noti sono anche i contributi di K. Ohmae, La triade del potere. Le strategie vincenti per imporsi sul mercato globale, Sperling and Kupfer, Milano, 1986 e di M.E. Porter, Il vantaggio competitivo, Ed. di Comunità, Milano, 1987.

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Informazioni tesi

  Autore: Simona Spadaro
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze economico-aziendali
  Relatore: Rosa Alba Miraglia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 94

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