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Disoccupazione giovanile in Italia: cause e possibili soluzioni

Da qualche tempo, il tema della disoccupazione giovanile è ritornato a far notizia a livello nazionale, a causa delle percentuali negative che lo caratterizzano e che spesso costringono il nostro paese alle posizioni più basse nelle classifiche comparative con altri paesi europei e non solo.
In questa tesi vorrei, quindi, approfondire il tema cercando di comprenderne le cause e individuare, infine, delle soluzioni che una volta applicate potrebbero incidere notevolmente sull’intensità di questo fenomeno.
Nella prima parte del lavoro darò uno sguardo d’insieme alla realtà italiana comparandola a quella di altre potenze europee, rilevando la differenza esistente fra i paesi, guardando prima al problema generale della disoccupazione, affrontando poi nello specifico quello della disoccupazione giovanile. Sarà dato ampio spazio al divario esistente tra le categorie di lavoratori, giovani e adulti, essendo queste differenze l’origine delle maggiori difficoltà giovanili nel mercato del lavoro. Basti pensare che dal 2007 al 2013, il tasso di disoccupazione giovanile è balzato dal 21 per cento circa a oltre il 38 per cento. Nello stesso periodo è cresciuta anche la disoccupazione degli adulti, ma molto meno.
Grazie poi ad una rassegna delle principali teorie economiche (liberista e interventista), potrò quindi avvicinarmi all’elencazione di quelle che vengono ritenute le cinque principali cause della disoccupazione giovanile: il fattore tempo, le ragioni geografiche e anagrafiche, la mancata corrispondenza tra le competenze offerte dai giovani e quelle richieste dai lavoratori, la rigidità del mercato del lavoro e le difficili transizioni scuola- lavoro.
Nella parte centrale della tesi darò particolare attenzione a due delle cause riscontrate: il dualismo del mercato del lavoro e le transizioni scuola- lavoro. Per spiegare al meglio il dualismo che caratterizza il mercato del lavoro italiano, sarà opportuno conoscere il quadro normativo di sfondo e gli interventi giurisprudenziali che negli anni ne hanno profondamente modificato la struttura. Dal 1997, infatti, con l’introduzione del cosiddetto Pacchetto Treu, si permise di ricorrere in modo massiccio a dei contratti che regolavano alcune forme di lavoro atipico. Le leggi a seguire (si pensi alla legge del 14 febbraio 2003 n. 30, nota come “Legge Biagi”) continuarono sullo stesso percorso, introducendo sempre nuove forme contrattuali flessibili, o apportando piccole modifiche a tipologie di contratti già esistenti.
Sarà dato poi rilievo al tema della flexicurity, obiettivo perseguito dal legislatore italiano con svariati interventi, che non hanno però dato i frutti sperati.
Nell’analizzare la seconda causa, vorrei porre l’accento su un periodo molto delicato della vita di ogni giovane, il passaggio tra la fine del percorso di studi e l’ingresso nel mercato del lavoro. Verrà notato come il negativo superamento di questa fase possa fortemente influenzare il percorso lavorativo di ogni giovane e protrarne gli effetti per l’intera durata della carriera (scarring effect).
Visti i principali tipi di transizione, verificherò poi come queste siano fortemente influenzate in ogni paese dalle caratteristiche istituzionali tipiche di ogni organizzazione. In particolare si darà spazio a quattro paesi che spesso, fungono da modello negli studi sulle transizioni scuola- lavoro, ossia: Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti.
Nel terzo e ultimo capitolo, riprenderò innanzitutto il concetto di flexicurity, rilevando come, in molti paesi compresa l’Italia, i tentativi di raggiungere tale condizione abbiano per lo più portato all’introduzione delle cosiddette “riforme al margine”, che hanno lasciato sostanzialmente immutato il quadro giuridico italiano riguardante i contratti a tempo indeterminato, e liberalizzato le forme contrattuali temporanee per favorire l’accesso dei giovani al mercato del lavoro.
Sottolineando l’esigenza dell’Italia di trovare, al più presto, una soluzione all’alto tasso di disoccupazione giovanile, verranno poi proposte due differenti strategie: la prima è quella avanzata da T. Boeri e P. Garibaldi che riguarda l’introduzione di un contratto unico a tempo indeterminato, valido per tutti i lavoratori. La seconda, invece, è quella che richiede ulteriori leggi volte al completamento di quelle già in vigore, tali da consentire il pieno e definitivo passaggio a un sistema di flexicurity.
Un breve accenno al sistema di istruzione italiano e, in particolare, alla difficoltà dei giovani di portare a termine un percorso di studi avanzato permetterà di comprendere come qualsiasi legge non sarà da sola sufficiente a permettere all’Italia di invertire la rotta attuale e quindi risolvere definitivamente il problema della disoccupazione giovanile.

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5 Introduzione Da qualche tempo, il tema della disoccupazione giovanile è ritornato a far notizia a livello nazionale, a causa delle percentuali negative che lo caratterizzano e che spesso costringono il nostro paese alle posizioni piø basse nelle classifiche comparative con altri paesi europei e non solo. In questa tesi vorrei, quindi, approfondire il tema cercando di comprenderne le cause e individuare, infine, delle soluzioni che una volta applicate potrebbero incidere notevolmente sull’intensità di questo fenomeno. Nella prima parte del lavoro darò uno sguardo d’insieme alla realtà italiana comparandola a quella di altre potenze europee, rilevando la differenza esistente fra i paesi, guardando prima al problema generale della disoccupazione, affrontando poi nello specifico quello della disoccupazione giovanile. Sarà dato ampio spazio al divario esistente tra le categorie di lavoratori, giovani e adulti, essendo queste differenze l’origine delle maggiori difficoltà giovanili nel mercato del lavoro. Basti pensare che dal 2007 al 2013, il tasso di disoccupazione giovanile è balzato dal 21 per cento circa a oltre il 38 per cento. Nello stesso periodo è cresciuta anche la disoccupazione degli adulti, ma molto meno. Grazie poi ad una rassegna delle principali teorie economiche (liberista e interventista), potrò quindi avvicinarmi all’elencazione di quelle che vengono ritenute le cinque principali cause della disoccupazione giovanile: il fattore tempo, le ragioni geografiche e anagrafiche, la mancata corrispondenza tra

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Informazioni tesi

  Autore: Elisa Sedda Tolu
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Diritto per le imprese e le pubbliche amministrazioni
  Relatore: Sergio Alessandrini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 79

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Parole chiave

disoccupazione
giovani
flexicurity
contratto unico
teoria liberista
teoria interventista
tito boeri

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