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Crescita, conoscenza e competitività nei paesi OCSE

Da alcuni anni a questa parte, assistiamo e siamo coinvolti in una poderosa trasformazione che investe tutti gli aspetti dell’attività umana. Grazie alla straordinaria evoluzione delle tecnologie, delle telecomunicazioni e dei trasporti le distanze si sono accorciate e i costi di trasporto ridotti, accentuando la competizione. Il consolidamento di questo processo ha portato alla ribalta nell’ultimo decennio nuovi protagonisti e nuovi Paesi che sono riusciti in breve tempo a ridisegnare e ridimensionare equilibri stabilizzatisi nel corso degli ultimi decenni. La conoscenza rappresenta, in questo contesto, una risorsa che, lungi dall’essere adeguatamente riconosciuta e sfruttata, costituisce la dimensione cardine attorno alla quale le imprese possono costruire il proprio vantaggio competitivo. La globalizzazione e il passaggio a processi e prodotti in cui la materia prima è costituita dal fattore conoscenza, comportano difficoltà ma anche opportunità nuove per uno sviluppo in cui possano convivere e sostenersi la dimensione di crescita economica con quella di coesione sociale. È questa la sfida che si trovano oggi ad affrontare molti Paesi il cui sviluppo si è in passato alimentato attraverso industrie basate sulla trasformazione di beni materiali e vantaggi competitivi fondati soprattutto sui costi. Nel 2009, il Lisbon Council di Bruxelles, che analizza la situazione delle quattordici più importanti economie europee in rapporto agli obiettivi di miglioramento della posizione competitiva, ha classificato l’Italia ultima e la Finlandia prima. La Finlandia non è un paese tradizionalmente ricco ma grazie al suo particolare modo di innovare è oggi riconosciuto ai vertici della competitività internazionale come della tutela e del benessere dei suoi cittadini. In Italia, al contrario, sono oltre dieci anni che la crescita economica è bassa, la produttività cresce a tassi modesti e il reddito pro capite sostanzialmente ristagna. L’evidenza empirica dimostra come l’Italia sia caratterizzata da un livello di specializzazione produttiva concentrato prevalentemente sulle produzioni tradizionali e a basso contenuto di capitale umano high-skilled. Questo provoca uno svantaggio comparato dell’Italia nei confronti dei Paesi con più alto grado di scolarizzazione, che accentua la possibilità di questi paesi di situarsi in una posizione migliore nella frontiera tecnologica, ma anche nei confronti dei paesi emergenti, dotati di bassa qualità del capitale umano, ma con costi salariali più ridotti di quanto accada in Italia.
Questo lavoro vuole confrontare la testa e la coda di questa graduatoria in modo da mettere in luce il ruolo del capitale umano nella competitività di un Paese e meditare sulla possibilità che la “success story” della Finlandia possa essere esportata e applicata anche in Italia.
Il primo capitolo intende offrire un quadro generale sul concetto di capitale umano e sugli indicatori che possono essere utilizzati come proxies di quest’ultimo senza nascondere le difficoltà che comporta la sua misurazione.
Nel secondo capitolo vengono invece spiegati gli effetti, non solo economici, che un aumento nella dotazione di capitale umano ha sia a livello micro che macro, soprattutto con l’avvento della società della conoscenza. Inoltre ci si avvale del modello di regressione lineare per evidenziare l’importanza della qualità del capitale umano per la crescita di un Paese.
Infine il terzo capitolo fornisce una chiave di lettura della perdita di competitività del sistema economico italiano andando ad indagare aspetti quali le dinamiche di formazione e di utilizzo del capitale umano in questo contesto. L’analisi mira ad attuare un confronto con i principali partner economici a livello europeo e internazionale ed in particolare con la Finlandia, Paese che ha saputo trasformare la crisi degli anni novanta in un’opportunità grazie ad un forte focus su istruzione, formazione e ricerca divenendo una delle economie della conoscenza più competitive a livello mondiale. Nella consapevolezza che questo lavoro non può far venir meno la complessità del tema, è mia intenzione offrire un contributo allo studio della conoscenza come driver di competitività, soprattutto alla luce della situazione critica in cui versa il nostro Paese.

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4 CAPITOLO 1 Capitale umano e problemi di misurazione 1.1 Il significato di capitale umano Quasi tutta la storia del pensiero economico si è sviluppata trascurando l‟analisi di una variabile fondamentale per ogni economia nazionale quale il capitale umano; si tratta di uno dei modi per accumulare input da impiegare nella produzione e si realizza tipicamente attraverso la rinuncia da parte degli individui a consumare parte del loro reddito presente per acquisire maggiori capacità di produrre reddito in futuro. Di recente si è data molta importanza a questo aspetto dell‟intero processo produttivo poiché oggi, più che in altri momenti storici, si pone l‟accento sulla qualità del lavoro. In termini generali, il capitale umano comprende quelle conoscenze, abilità e competenze che migliorano non solo le modalità di lavoro, quanto anche

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