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CAPM: dalla teoria all'evidenza empirica

I rendimenti attesi degli azionisti o più in generale il costo del capitale azionario rappresenta uno dei temi maggiormente discussi all'interno della Teoria Finanziaria.
I contributi principali in tale ambito sono stati forniti dalla letteratura anglosassone e americana ed in particolare da Hanry Markowitz il quale, postulando l'avversione al rischio da parte degli investitori, pose le basi per l'individuazione delle due variabili considerate nelle decisioni d'investimento: il rendimento atteso e la varianza del titolo.
In seguito Sharpe, Lintner e Mossin elaborarono indipendentemente il Capital Asset Pricing Model, ovvero un modello che stima il rendimento atteso del titolo, o rendimento di equilibrio del mercato, in funzione del rischio dell'investimento.
Benché alcune ipotesi alla base del modello siano molto lontane dalla realtà, il CAPM è stato oggetto di crescente attenzione negli ultimi quarant'anni nell'ambito dell'economia finanziaria. Nonostante infatti dalle prime evidenze empiriche è emersa la linearità tra rischio e rendimento, le seguenti verifiche hanno rilevato l'incapacità del beta ad esprimere tale relazione.
Questo elaborato nasce dunque dal desiderio di analizzare tale modello cercando di considerare la maggior parte delle teorie che negli ultimi anni anni si sono susseguite ed effettuando i tests sulla base dei dati del mercato italiano.
inizialmente verrà ripercorsa la teoria di Markowitz, proposta nell'articolo “Portfolio Selection” pubblicato sul Journal of Finance nel 1952, la quale si pone come elemento introduttivo per giungere alle logiche di formazione dei prezzi in un ottica di portafoglio sviluppate dal CAPM.
“Don't bet the ranch. Get more bang for your buck. Maximize output relative to input. Nothing ventured, nothing gained.Diversify instead of striving to make a killing. Don't put all your eggs in one basket; if it drops, you're in trouble. High volatility is like putting your head in the oven and your feet in the refrigerator."
La filosofia di Harry M. Markowitz, può essere agevolmente riassunta da queste semplici frasi di comune buonsenso che egli stesso, giovane studente di 25 anni, pare abbia annotato sul proprio block notes mentre leggeva “The Theory of Investment Value” di Sir John Burr Williams all’interno della libreria della Chicago University. Markowitz, concentrando la sua attenzione sulla comune pratica della diversificazione di portafoglio, dimostrò nel suo articolo che gli varrà il Nobel 38 anni dopo, come fosse possibile ridurre lo scarto quadratico medio dei rendimenti del portafoglio scegliendo azioni che avessero andamenti non perfettamente correlati. Il contributo di Harry Markowitz non si fermò a questo punto ma si spinse oltre fino a formulare i principi base della costruzione di un portafoglio e della relazione fra rischio e rendimento.Dopo aver esposto brevemente la teoria alla base della selezione di portafoglio di Markowitz e le ipotesi sottostanti al Capital Asset Pricing Model siamo finalmente giunti al cuore di questo elaborato ovvero effettuare un'analisi empirica del modello per il mercato italiano.A tale scopo ho selezionato le serie storiche mensili dei prezzi delle azioni di 462 imprese italiane per il periodo di riferimento che va da dicembre 1988 a marzo 2007, per un totale di 220 osservazioni mensili.
Come proxy del rendimento del portafoglio di mercato ho utilizzato la serie
storica dei prezzi dell'indice COMIT mentre per il rendimento dell’attività priva di
rischio un bot semestrale.
Tutte le serie storiche sono state scaricate da Datastream.
È importante però fare una premessa: in tutte le teorie utilizzate come lay out per i tests effettuati qui di seguito, viene considerata la circostanza di creare dei portafogli di titoli.

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Introduzione I rendimenti attesi degli azionisti o più in generale il costo del capitale azionario rappresenta uno dei temi maggiormente discussi all'interno della Teoria Finanziaria. I contributi principali in tale ambito sono stati forniti dalla letteratura anglosassone e americana ed in particolare da Hanry Markowitz il quale, postulando l'avversione al rischio da parte degli investitori, pose le basi per l'individuazione delle due variabili considerate nelle decisioni d'investimento: il rendimento atteso e la varianza del titolo. In seguito Sharpe, Lintner e Mossin elaborarono indipendentemente il Capital Asset Pricing Model, ovvero un modello che stima il rendimento atteso del titolo, o rendimento di equilibrio del mercato, in funzione del rischio dell’investimento. BenchØ alcune ipotesi alla base del modello siano molto lontane dalla realt , il CAPM Ł stato oggetto di crescente attenzione negli ultimi quarant’anni nell’ambito dell’economia finanziaria. Nonostante infatti dalle prime evidenze empiriche Ł emersa la linearit tra rischio e rendimento, le seguenti verifiche hanno rilevato l’incapacit del beta ad esprimere tale relazione. Questo elaborato nasce dunque dal desiderio di analizzare tale modello cercando di considerare la maggior parte delle teorie che negli ultimi anni anni si sono susseguite ed effettuando i tests sulla base dei dati del mercato italiano. 4

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Informazioni tesi

  Autore: Marta Prosperi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma
  Facoltà: Economia
  Corso: Finanza
  Relatore: Giorgio Di Giorgio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 47

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