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Didattica dell'italiano a bambini stranieri: il progetto Laposs

Il presente lavoro vuole essere un strumento pratico, di facile applicazione sul campo della didattica della lingua italiana, in particolar modo rivolta ai bambini non italofoni. Proprio per questo, scegliendo di cominciare dal quadro statistico dei minori stranieri presenti nelle scuole statali e non statali d’Italia per l’a.s. 2005/2006, si presenta l’urgenza concreta e reale, oggi più che mai bisognosa di una risposta imminente ed efficiente, di una integrazione sociale e di una educazione interculturale che, in primo luogo, le istituzioni scolastiche hanno il dovere di promuovere attraverso interventi appositamente programmati. Il Laposs, Laboratorio di Progettazione Sperimentazione ed Analisi di Politiche Pubbliche e Servizi alle Persone - centro di ricerca dell’Università di Catania e strumento integrativo di politiche, promosso dalla Facoltà di Scienze Politiche - contribuisce dal 2002 al confronto di idee per l’elaborazione e la realizzazione di progetti finalizzati a consolidare i collegamenti tra la ricerca scientifica e la città, il mondo del lavoro e delle professioni, delle istituzioni e della comunità. Tra i molti progetti, quello denominato Laposs - Una scuola a misura di bambino… anche migrante II, promosso nelle scuole elementari e medie di Catania nell’anno scolastico preso in esame, è quello che, mediante il laboratorio omonimo della Facoltà di Lettere e Filosofia, coordinato dalla Prof.ssa Rosaria Sardo, ha stimolato una ricerca, qui proposta, dei metodi glottodidattici più idonei alle esigenze dei bambini giunti in terra straniera. Dall’esperienza attiva nel progetto, all’interno della sezione dedicata alla didattica sperimentale e multimediale della lingua italiana, si sceglie di affiancare alle scienze pratiche, che mirano alla risoluzione dei problemi (come la glottodidattica), quelle teoriche, che mirano a fornire, invece, una conoscenza (come la linguistica). Quest’ultime però, vengono presentate non con una trattazione sistematica ma soltanto come elementi di supporto atte a motivare le strategie glottodidattiche utilizzate nel concreto, ovvero, durante gli incontri nella classe mista dell’istituto comprensivo statale “Bruno Monterosso” di Catania. Pertanto, il lavoro non vuole essere esaustivo, ma vuole soltanto configurarsi come pragmatico spunto per una didattica sperimentale che ha già trovato nei suoi destinatari entusiasmo ed interesse. A causa della complessità del problema preso in esame che, in questa prospettiva, è analizzato ponendo come soggetto indiscutibile della ricerca il bambino nella sua totalità ed individualità, non si è potuto fare a meno di varcare le soglie di diversi campi scientifici come quello delle scienze del linguaggio e della comunicazione, delle scienze dell’educazione e della formazione, delle scienze psicologiche e delle scienze della cultura e della società. Dunque, così come si manifesta necessario un paradigma interculturale, così, in questo lavoro di approfondimento, si dichiara necessario un paradigma interdisciplinare indispensabile a chi volesse accingersi ad insegnare lingua italiana in ambienti multiculturali. Il modello narrativo come strumento per raccontare e raccontarsi è l’elemento metodologico trainante. La narrazione per audiovisivi è la mia sperimentazione nella didattica dell’italiano come L2, tenuto conto che da recenti studi si evince che si ricorda il 10% del visto e il 20% dell’ascoltato, ma abbinando sonoro e visivo, si riesce a ricordare fino al 50% del visto ed ascoltato. La valorizzazione del ruolo degli audiovisivi come glottotecnologia da impiegare può partire da anche da questo dato. La sintesi è “Conflitti Polari”, audiovisivo da me realizzato che vuole riassumere, in un minuto di montaggio frenetico di quattro film d’animazione Walt Disney, la rilevanza del modello narrativo evidenziando il ruolo di perni narrativi delle principali funzioni di Propp.

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4.4 Il potere degli audiovisivi come input linguistico Fino ai sette anni nei bambini esiste una predominanza quasi assoluta dell’informazione visiva su quella verbale. La forte prevalenza dell’esperienza diretta, della percezione immediata e globale della realtà è, quindi, tipica della mente infantile. La realtà in cui è immerso il bambino è ricco di suoni, immagini e parole interagenti. La conoscenza del mondo attraverso la funzione visiva, aiuta il bambino a sviluppare la sua capacità di decodificazione della lingua a partire da quella materna. Infatti, dagli studi condotti sull’acquisizione naturale della lingua materna, si evince che il problema centrale delle primissime fasi dell’acquisizione linguistica è quello della segmentazione dell’input. Il bambino scopre, in sostanza, le regolarità strutturali presenti nel segnale linguistico che gli permettono di rendersi conto delle informazioni morfosintattiche da cui estrarre poi regole e schemi generali: i “pezzi” di lingua che il bambino ripete per memorizzazione vengono pian piano segmentati per la scoperta degli schemi morfologici. Questo processo di segmentazione e di organizzazione delle regole è di tipo universale e riguarda, quindi, anche l’apprendimento della lingua straniera. I bambini, che non colgono indifferentemente qualsiasi suono o parola con la quale vengono a contatto, selezionano l’input guidati da principi cognitivi generali quali: «la salienza», che riguarda essenzialmente tutto ciò verso cui il bambino è immediatamente attratto, il tipo di informazione su cui ritiene concentrare l’attenzione, secondo criteri di tipo visivo, semantico e fonologico; «la frequenza e la produttività», la prima, riferita al numero di volte in cui un item lessicale o una certa forma compaiono nell’input. Gli elementi che compaiono più frequentemente determinano e facilitano l’estrapolazione, la memorizzazione ed il riconoscimento per poi passare all’acquisizione ed alla produzione; «l’iconicità», parametro derivato dalla semiotica di Peirce, insieme al suo sottoparametro della iconicità costruzionale ad alla diagrammaticità; «la trasparenza», legata alla semplicità della forma delle parole e del significato; «la biunivocità», che si realizza quando una e la stessa forma ha sempre lo stesso significato. Un esempio è il turco dove ogni affisso nella parola esprime un unico significato, per cui il rapporto è 1/1, mentre in italiano e 1/+.

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