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L’importanza di rimanere padri in carcere: come sostenere e tutelare la relazione padre-figlio durante la detenzione

Capita spesso di credere che l’evento della detenzione provochi gravi conseguenze e si ripercuota solo e unicamente sulla vita del reo.Se, come alcune recenti ricerche hanno dimostrato, la detenzione ha numerosi effetti negativi sui figli - dall’emarginazione, a problemi nello sviluppo psicofisico, a ripercussioni sulle scelte future -appare inevitabile un’attenzione a questa problematica.
Nel presente elaborato si vuole fornire una panoramica della problematica, concentrando l’attenzione sul rapporto tra padre detenuto e figlio, cercando di far emergere l'importanza del mantenimento di tale relazione anche durante la detenzione. La scelta di concentrarsi sul ruolo della figura paterna è dovuta alla consapevolezza che, nonostante si presti più attenzione al ruolo della madre, la maggior parte dei detenuti italiani è di sesso maschile.
Nel capitolo I si inquadra la questione dal punto di vista normativo fornendo un excursus della legislazione internazionale e nazionale.
Nel secondo capitolo viene affrontato da un punto di vista prettamente psicologico il tema della genitorialità.
Nel terzo partendo dalla definizione della professione di assistente sociale e dai principi del codice deontologico, si evidenziano le radici dell’intervento sociale

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8 CAPITOLO I Il diritto ad essere padri e il diritto del minore ad avere un padre 1. Dei diritti e delle pene: un excursus tra Legislazione internazionale e Costituzione italiana Tutelare le persone private della libertà e successivamente anche i loro familiari, in particolari i figli, è da tempo interesse della Comunità Internazionale. Nel tempo si sono prodotti importanti riferimenti normativi per gli Stati aderenti, che hanno velocizzato il processo di affermazione di determinati diritti anche all'interno della normativa italiana. La prima affermazione dell'esistenza di una serie di diritti propri dell'uomo, inviolabili , universali e tutelati dallo Stato, avviene con l'emanazione, da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, della “Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo” del 1948. Nella Dichiarazione viene previsto che nessun uomo possa essere sottoposto a tortura, maltrattamenti, punizioni crudeli, inumane o degradanti (art. 5), e che la maternità e l'infanzia debbano godere di speciali cure e assistenza sociale (art. 25); si stabilisce altresì che la famiglia è un nucleo naturale e fondamentale della comunità umana e va pertanto protetta dalla società e dallo Stato (art. 16). Pochi anni dopo, precisamente il 4 novembre del 1950, viene sottoscritta a Roma la “Convenzione Europea sui diritti dell'uomo”, resa esecutiva in Italia con L. 4 agosto 1955, n. 848. Gli articoli 2 e 3 ribadiscono il diritto alla vita e il divieto di ricorrere a torture, pene e trattamenti inumani. L'art. 8 richiede il rispetto per la vita familiare di un individuo, per la sua vita privata, il suo domicilio e la sua corrispondenza. ¨ l'articolo piø importante per genitori e figli: non solo obbliga gli Stati a proteggere gli individui dalle interferenze, ma crea per loro l'obbligo in positivo di intraprendere azioni per assicurare il rispetto di tali diritti. 1 Sancisce l'obbligo della Corte Europea di vigilare in merito al rispetto di tale articolo, prevedendo sanzioni 2 . 1 Si rimanda all'interpretazione data dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo nella sentenza emessa dalla sez. V il 26 ottobre 2006 sul ricorso n.23848/04 Wallovà e Walla/Repubblica Ceca. Nella sentenza si afferma, con riferimento al caso di minori allontanati dai genitori per motivi di indigenza e povertà, che per l'art 8 della Convenzione Europea va interpretato come dovere dello Stato assicurare il rispetto della vita familiare, e in particolare pone in capo allo Stato il dovere di agire in modo tale da conservare, rinsaldare e incentivare i legami tra genitori-figli. 2 Non di rado si verificano situazioni in cui la Corte Europea chiede allo Stato di rimediare all'infrazione, pena nuove sanzioni: sanzione in cui è incorsa anche l'Italia, come da sentenza in data 8 gennaio 2013, per la violazione dell'art. 3, causata dell'odierna situazione di sovraffollamento carcerario, che contravviene al diritto ad un trattamento umano e dignitoso.

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