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Internet e nuove tecnologie nel settore museale: ipotesi e strumenti per un approccio immateriale alla creazione del valore

La tematica delle nuove tecnologie all’interno della gestione museale ha dato vita, a partire dagli anni Novanta, a un corposo nucleo di pubblicazioni dedicate all’argomento. A una ventina di anni di distanza dalle prime discussioni si cerca di trarre alcune conclusioni sui risultati raggiunti e sulle nuove prospettive rese possibili dal contesto tecnologico e manageriale più recente. Partendo da una scorsa sugli esiti principali delle letterature dedicate a management della cultura, tecnologia e musei virtuali, si cerca di operare un ordinamento delle varie prospettive poste in campo, per fare emergere le più importanti linee guida sull’argomento. Seguono alcune proposte personali, basate sulla riflessione teorica e l’analisi di case studies.
Le nuove tecnologie vengono considerate come strumenti in grado di de-materializzare ulteriormente i patrimoni di cui si servono le organizzazioni museali per definire le proprie offerte. In questa maniera si aprono nuovi spazi nella determinazione dei prodotti culturali e nuovi canali per relazionarsi in maniera qualitativamente diversa con i clienti. La stesse concezioni di museo, prodotto culturale e fruizione sono sottoposte a critica dall’impatto delle nuove tecnologie sulla materialità e sulla trasmissibilità dei contenuti attraverso media digitali.
All’interno della trattazione vengono quindi discusse e messe in relazione con musei e nuove tecnologie, le forme di economia dell’immateriale; in grado di rendere i processi economici leggeri e intangibili, e creare valore semplicemente attraverso risorse conoscitive e relazionali.
Una parte importante viene dedicata all’analisi e alla valutazione degli effetti che la teoria della Long Tail di Chris Anderson può determinare all’interno del settore museale e della fruizione culturale. Secondo questa teoria l’abbattimento dei vincoli fisici favorito dal consumo di prodotti culturali in ambienti digitali (iTunes, Wikipedia, Rhapsody), influisce profondamente sui comportamenti di consumo, sul coinvolgimento dell’utente e, di conseguenza, sulla sua soddisfazione.
Trova spazio infine una ricognizione riguardante il ruolo dei social network come complemento all’offerta delle organizzazioni museali. Questi strumenti sempre più spesso vengono affiancati al tradizionale sito internet museale per sviluppare nuovi canali di comunicazione e coinvolgere in maniera attiva e informale il fruitore di beni culturali.

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Introduzione 5 INTRODUZIONE L’utilizzo delle nuove tecnologie come elemento integrante nella produzione delle offerte culturali per i musei, rappresenta un argomento che a partire dagli anni Novanta ha via via ottenuto sempre maggiore attenzione all’interno della letteratura di economia della cultura e gestione museale. L’affacciarsi di nuovi strumenti digitali in grado di svolgere diverse funzionalità in maniera efficiente e la loro diffusione sempre più vasta a tutti i livelli dell’attività umana, ha suscitato grande interesse anche per gli operatori del settore culturale, che hanno visto in queste applicazioni delle occasioni per superare diverse inefficienze che assillano il comparto. In presenza infatti di una teoria manageriale, che denuncia spesso per il settore museale una situazione non ottimale dal punto di vista economico e gestionale, l’affermarsi di strumenti tecnologici dalle grandi potenzialità, ha rappresentato per molti studiosi la possibilità di risolvere i vari problemi che riguardano musei e organizzazioni culturali. La letteratura individua quindi un ritardo manageriale che si concretizza in diverse inefficienze nel sistema italiano. Le istituzioni museali si trovano in un contesto in cui ad un fabbisogno crescente di finanziamenti, corrisponde la difficoltà sempre maggiore ad attirare risorse attraverso modalità ordinarie come la bigliettazione (Solima 1998). A peggiorare la situazione contribuisce paradossalmente la ricchezza del patrimonio culturale italiano, che in presenza di una grande diffusione di organizzazioni culturali, determina una “polverizzazione delle risorse” che risultano disperse nel grande bacino dei musei presenti (Zan 1999). Una rapida sintesi delle varie inefficienze che la letteratura manageriale individua nel settore museale si può desumere da Bagdadli (1997), in un elenco che lascia intravedere in particolare la scarsa capacità gestionale delle organizzazioni e la forte dipendenza economica dai finanziamenti pubblici. La situazione riguarda quindi: la provenienza quasi totale dei finanziamenti dallo stato e dagli enti pubblici, la presenza di sedi non adeguate all’esposizione e alla conservazione, la limitatezza degli organici, lo scarso peso dato alle qualifiche professionali, la bassa qualità della fruizione, la forte concentrazione di pubblico in poche organizzazioni (Antinucci 2007) e la diminuzione dei flussi di domanda a partire dai primi anni Novanta. Le cause di questa situazione vengono individuate nelle poche entrate derivate dalla bigliettazione, nello scarso apporto dei privati e in politiche che non riservano molta attenzione all’orientamento al cliente e all’innovazione. A questi problemi di natura gestionale se ne aggiungono altri legati invece alla domanda culturale e al grado di utilità che può ottenere dalla fruizione e dal contatto con l’organizzazione museale. In questo caso la concentrazione del pubblico in poche organizzazioni dimostra come, in realtà, la fruizione museale non sia guidata dalla conoscenza del patrimonio e dai gusti personali del cliente, ma da forme di imitazione rispetto al comportamento di consumo della maggioranza. Secondo questa prospettiva le scelte

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