Effetti della wearable technology su comunicazione e società
Verso una ''augmented humanity''
"Augmented humanity" è un termine coniato nel 2010 dall'ex direttore di Google Eric Schmidt; indica, attraverso un gioco di parole che alla parola reality di realtà aumentata sostituisce umanità, l'uso della tecnologia in un modo così pervasivo da renderla un tutt'uno ibrido con l'individuo. È stato utilizzato nel per dare un'idea di ciò che stiamo per the affrontare: la spaventosa via in direzione futuro che ci porterà ad essere rimpiazzati da replicanti più efficienti di noi… Se questo fatalismo non suona nuovo è perché potrebbe essere la trama di un qualunque film o telefilm che indaga mondi paralleli legati alla tecnologia (ovviamente non tutti sono così scontati). Attraverso la citazione di tale filmografia, allargata anche al repertorio contemporaneo di cartoni animati e videogiochi, cercherò di fare alcune analogie tra le storie che essi raccontano ed i dispositivi tecnologici diventati realtà, il cui merito in parte va anche innegabilmente riconosciuto all'immaginario filmico con il quale siamo cresciuti.
Nel 1991 Mark Weiser, al tempo direttore scientifico dello Xerox PARC (Palo Alto Research Center), forse il centro più famoso al mondo per i contributi apportati all'information technology, conia il termine Ubiquitous computing (contratto poi anche in Ubicomp o trasformato in Pervasive computing) utilizzandolo per la prima volta in uno dei suoi saggi. È sorprendente ed angosciante la lucidità con il quale Weiser ha predetto il suo futuro, ormai quasi temporalmente allineato al nostro presente, come un avvenire fatalmente inglobato dalla tecnologia.
Le tecnologie più profonde sono quelle che scompaiono. Si intrecciano con il tessuto della vita di ogni giorno fino a quando non diventano indistinguibili dalla vita stessa.
Sono queste le parole profetiche con il quale l'articolo scientifico ha inizio; continua dividendo la storia in 3 paradigmi in base all'evoluzione del rapporto tra uomo e computer. Secondo lui, il primo era cominciato negli anni 60 con il Mainframe, una sola grande macchina condivisa da più utenti, costituendo così il paradigma many people per computer. Il secondo, one person per computer, coincide con l'invenzione del personal computer. Il terzo ed ultimo paradigma individuato dal ricercatore è quello che stiamo vivendo proprio ora, ovvero l'era dei many computers per person: Weiser ha visto bene immaginando un futuro in cui i calcolatori e tutte le loro derivazioni sarebbero diventati parte integrante della realtà, fondando un ambiente totalmente computerizzato, composto da oggetti interattivi con cui scambiare informazioni in modo naturale. Questo sistema, per allora utopico, è ciò che prendeva il nome di Ubiquitous Computing ed è caratterizzato da due attributi fondamentali: ubiquità, ovvero l'onnipresenza del sistema che rende l'utente libero di muoversi mentre interagisce con esso, e trasparenza, in quanto così integrato nella quotidianità da scomparire. È da sottolineare che la visione di Weiser non parla di una realtà virtuale, al contrario si può definire una virtualità reale o una ambient intelligence nella quale i computer a convivono con noi, in cui l'offline non è contemplato e gli oggetti sono smart.
Come non rivedere l'ubicomp nell'interno di una smart home, nell'Internet delle Cose oppure nel fenomeno del multiscreen? Quest'ultimo consiste nell'uso simultaneo di più strumenti digitali; oggi ne usiamo in media 3 alla volta, alternando la nostra attenzione tra televisione, laptop, tablet, PC, smartphone e wearable. L'era del multitasking non ha tempo da perdere: se una mano controlla la casella e-mail, gli occhi intanto seguono la puntata di una serie televisiva in streaming, mentre il pollice dell'altra mano fa scorrere distrattamente la homepage di un social network.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Effetti della wearable technology su comunicazione e società
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Informazioni tesi
Autore: | Alice Genovesi |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Conservazione dei Beni Culturali |
Corso: | Culture e tecniche del costume e della moda |
Relatore: | Antonella Mascio |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 56 |
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