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Il dilagante fenomeno delle piattaforme d’intrattenimento digitale: specchio del mondo in cui siamo immersi

Verso un nuovo paradigma: la digital experience

Nelle piattaforme video on-demand che sono state precedentemente analizzate tutte le grandi aziende come Netflix, Amazon Prime Video e Disney+ hanno saputo sviluppare una user experience e una customer experience eccezionale. Avendo compreso per tempo la domanda che si sarebbe sviluppata negli anni sono riuscite a cavalcare l’onda giusta e a cogliere i segni della trasformazione digitale. Infatti, nell’industria 4.0 le esperienze veramente coinvolgenti passano tutte dal web e si trasformano in una vera e propria digital experience. In questi ultimi paragrafi del secondo capitolo si farà riferimento all’articolo “Recommended for you: The Netflix Prize and the production of algorithmic culture” (2016) di Hallinan B. e Striphas T. docenti dell’Indiana University del corso in “Communication & Culture”. La domanda con cui inizia l’articolo è tanto semplice quanto interessante: come fa un’algoritmo creato per operare suggerimenti, come quello di Netflix, a influenzare così tanto la culturale, fino ad arrivare al punto di riuscire a cambiare le abitudini del mondo intero? Per ovviare il problema i due raccontano una storia molto interessante: il “Netflix Prize”. Il Premio Netflix fu un concorso organizzato dall’azienda stessa nel 2006-2009. Nel concorso chiunque fosse riuscito ad accrescere la precisione del 10% del sistema di raccomandazioni dei Film della piattaforma, avrebbe vinto ben 1milione di dollari americani. Il concorso, oltre ad essere una sfida tecnica per gli ingegneri partecipanti, era anche un metodo d’indagine per l’impatto della “cultura degli algoritmi” sul mondo.
“Connect[ing] people to movies they love” era il mantra iniziale di Netflix. Il payoff inquadrava l'azienda come un intermediario tra persone e Film, che dona gioia alla gente, il tutto attraverso un complesso sistema di raccomandazioni generate da un mix di tecnologia e informazioni sugli abbonati. Queste tecniche, coma già detto, sono comparabili a quelle utilizzate oggi da Amazon, Facebook, Google, Microsoft, Twitter e altre società sempre basate sulla tecnologia. In sostanza, funzionano cioè tutti in modo simile. Molti degli algoritmi sono protetti da accordi di non divulgazione sul loro funzionamento e ci sono leggi, clausole e altri strumenti legali per mantenerli segreti. Raramente ne viene svelato il reale funzionamento, anche perché molti sono in continuo aggiornamento. La panoramica offerta dal sito aziendale Netflix precedentemente analizzata nel primo capitolo (1.4), probabilmente è già da considerarsi datata nel momento in cui questa tesi viene elaborata. Il 6 Ottobre 2006 Netflix lanciava il suo “prize”. La competizione ha riunito più di cinquantamila partecipanti da 186 paesi diversi, organizzati in quarantamila team. Durante il premio ci sono stati più di novemila post a riguardo e più di diecimila registrazioni sul sito ufficiale della gara. Molti concorrenti hanno utilizzato anche blog personali per comunicare i propri insuccessi o i traguardi raggiunti. In particolare, hanno seguito l’evento mass media di fama internazionale come il “The New York Times” e “Wired”. Il concorso è terminato il 21 Settembre 2009, dopo ben tre anni di accesa competizione. Una così grande risonanza mediatica dell’evento ha offerto l’opportunità unica di comprendere come vengano creati meccanicamente gli algortimi, ritenuti da molti un vero e proprio tabù informatico. Anche se è stato considerato una mera sfida ingegneristica, l’evento ha contribuito all’apertura di diverse discussioni parecchio interessanti: due fra le più calde furono l’origine della cultura e il senso dell’esistenza umana. Lauren Berlant parlando a proposito della gara dice che è stata come uno “state of things in which something that will perhaps matter is unfolding amid the usual activity of life.” (“Recommended for you: The Netflix Prize, 2016, pp. 118) Insomma, il “prize” è stato come riscoprie il significato del termine serendipità; si è cominciato cercando qualcosa di specifico e si è finito per trovarne tutt’altro.
Quindi perché si riteneva così importante conoscere la cultura per sviluppare un algoritmo? La cultura contiene in sé un registro semantico praticamente infinito, perché si adatta a qualsiasi nome che sia infatti un “gioco culturale” , un “abitudine culturale” o un “periodo culturale”. In generale può riferirsi al modo che hanno le persone di interagire tra loro e i loro patterns sociali, la maniera in cui si valutano le cose e di conseguenza il concetto di moralità oppure a tutti gli oggetti fisici, associati a gruppi specifici di persone. Il premio Netxflix ci ha aiutato a reinterpretare il significato di cultura, da chi è stata creata e dove sia andata a finire tutta quella cultura apparentemente “nascosta”, come vedremo nel prossimo paragrafo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il dilagante fenomeno delle piattaforme d’intrattenimento digitale: specchio del mondo in cui siamo immersi

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Sabeni
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Coris, Comunicazione e ricerca per il sociale (scienze politiche)
  Corso: Organizzazione e marketing per la comunicazione d'impresa
  Relatore: Barbara Sonzogni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 144

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