Il multilinguismo europeo: la risposta delle scuole e le politiche linguistiche
Valorizzazione del background linguistico degli allievi
Utilizzare "approcci multilingui" per la valutazione delle competenze degli allievi migranti può rientrare nelle strategie per la valorizzazione dei repertori linguistici che essi portano in classe. Quest’ultima è una questione che si pone a tutti gli insegnanti che si trovano a lavorare in classi multilingui e multiculturali, e che è stata affrontata da diversi studiosi.
È interessante citare qui una ricerca relativa alla posizione delle lingue degli allievi migranti in una scuola di una Comunità Basca Autonoma in Spagna (Lasagabaster, 2009), in cui gli allievi apprendono e lavorano con tre lingue (spagnolo, basco e inglese), e in cui un alunno la cui L1 non sia nessuna di queste tre si trova quindi sin da piccolo a dover gestire un background linguistico di almeno quattro lingue. In questo contesto la maggior parte degli insegnanti, interrogati sull’importanza da dare, in ambito scolastico, alle lingue ‘non curriculari’ portate in classe dagli allievi migranti, ha affermato che queste lingue devono essere rispettate e che è importante fare in modo che gli studenti non le perdano.
Questo sarebbe utile anche per incoraggiare e sostenere l’integrazione, tenendo conto del fatto che attraverso queste lingue gli allievi nativi possono comprendere meglio i loro compagni; d’altra parte gli allievi migranti possono approfondire la conoscenza delle proprie origini (si noti che questo gruppo di insegnanti sembra avere una concezione di integrazione ‘a doppio senso’, in cui vi è uno scambio e non semplicemente l’assimilazione di un elemento a un altro). Altri insegnanti però, benché dell’idea che queste lingue ‘extra-curriculari’ abbiano una qualche importanza, hanno sottolineato che mantenerle e promuoverle può essere complesso e può ostacolare l’integrazione degli alunni neo-arrivati nella società ospitante, poiché ciò che veramente è importante è l’apprendimento della lingua usata nel luogo in cui essi vivono (pare dunque che qui, rispetto al gruppo di insegnanti precedente, cambi la prospettiva sul concetto di ‘integrazione’), oltre il fatto che “the maintenance of their own languages may bring about the creation of ghettos” (Lasagabaster, 2009: 26).
Sempre questo secondo gruppo di insegnanti presenta ulteriori ragioni contro il supporto a queste lingue, come la mancanza di tempo, nonché di risorse umane e materiali, o le difficoltà oggettive di impegnarsi contemporaneamente nell’apprendimento di più lingue diverse. Viene poi notato dallo studioso che in alcuni commenti emerge che gli insegnanti tendono a sostenere solamente le lingue migranti che ai loro occhi sono più prestigiose e ‘utili’, in quanto lingue europee parlate a livello internazionale (così ad esempio la presenza di alunni provenienti da paesi africani ex colonie francesi viene eventualmente vista come opportunità per introdurre o rafforzare l’uso del francese, mentre lingue anch’esse probabilmente conosciute dagli stessi studenti, come potrebbero essere l’arabo o il wolof o altre, non vengono considerate).
Nello stesso studio viene affermato anche che diverse ricerche mostrano come effettivamente in Europa le lingue dei migranti non ricevano molte attenzioni, nonostante siano state elaborate alcune interessanti iniziative europee al riguardo, come la proposta da parte di un gruppo di intellettuali costituito dalla Commissione Europea di un personal adoptive language, “according to which every European should choose a language different from both their language of identity and their language of international communication” (Lasagabaster, 2009: 18-19), in linea con l’idea, affermata in un report dallo stesso gruppo di studiosi, che così come le persone immigrate sono incoraggiate ad apprendere e ad adottare la lingua e la cultura del paese ospitante, allo stesso modo sarebbe giusto e utile che anche le lingue che essi portano nelle società d’arrivo facessero parte del repertorio di lingue che i cittadini europei sono incoraggiati ad apprendere e ad adottare (Maalouf, 2008).
Come si è già accennato nel primo paragrafo del presente capitolo, lo sviluppo negli allievi migranti delle lingue extra-curriculari che già conoscono può effettivamente avere degli effetti positivi: a livello cognitivo, in quanto queste lingue possono essere utili agli studenti anche per l’apprendimento delle altre usate a scuola e per il successo scolastico in generale; a livello personale, per rinforzare l’identità degli alunni e per aumentare le loro possibilità lavorative in futuro; a livello sociale, poiché queste lingue possono diventare importanti strumenti per lo sviluppo commerciale e industriale del paese (Lasagabaster, 2009). Dunque, tornando al contesto della classe, molti studiosi insistono sul fatto che gli insegnanti debbano tenere conto di tutti questi fattori, e quindi organizzarsi per trovare metodi e strategie didattiche che possano valorizzare il background linguistico di tutti gli alunni.
In varie zone d’Europa sono stati realizzati, in scuole in cui sono presenti diversi alunni migranti neo-arrivati, diversi progetti a questo scopo, di cui si sono poi osservati i benefici che ne sono derivati per tutta la classe. Per concludere questo paragrafo, si riassumono brevemente in questa sede alcuni esempi di tali attività, tratti dal documento Language teaching and learning in multilingual classrooms (European Commission, 2015):
* Progetto MARILLE (Francia): i bambini imparano il francese comparando la sua struttura con quella della loro L1, e vengono svolte all’interno della classe attività che favoriscano lo scambio e la cooperazione, in cui siano messe a confronto le varie lingue presenti in classe. In questo modo ognuno ha l’occasione di essere, da un lato, un esperto nella sua lingua che spiega ai compagni (e all’insegnante), dall’altro un apprendente che ha da imparare da tutti gli altri. I bambini curano così sia la prima che la seconda lingua, sono più motivati ad apprendere e comprendono meglio non solo le proprie difficoltà nell’apprendimento della lingua dell’istruzione, ma anche quelle che i compagni avrebbero nell’imparare la loro lingua, cambiando così prospettiva sugli ostacoli che si trovano ad affrontare.
* Utilizzare i racconti popolari (Grecia): gli alunni vengono divisi in gruppi, in base alla lingua conosciuta, e ciascun gruppo sceglie un racconto popolare da presentare agli altri sotto forma di piccolo film (nella lingua del paese di provenienza degli studenti del gruppo). I compagni devono poi raccontare in greco quello che hanno capito dalle immagini e successivamente si può provare a confrontare i vari racconti per quanto riguarda termini o strutture linguistiche utilizzate.
* La lingua del mese (Regno Unito): ogni mese, tutti gli alunni della classe imparano semplici frasi nella ‘lingua del mese’, scelta fra una delle lingue parlate da alcuni bambini della scuola, i quali si sentono così valorizzati; in certi casi anche i genitori si sentono maggiormente incoraggiati a partecipare alle attività scolastiche.
* Incontro tra lingue e culture (Francia): 1) gli alunni vengono incoraggiati a salutarsi, a contare e ad elencare i giorni della settimana nella loro L1, e anche i genitori sono presenti in classe, così da poterli aiutare a farlo nel modo corretto; 2) Ai bambini viene chiesto di leggere una piccola storia nella loro L1, vengono registrati e poi le registrazioni diventano occasione per riflettere in classe sull’incontro tra culture.
* Approccio multilingue (Irlanda, Dublino, in un’area in cui l’80% dei bambini hanno una L1 diversa dall’inglese o dall’irlandese): gli alunni sono incoraggiati inizialmente ad esprimersi nella lingua che preferiscono, gli insegnanti cercano di includere e valorizzare tutte le lingue presenti, e gradualmente vengono inseriti anche l’inglese e l’irlandese (attraverso varie attività, anche ludiche, in cui si utilizzano più lingue per uno stesso scopo); gli alunni assumono innanzitutto una maggior consapevolezza linguistica, elaborano testi in due o più lingue, e imparano pian piano a produrre anche testi multilingui, sviluppando le loro abilità e competenze sia nella L1 che nella lingua dell’istruzione, ed eventualmente in altre.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il multilinguismo europeo: la risposta delle scuole e le politiche linguistiche
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Informazioni tesi
Autore: | Cinzia Perini |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lettere |
Corso: | Italianistica, culture letterarie europee e scienze linguistiche |
Relatore: | Claudia Borghetti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 115 |
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