Le forme non finite del verbo in inglese: aspetti sintattici, semantici e pragmatici

Il problema del significato delle forme converbiali compatibili con più interpretazioni si presta a due ipotesi principali, quella della vaghezza semantica e quella della polisemia. Nel primo caso si pensa a un valore di base, talmente vago e generale da permettere a vari fattori contestuali e cotestuali di arricchirlo, modularlo e specificarlo; nel secondo caso, invece, si suppone la coesistenza in un’unica forma converbiale di più valori semantici, anch’essi disambiguabili e selezionabili sulla base di vari fattori. König (1995: 73-85) si dichiara a favore dell’ipotesi della vaghezza e individua il significato di base dei converbi in una semplice variabile, una sorta di template da riempire e arricchire con elementi cotestuali e contestuali. I più importanti di questi fattori, per quanto riguarda il cotesto, sono l’ordine dei costituenti, l’eventuale presenza di elementi connettivi e i tratti di tempo, aspetto morfologico, Aktionsart, modo e modalità, relativi al verbo reggente o alla forma converbiale; per quanto concerne il contesto, ricoprono, invece, un importante ruolo le conoscenze enciclopediche, quelle condivise e alcuni principi generali che regolano l’atto comunicativo, su cui si basano le inferenze del ricevente. Il fatto che in molti casi il converbio possa ricevere più di un’interpretazione può essere spiegato, ad esempio, sulla base del principio di informatività, che, talvolta, permette di riconoscere in ciò che è comunicato una quantità di informazione superiore a quella effettivamente contenuta in quanto detto. Basandosi su questo principio Kortmann (1991: 118-121; 1995: 223-226) propone di ordinare le varie relazioni semantiche sussistenti tra converbi e forme verbali finite secondo una scala di informatività o di complessità cognitiva, che tiene conto della quantità di conoscenze necessarie per individuarne correttamente la natura. [...]