Controllo digitale di un banco freno per la caratterizzazione di motori elettrici

Quando si intende usare un motore in c.c. per frenare è necessario fare alcune considerazioni. Durante la frenata la f.c.e.m. diventa maggiore della tensione di armatura e quindi il convertitore elettronico che alimenta il motore deve assorbire la corrente prodotta dallo stesso motore che si comporta da generatore. Questa corrente non può fluire verso la rete elettrica perché il ponte raddrizzatore lo impedisce, perciò va ad aumentare l’energia immagazzinata nei condensatori del bus in corrente continua e, di conseguenza, la tensione ai loro capi. Azioni frenanti ingenti e prolungate danno origine a quantità di energia eccessivamente grandi che innalzerebbero la tensione del bus provocando la rottura dei condensatori stessi e mettendo a rischio i dispositivi di potenza. Si presenta quindi la necessità di limitare la V bus a un valore di sicurezza che deve essere inferiore alla tensione massima sopportabile dai condensatori. Per fare ciò non si è scelto di recuperare l’energia di frenatura, soluzione costosa e complessa che non vale il quantitativo di energia in gioco, ma di dissipare l’energia in eccesso attraverso un reostato costituito da due resistenze di potenza (22 Ω, 2200 W), collegate in serie, che prendono il nome di resistenze di frenatura (Figura 1-14). All’interno dell’IPM è presente un IGBT, con relativo driver, dedicato a questo scopo e pilotato via hardware da un comparatore a isteresi: in particolare la resistenza di frenatura viene attaccata quando la tensione di bus supera i 620 V e viene staccata quando questa ritorna sotto i 580 V.