GRATIA UND ANMUT - Von der christlichen gratia zur Ästhetik der Anmut vom Rokoko bis Schiller
Unterscheidung von Anmut und Würde
Auch Kant unterscheidet in seinen Betrachtungen über das Gefühl des Schönen und Erhabenen (1764) eben das Schöne und das Erhabene, wie schon der Titel besagt: das Erhabene würde nach ihm rühren, das Schöne hingegen reizen. In diesem Zusammenhang muß man berücksichtigen, daß Kant den Begriff des Reizes mit in den Schönheitsbegriff einbezieht. Im dritten Abschnitt, in dem es vom Gegensatz von Erhabenem und Schönem hinsichtlich der beiden Geschlechter die Rede ist , betrachtet er die weibliche Schönheit als anmutig, die männliche dagegen als erhaben. Schon daraus leuchtet ein, daß der Anmutsbegriff nicht nur vom Erhabenen auseinandergehalten wird, vielmehr wird er diesem entgegengesetzt. Schiller wird auch das weibliche Geschlecht als für die Grazie empfänglicher betrachten, während er die Würde eher dem männlichen zuschreiben wird. In einer schon angeführten in seinem Aufsatz Über Anmut und Würde enthaltenen Anmerkung erhebt er nämlich gegen Winckelmann den Einwand, daß dieser der Grazie einige Züge der Würde zugeschrieben habe: “Grazie und Würde sind aber wesentlich verschieden, und man tut Unrecht, das zu einer Eigenschaft der Grazie zu machen, was vielmehr eine Einschränkung derselben ist.” Während also Home die Würde als wesentliche Voraussetzung für die Grazie hinstellt, hält sie Schiller vielmehr sogar für eine Einschränkung derselben.
Indem ein Mensch die besten Tugenden besitze, setzt Home fort, sein Gesicht aber wenig Ausdruck habe ( was er offentlich für möglich hält), dann könne dieser Mensch keineswegs anmutig sein. Zur Hervorbringung der Anmut müsse deshalb nach Home ein weiterer Umstand hinzukommen; nämlich ein ausdrucksvolles Gesicht, das dem Zuschauer zu erkennen gebe, was in der Seele vorgehe. “Alle diese Umstände zusammengenommen - schließt Home - kann Anmut also erklärt werden: Sie ist dasjenige angenehme äußere Ansehen, welches aus der Artigkeit der Bewegung entsteht, und aus einem Gesichte, welches Würde ausdrückt. Der Ausdruck andrer Eigenschaften der Seele ist zu diesem Ansehen nicht notwendig; aber er kann dasselbe sehr erhöhen.” Mit besonderem Nachdruck verweilt also Home nicht nur darauf, daß ausschließlich einer würdigen Seele Grazie in der Erscheinung entsprechen könne, sondern auch darauf, daß diese Würde im Gesicht deutlich zum Vorschein kommen müsse. In diesem Zusammenhang würde es vielleicht etwas wundern, wenn Schiller - der gegen Winckelmann deutlich eingewendet hat, er habe Grazie und Würde nicht auseinandergehalten - nicht den selben Einwand gegen Home erhöbe, zumal bei Winckelmann das Hineinsetzen der beiden Begriffe nur stillschweigend vorkommt, indem dieser einige Züge der Grazie zukommen läßt, die jedoch Schiller der Würde zuschreibt. Home hebt dagegen ausdrücklich den Zusammenhang der Grazie mit der Würde derart hervor, daß die erste nach ihm ausbleiben würde, wenn die zweite nicht vorhanden sei. Eben daraus aber, daß Home die Grazie von der Würde abhängig macht, versteht sich allerdings, daß er diese beiden Begriffe zwar zusammenhängen läßt, doch als unterschieden betrachtet. Der Titel des Kapitels ist nämlich von der Würde und der Anmut, und darin behandelt der Verfasser die beiden Begriffe als getrennt. Bei Winckelmmann kommt hingegen etwas Anderes vor: indem er eine Definition der Grazie zu geben versucht, schreibt er ihr einige Züge, die nach Schiller vielmehr der Würde zukämen. Er behauptet aber keineswegs ausdrücklich, daß die Würde eine Voraussetzung der Grazie sei, oder umgekehrt. Deshalb meint Schiller, daß Winckelmann die Selbständigkeit der beiden Begriffe nicht eingesehen habe. Einen Einwand gegen Home konnte doch Schiller in dieser Hinsicht nicht auslassen, und das macht er in derselben Anmerkung, in der er sich zuerst auf Winckelmann bezieht. Die schon angeführte Anmerkung setzt nämlich folgenderweise fort: “Home verfehlt in denselben Fehler, was bei diesem Schriftsteller weniger zu verwundern ist.
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GRATIA UND ANMUT - Von der christlichen gratia zur Ästhetik der Anmut vom Rokoko bis Schiller
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Informazioni tesi
Autore: | Elena Pasqualini |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1995-96 |
Università: | Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia |
Facoltà: | Lingue straniere per la comunicazione internazionale |
Corso: | Lingue e Letterature Straniere |
Relatore: | Antonio Liberi |
Lingua: | Tedesco |
Num. pagine: | 265 |
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