Il vissuto della sintomatologia negativa nei pazienti affetti da disturbo schizofrenico

Negli ultimi decenni la comunità scientifica ha posto l’attenzione sulla dimensione soggettiva dell'esperienza negativa. Tuttavia l’affermazione dell’Evidence Based Medicine (EBM) ha rallentato la ricerca su tali tematiche salvo poche eccezioni (Chapman 1966; Taglio e Dunne 1989; Strauss 1994; Jenkins 1997), concentrandosi su concetti più agevolmente obiettivabili, grazie anche allo straordinario sviluppo delle neuroscienze.
Nell’ultimo decennio, però, si sta assistendo ad un rinnovato interesse per la dimensione soggettiva in quanto chiare evidenze dimostrano quanto sia strettamente correlata alla prognosi dei pazienti affetti da schizofrenia (Hunter R et all, 2011), (Uçok A et all, 2011), (Salomé F et all, 2004), (Lipkovich IA et all, 2009) , (Bellino S et all, 2004), (Juckel G et all, 2008) , (Suzuki T et all, 2008).

I disturbi del sé è noto siano centrali nelle psicosi, in cui, come suggerito da Bleuler (1950), l'esperienza diventa un mondo alimentato dalla fantasia e dalla simbolizzazione. Nel corso degli anni la concezione del sé è spesso cambiata nel tempo.
Ad esempio, secondo la teoria di Sullivan (1953), il "sistema del sé" viene interpretato come una costellazione di meccanismi interpersonali volti alla protezione emotiva individuale contro un ambiente nocivo (Sullivan 1953). Qui l'io non è un entità discreta e fissa, ma piuttosto una creazione intersoggettiva, un insieme di processi interpersonali sviluppati durante l'infanzia e l'adolescenza.
Jaspers (1963) considerava il sé come fenomeno di base in tutta la vita psichica e lo definiva come “il confronto di un soggetto con un oggetto”, tale che “la consapevolezza di un oggetto può essere in contrasto con la consapevolezza di sé".