''Morte bella parea nel suo bel viso''. Connessioni macrotestuali nei Triumphi di Petrarca
Una macrostruttura internamente articolata: il principio della varietas
Con una struttura così ben congegnata, tale da far dire a Santagata che «nonostante gli scompensi e i difetti, i Triumphi hanno una loro organicità» può sorprendere che alcuni filologi (primo fra tutti E.H. Wilkins) abbiano pensato a una «genesi occasionale (...) dell'opera» e abbiano perciò negato che «dietro al poema sussista un piano unitario»; in realtà questa convinzione si spiega facilmente se consideriamo la «frustrante carenza di dati» che ha impedito di «tracciare una storia del farsi dei Triumphi analoga a quella intessuta per il Canzoniere» e che ha dato il fianco all'ipotesi di una composizione che «abbia interessato un arco lunghissimo di tempo (...) addirittura dai primissimi anni '40, per concludersi solo a pochi mesi dalla morte del poeta».
Infatti le date contenute nelle postille, la maggior parte delle quali di tradizione indiretta (si possiedono le redazioni autografe solo di una parte di TC III e di TE, contenute nel Codice Vaticano Latino 3196), «cominciano solo dal 1357 e le più antiche sono riferite a TC I».
Non sono poi passate inosservate le importanti difformità di tipo stilistico e, soprattutto, tematico tra i vari canti, tali da giustificare una divisione interna dell'opera in raggruppamenti trionfali - una divisione che di certo sarebbe risultata sgradita a un poeta così attento al piano della costruzione poematica.
Queste difformità esistono realmente, sono cioè fondate su dati reali, ma non ritengo che siano tali da oscurare l'organicità dell'opera e vanificare così gli sforzi fatti da Petrarca per renderla visibile, attenendosi - anche a fatica e a costo di rinunce, come testimoniano i vari frammenti rigettati - a un articolato progetto compositivo.
Interpretazione generalmente accettata, in quanto basata su chiare evidenze e giustificata da una composizione certamente tarda, se non solidale, è quella che vede il Triumphus Temporis e il Triumphus Eternitatis formare un dittico, nettamente distinto dal resto dell'opera, e nonostante una struttura che - a livello teorico - questo legame cerca di scindere ponendo, come ho mostrato nel capitolo precedente, il solo Triumphus Eternitatis al di sopra della catena trionfale.
Sulla cornice diegetica di carattere onirico, infatti, prende qui il sopravvento una meditazione sul senso dell'esistere e sulla caducità, che riflette da una parte il medievale contemptus mundi, dall'altra «un pessimismo laico (...) derivato da fonti stoiche, mediato da Cicerone e Seneca secondo una declinazione, però, platonizzante, sulla scorta di Macrobio, Agostino e Boezio»: non solo a congiungere i due canti c'è l'omometria (entrambi sono di 145 vv.) - caso unico in tutta l'opera - ma anche altri elementi quali l'assenza di Laura (il cui ricordo riemerge soltanto a conclusione del Triumphus Eternitatis), la rarefazione dei versi con funzione narrativa, il peso assunto dai pensieri del protagonista e tolto al catalogo, venuta meno ogni determinazione storica.
I due trionfi esibiscono un lessico e uno stile in parte propri, mentre cementano la connessione reciproca immagini e concetti ricorrenti. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
''Morte bella parea nel suo bel viso''. Connessioni macrotestuali nei Triumphi di Petrarca
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Informazioni tesi
Autore: | Ester Procopio |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2014-15 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Scienze Umanistiche |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Cristina Zampese |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 62 |
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