Totò e la funzione ludica della lingua - l'umorismo della riflessione metalinguistica e dell'ambiguità semantica

Quando in un messaggio linguistico si vuole esplicitare, mettere in rilievo e sfruttare le potenzialità insite nel messaggio e i caratteri interni del significante e del significato, si ha la funzione poetica. Nonostante il nome, però, non è prerogativa della poesia ma è propria di ogni uso ludico, e non solo, della lingua.
Il genere comico può ben dirsi un repertorio privilegiato per la rilevazione della funzione poetica, poiché far ridere con le parole è l'obiettivo principale. In particolare, la comicità che più si presta al gioco verbale è quella basata sul nonsense (cioè sulla totale e volontaria infrazione delle più elementari regole della buona comunicazione) che opera sulle parole con distacco, come fossero oggetti la cui funzione non è assoluta ma muta secondo il piacere dell'utente. Il gioco linguistico consiste, infatti, nell'utilizzare la lingua in un modo che si distacca più o meno sensibilmente dagli usi ritenuti normali.
Secondo una definizione di Freud particolarmente efficace, «il motto di spirito è il prete travestito che unisce ogni coppia []. Egli preferisce sposare le coppie il cui matrimonio non è ben visto dai parenti». (Freud, 'Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio')

Lo scarto tra l'uso linguistico del gioco e le norme della lingua può avvenire sul piano del significante, come su quello del significato, come anche su quello pragmatico, ovvero quello dei principi che permettono ad ogni conversazione di giungere a buon fine. La comicità di questi tipi di giochi deriva dal fatto che hanno la capacità di frustrare le aspettative e le attese dell'ascoltatore, derivate dall'uso irriflesso e dagli automatismi della conversazione, che i giochi tendono ad infrangere deliberatamente.
Molte scene dei film con Totò sono, in questo senso, esemplari. Egli disarma l'avversario giocando sull'assurdo o destrutturando il linguaggio senza mai tener conto di quello che dice il suo interlocutore. La lingua si fa puro suono fine a sé stesso, manipolabile a piacimento, anche senza apparente utilità. Un po' come le torsioni da marionetta disarticolata, che gli costarono l'appellativo di “uomo di gomma” sul finire degli anni Venti, così i suoi enunciati venivano decomposti e ricreati in forme nuove.