Guerra e globalizzazione, all'indomani dell'11 Settembre 2001
Un nuovo soggetto politico: il terrorismo?
In un’ analisi che viene fatta da U. Beck nel giornale “La Repubblica” Novembre 2001, i gruppi terroristici sembrano aver assunto di colpo il ruolo di nuovi attori globali in concorrenza a Stati ed Istituzioni agendo come organizzazioni non governative della violenza. Con l’11 Settembre si è registrata anche la sconfitta delle parole: i concetti di guerra o nemico sono ora fuorvianti e perfino il termine reato risulta inadeguato. Per sconfiggere la nuova minaccia serve un sicuro e proficuo accordo internazionale, così come si offrirebbe una base giuridica alla caccia ai killer. L’iniziativa dovrebbe partire proprio dall’Europa. Ma il problema di fondo è che non si tratta di un aggressione esterna, né dell’aggressione di uno Stato sovrano da parte di un altro Stato sovrano. L’11 Settembre non rappresenta neanche una Pearl Harbor. L’attacco non ha riguardato l’apparato militare degli Stati Uniti ma civili innocenti. Quell’atto parla la lingua dell’odio genocida, che non riconosce “trattativa”, “dialogo” e “compromesso” e quindi neanche “pace”. Persino il termine nemico sembra differente, perché nasce da un immaginario in cui gli eserciti riportano in battaglia vittorie e sconfitte, suggellati da armistizi, o trattati di pace. Gli attentati terroristici non sono neanche un reato che può essere gestito dalla giustizia nazionale. Altrettanto inadeguato sembra il termine del concetto e dell’istituzione “Polizia” per delle azioni, i cui effetti distruttivi sono equiparabili a scontri militari. Oltretutto, la stessa Polizia, non è in grado di fermare attentatori che apparentemente non hanno paura di niente e di nessuno. Così nei confronti di questo nuovo soggetto anche il termine protezione civile perde la specificità del significato. Si vive, pensando e agendo secondo concetti obsoleti, che, tuttavia, continuano a dominare il nostro pensiero e la nostra azione. Se a rispondere però sono i militari, prigionieri dei vecchi sistemi, attraverso mezzi convenzionali, c’è da temere che questa risposta non solo sia inefficace ma probabilmente anche controproducente: potrebbero nascere nuovi Bin Laden. Di fronte a questa nuova realtà le nostre parole si arrendono, non ha più risalto il coraggio di parlare. All’indomani dell’11 Settembre, e dunque l’esplosione delle torri gemelle, è seguita un’esplosione di silenzio molto eloquente, e di azioni che non dicono niente. Cito lo austriaco, drammaturgo Hugo Van Hoffmanstahl:- “ Non mi riusciva di cogliere la realtà con lo sguardo semplificatore dell’abitudine. Tutto andava a pezzi, ed i pezzi in altri pezzi, nulla si faceva abbracciare da un concetto. Le singole parole mi galleggiavano attorno, si coagulavano gli occhi che mi fissavano e che io dovevo a mia volta fissare.”
Questo silenzio così evidente dopo l’11 Settembre è stato infranto. L’evidenza ha prevalso sul silenzio e ci porta a confrontarci con una realtà nuova, immateriale, fantasma, che ha una struttura organizzata, efficiente ed economicamente forte, che contrasta il forte Impero Globale, capeggiato dagli U.S.A. Ma lo stesso termine, “terrorista”, in fondo inganna, al di là della novità della minaccia. Se finora l’attenzione dei militari si concentrava sui loro pari, cioè su altre organizzazioni militari di altri Stati nazionali, e su come difendersi da loro, oggi a sfidare il mondo degli Stati sono le minacce transnazionali da parte di individui e reti che agiscono a livello transtatale. Come già prima in ambito culturale ed economico, ora viviamo in ambito militare la morte della distanza, la fine del monopolio statale del potere, in un mondo civilizzante nel quale, in ultima analisi, tutto ciò può trasformarsi in un evento simile all’11 settembre. I simboli pacifici della società civile possono essere trasformati in strumenti infernali. Questa non è in principio una novità, ma come esperienza fondamentale è ormai onnipresente. Con le immagini terrificanti di New York, i terroristi hanno preso improvvisamente, il ruolo di nuovi attori globali in concorrenza agli Stati, all’economia e alla società civile. Le reti terroristiche possono essere definite organizzazioni non governative della violenza. Agiscono come organizzazioni non governative, non territoriali, decentrate, quindi da un certo punto di vista sono locali, dall’altro transnazionali. Si servono delle reti telematiche per diffondere le idee, per organizzarsi e strutturarsi, anche per ricercare affiliati in ogni dove.
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Guerra e globalizzazione, all'indomani dell'11 Settembre 2001
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Informazioni tesi
Autore: | Andrea Listo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Sassari |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Rodolfo Ragionieri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 56 |
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