Capitale Psicologico e Soddisfazione Lavorativa - una ricerca sperimentale

Come abbiamo visto, affinché il capitale psicologico possa concretizzarsi, è necessario che le potenzialità si traducano in comportamenti di successo, anticipatari di una prestazione lavorativa di alto profilo. Il comportamento umano rappresenta un ambito di indagine tanto complesso quanto affascinante ed è al centro di diverse discipline psicologiche. È possibile concepirlo come il risultato dell’azione sinergica sia di processi e strutture psicologiche, sia di determinanti socio-ambientali (Caprara, 1996). Nell’ambito dei processi rientrano ad esempio il senso di efficacia e gli obiettivi personali. Le strutture invece rappresentano i modi di percepire ed agire.

Il capitale psicologico, così come proposto da Luthans e colleghi, si colloca apparentemente a metà strada tra strutture e processi essendo composto sia da caratteristiche riconducibili ad aspetti strutturali dell’individuo (resilienza e ottimismo), sia da variabili processuali (autoefficacia e hope). Studi recenti tuttavia, dimostrano come il capitale psicologico sia di fatto assimilabile ai tratti distintivi delle strutture (Alessandri, et al., 2015). Ad esempio, il capitale psicologico tende ad essere stabile nel tempo e la sua consistenza nel giro di un anno è uguale, se non superiore, a quella di altre caratteristiche strutturali come la personalità (Roberts, et al., 2006).

In estrema sintesi potremmo dire che, maggiore è la fiducia nelle proprie capacità, maggiori sono l’impegno e i risultati dell’individuo; di conseguenza, il potenziale psicologico può identificarsi con ciò che assicura una prestazione lavorativa di alto livello, una prestazione basata sul contributo simultaneo di strutture e processi psicologici che ne consentono l’espressione. Ciò che più lega il capitale psicologico alla performance è descritto come segue: l’autoefficacia aumenta l’impegno del soggetto e lo rende sicuro di poter raggiungere gli obiettivi; l’hope porta le persone a sperimentare più facilmente nuovi contesti e nuove strategie inducendo ad accettare sfide sempre più ambiziose e responsabilità crescenti pensando di poter raggiungere ottimi risultati in futuro (ottimismo) nonostante le avversità (resilienza) (B., et al., 2011).

Attualmente, i dati disponibili supportano l’idea che la prestazione vari nel corso del tempo in funzione sia delle caratteristiche personali degli individui, sia delle caratteristiche del compito o del contesto in cui sono inseriti (Alessandri, et al., 2015). Possiamo quindi affermare che la prestazione lavorativa non dipende solo dalle capacità personali dell’individuo, dalla fiducia nelle proprie capacità o dalla sua disponibilità ad impegnarsi per assicurare il raggiungimento degli obiettivi. Essa è considerevolmente influenzata anche dalle condizioni ambientali o di contesto vissute dall’individuo e, se la promozione e la liberazione delle risorse personali rimane uno degli obiettivi di un’efficace gestione delle risorse umane, l’ottimizzazione del contesto lavorativo è un ingrediente imprescindibile per la completezza del successo organizzativo.