Il delitto nel teatro tra Ottocento e Novecento
Ugo Betti
Lo sviluppo del capitalismo, l'espansione imperialistica dei grandi Stati, l'accelerazione verso la modernità e verso la società di massa sono i fenomeni che nell'epoca precedente hanno portato l'uomo a credere nel progresso, ma che poi si sono rivelati distruttivi e irrazionali. Il 1910 è l'anno considerato punto di partenza della nuova epoca caratterizzata dal clamoroso sviluppo dell'industria e della tecnica, segnata dalle due Guerre Mondiali. Lo stato di guerra produce notevoli cambiamenti nella popolazione: cambiano le regole del vivere quotidiano, lo spazio tra gli individui risulta annullato, si spezza la continuità della tradizione culturale. La Prima Guerra Mondiale rappresenta la fine di un'epoca, la crisi dell'assetto europeo fondato sull'opposizione tra i regimi liberali occidentali e quelli autoritari. La rapida ripresa economica degli anni Venti porta disequilibrio in tutto il mondo, conducendo l'economia al collasso e provocando nella popolazione un grave malcontento, che di lì a poco verrà indirizzato verso miti collettivi e usato in senso nazionalistico. In Italia nasce il fascismo, in Germania trionfa il nazismo; il processo di distruzione tocca ora ogni strato della popolazione. In questo clima di nevrosi e follia, che minaccia non solo l'individuo, ma tutta la società, si formano le avanguardie letterarie: prende il via una radicale frattura delle forme della comunicazione estetica e l'arte assume il compito di distruggere i linguaggi già esistenti, in un'ossessiva ricerca del nuovo. Le avanguardie mirano a scardinare il mercato, a sorprendere e turbare il pubblico, rompendo con le convenzionali tradizioni e criticando l'immobilismo e la ripetitività della cultura, per affossare le forme che opprimono la libertà. L'arte deve smuovere, turbare, spingere all'azione il pubblico, sconvolgerlo, sovvertendo la logica corrente.
Tra le avanguardie, il surrealismo in particolare associa alla distruzione la ricerca di una nuova dimensione dell'umano, che si propone di cambiare la vita, affermando il valore liberatorio del sogno e dell'inconscio e indagando nel fondo più segreto dell'esperienza umana, mettendone in luce soprattutto le contraddizioni. Il meraviglioso, il fantastico, l'umorismo, l'erotismo, recuperati dalla tradizione, vengono riletti con un nuovo atteggiamento, che diverrà il mezzo col quale attuare la liberazione integrale dell'uomo. Sorge così una nuova letteratura che sovverte ogni sicurezza, che mette in evidenza la negatività della condizione umana e della disarmonia che consuma non solo gli individui, ma la società intera.
Questa letteratura spezza gli schemi narrativi tradizionali, scavando nei risvolti più segreti e nascosti dell'uomo, rendendo inconsistenti l'io e la realtà e portando a galla i vizi, le deformazioni, le follie della vita sociale contemporanea. Ugo Betti si inserisce in questo contesto culturale da scrittore severo, teso a rappresentare un tempo foscamente desolato, a individuare la tragedia moderna nella tragedia esemplare di un'epoca. Primo in Italia, dopo Pirandello, ad aver creato un suo linguaggio drammatico, Betti è l'inventore di un teatro astratto, in cui è fortemente preponderante il divario tra componente realista e simbolista. Nel teatro consueto lo spettatore si interessa al fatto, che deve necessariamente essere verosimile, mentre nel teatro bettiano le linee dei fatti non sono decise, la trama non è ben definita, si procede per accenni, per sottintesi. Ciò che è in primo piano non è la materialità della vicenda, ma la sua vibrazione tragica; Betti non è interessato solo a sviluppare un racconto, ma vuole dare rilievo psicologico ai suoi personaggi e un tocco di lirismo.
Si tratta insomma di passare in rassegna avvenimenti particolari della vita, in cui ciò che è indagato sono le reazioni psicologiche dei personaggi, i moti del loro animo. Del fatto realistico, spesso connesso al male, sono indagate le cause che l'hanno avviato e i sentimenti umani ad esso collegati.
Attraverso le trame, che tendono tutte verso l'oscuro male che la società costringe a risvegliare in noi, Betti rende evidente il fine moralistico e propone temi e conflitti che spera diventino oggetto di discussione, così da riconsiderare il teatro come un mezzo di formazione e cultura.
A differenza di Pirandello, che aggredisce il pubblico con ciò che avviene in scena, ponendo lo spettatore il più vicino possibile alla situazione, Betti mira a distaccarlo, per provocare in lui un'autoanalisi e perché è convinto che dal groviglio dei fatti e dei pensieri passati scaturiscano le soluzioni per quelli odierni. Non si limita dunque a esporre i problemi dell'uomo, ma si propone di risolverli, per porre fine alla sofferenza. Al centro della sua inchiesta c'è il tormento dell'uomo, la sua angoscia di vivere e la ricerca della penitenza da scontare per i propri delitti.
La natura contraddittoria di Betti, il quale ha una visione molto pessimista del comportamento umano, si esprime nella rappresentazione di una realtà spietata, calata in un mondo fiabesco, un po' annebbiato e indefinito, come lo sono gli ambienti descritti; egli vuole creare un senso di imprecisione per indicare come, nel campo della responsabilità, non ci siano demarcazioni ben definite. Betti è affascinato dalla sofferenza: i fatti della vita, la sua asocialità e insofferenza al mondo, lo portano a svelare la malvagità dell'uomo e a estendere a livello globale quell'ansia e quegli atroci dubbi che lo attanagliano.
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Il delitto nel teatro tra Ottocento e Novecento
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Informazioni tesi
Autore: | Elena Gianferrari |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2013-14 |
Università: | Università degli Studi di Parma |
Facoltà: | Lettere |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Luigi Allegri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 159 |
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