Il diritto all'oblio come forma di manifestazione del diritto alla privacy
Tratti distintivi del diritto all’oblio
Oggi, parte minoritaria della dottrina, qualifica il diritto all’oblio come nuova espressione del diritto alla riservatezza privo di qualsiasi tipo di autonomia da un punto di vista giuridico. La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, invece, hanno qualificato il diritto all’oblio come un’autonoma pretesa caratterizzata dall’interesse di un individuo a tornare nell’anonimato successivamente alla diffusione di vicende per lui negative ma che non sono più di interesse pubblico.
A tale diritto allora può essere attribuito un carattere trasversale in quanto si pone a cavallo tra il diritto alla riservatezza e quello all’identità personale. Il diritto all’oblio rappresenta quindi il diritto di un individuo a non essere ricordato per fatti che in un passato più o meno recente sono stati oggetto di cronaca. Ad esso è stata riconosciuta autonomia giuridica e di tutela, grazie alla riconduzione del suo fondamento all’interno dell’articolo 2 della Costituzione. Resta salva la prospettiva che, se in conseguenza di eventi sopravvenuti, il fatto precedentemente accaduto torna ad essere etichettabile come di interesse pubblico il singolo individuo non può reclamare l’applicazione del diritto all’oblio.
Presupposto fondamentale del diritto all’oblio è che l’interesse pubblico nei confronti di un determinato fatto sia totalmente scomparso e che sorga col decorrere del tempo l’interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni che arreca la continua ripubblicazione di una notizia. Tuttavia vi sono circostanze nelle quali l’interesse nei confronti di un fatto non viene mai meno portando ciò al prevalere sempre e comunque dell’interesse pubblico alla conoscenza di quel fatto sulla volontà del singolo individuo ad essere dimenticato.
Il problema più grande che il protagonista di un accaduto salito agli oneri della cronaca si trova a dover affrontare è il web. Nel web una notizia ristagna, è sempre alla portata di tutti e, se non adeguatamente aggiornata, rimane cristallizzata al momento della sua immissione in rete. La potenziale perennità della notizia espone l’individuo che ne è protagonista ad una sorta di persecuzione. Il fantasma del ricordo è sempre dietro l’angolo ragion per cui il riprendere notizie del passato deve sempre essere accompagnato dal rispetto dell’identità che l’individuo si è costruito nel lasso di tempo intercorrente tra il verificarsi del fatto e la rievocazione dello stesso che a volte avviene anche a distanza di moltissimi anni.
Garantire l’anonimato ad un soggetto protagonista di vicende giudiziarie che hanno ottenuto un pubblico risalto resta comunque arduo dato che la rete è dotata di strumenti in grado di garantire il ritrovamento di una notizia semplicemente digitando (ad esempio nei motori di ricerca) delle parole chiave non togliendo ciò, e il lavoro del Garante della privacy ne è un esempio, la possibilità di garantire all’individuo una tutela più o meno soddisfacente in riferimento a fatti lesivi della sua personalità.
Negli ultimi anni il garante è intervenuto su numerosi ricorsi presentati dai cittadini italiani dovendo riconoscere in molti casi la correttezza in riferimento al trattamento dei dati personali del soggetto in conseguenza di un consenso prestato da quest’ultimo o al fine di dover garantire la libertà di ricerca e critica soprattutto nello svolgimento dell’attività giornalistica. Nel caso in cui invece si sia accertato un non corretto trattamento dei dati della persona (ad esempio in presenza di una diffusione illegittima delle generalità dell’autore di un omicidio) scoglio più grande è quello di ottenerne la cancellazione in quanto in alcune circostanze vi è la necessità di conservare quei dati per l’assolvimento di finalità informative. In riferimento a tali tipologie di difficoltà il Garante ha cercato di rintracciare una soluzione nella possibilità di imporre al gestore del sito l’occultamento ai motori di ricerca degli articoli contenenti i dati oggetto di contestazione.
Come un soggetto può tutelarsi quando il suo diritto all’oblio viene violato? Tre sono gli strumenti fondamentali: 1) tutela preventiva basata sul principio del consenso ai sensi di quanto previsto dall’articolo 23 del Codice della Privacy; 2) tutela inibitoria tipica per il tramite degli articoli 7 e 10 del Codice Civile; 3) tutela inibitoria atipica ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile. In riferimento alla tutela a carattere preventivo l’articolo 23 del Codice della Privacy sottolinea come “il trattamento di dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell'interessato (…) Il consenso può riguardare l'intero trattamento ovvero una o più operazioni dello stesso ed è “validamente prestato solo se è espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, se è documentato per iscritto con la necessità di una manifestazione scritta quando il trattamento riguarda dati sensibili. La tutela inibitoria, passando all’analisi dei punti 2 e 3, rappresenta invece la forma più rapida di intervento.
Gli articoli 7 e 10 del Codice Civile si riferiscono nello specifico alla possibilità di avanzare una richiesta di risarcimento del danno in quella circostanza in cui vi è un utilizzo abusivo del nome o della immagine di un soggetto dovendo la richiesta interessare il danno patrimoniale, morale ed eventualmente anche quello esistenziale. La quantificazione della portata del risarcimento dovrà riguardare sia la gravità dell’offesa arrecata sia la sensibilità della persona e dovrà essere conseguenza di una valutazione a carattere discrezionale del giudice.
La tutela inibitoria atipica disciplinata dall’articolo 700 del c.p.c., rappresenta invece lo strumento per tutelare in via preventiva tutti i diritti della personalità. Medesima conclusione però deve porsi in essere anche in riferimento alla tutela inibitoria tipica che seppur si riferisce esclusivamente al diritto al nome ed all’immagine deve essere considerata come un rimedio generale per tutelare tutti i diritti della personalità in virtù della possibilità di utilizzare lo strumento dell’interpretazione analogica.
L’obiettivo, attivando tali strumenti di tutela, è quello di ottenere la cancellazione del dato che però non può avvenire in quelle circostanze in cui il dato personale deve essere conservato per ragioni di ordine storico-statistico o per adempiere al principio di trasparenza dell’attività amministrativa. Il diritto all’oblio quindi, volendo tirare le fila del discorso, è quel diritto di un soggetto a non vedere pubblicate alcune notizie relative a vicende già legittimamente pubblicate e rispetto alle quali è trascorso un notevole lasso di tempo e può definirsi scarso l’interesse pubblico alla loro conoscenza.
I profili che caratterizzano tale diritto possono essere suddivisi in due famiglie: un profilo oggettivo dove l’attenzione deve essere posta in essere nei confronti dell’età dell’informazione e della sua utilità sociale ed un profilo soggettivo dove, oggetto di studio, è il novero di soggetti individuabili come titolari di tale diritto.
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Il diritto all'oblio come forma di manifestazione del diritto alla privacy
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Informazioni tesi
Autore: | Gianmauro Calabrese |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi del Salento |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Giovanni Pellerino |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 114 |
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