Trattamento delle Tossicodipendenze
Trattamento farmacologico della dipendenza da sostanze
Il trattamento farmacologico è una pratica clinica che accomuna la grande maggioranza delle terapie delle dipendenze da sostanza. I trattamenti con farmaci son in grado di limitare le conseguenze negative della dipendenza riducendo la mortalità ed il consumo di droga illegale in un’ottica di riduzione del danno. I farmaci permettono di ridurre il craving ed anche le crisi di astinenza, di conseguenza si cerca di limitare il proliferare di infezioni a trasmissione ematica e di migliorare le condizioni di salute fisica e mentale e il funzionamento sociale.
Una forma specifica di trattamento definito con metodi sostituivi si è sviluppata per affrontare gli oppiacei ed in particolare l’eroina, poiché per altre droghe, ad esempio la cocaina, non sono ad oggi disponibili farmaci specifici ma si utilizzano dei metodi cosiddetti sintomatici, in pratica si utilizzano farmaci attivi in relazione ai sintomi che si presentano, ad esempio la prescrizione di sedativi per curare l’ansia.
Lo svantaggio di questo criterio consiste nelle grandi quantità di farmaci che potrebbero essere prescritti, aumentando i rischi di interazione tra essi, inoltre spesso gli psicofarmaci stessi causano problemi di dipendenza. Esistono comunque numerosi studi, che non hanno tuttavia portato a risultati decisivi, sulla cura delle crisi di astinenza da cocaina con varie tipologie di farmaci esempio l’uso di anticonvulsanti, sull’uso di antidepressivi, sull’uso di antipsicotici e infine su agonisti della dopamina. Ci sono studi sperimentali sulla creazione di un vaccino per inibire gli effetti piacevoli connessi a questa droga.
Per i trattamenti farmacologici sulle anfetamine e metanfetamine il metodo di base sono le benzodiazepine per governare l'eccitazione del sistema nervoso centrale, mentre per la cura delle psicosi da anfetamine (ne parlammo nel primo capitolo), alcuni studi provano l’efficacia dell’olanzapina e l’aloperidolo che però presenta più effetti collaterali (13). Per l’astinenza sono in corso degli studi a base di sostanze che hanno la proprietà di aumentare l’attività della dopamina, della norepinefrina e della serotonina a livello cerebrale. In uno studio si evidenzia l’efficacia della amineptina, un antidepressivo di tipo DIR (inibitori della ricaptazione della dopamina) che agisce inibendo l’attività del trasportatore della dopamina causando un accumulo di essa nello spazio sinaptico. Questo farmaco però è stato ritirato dal commercio conseguentemente a delle reazioni avverse e del potenziale d’abuso, per questo motivo fu inserito nella tabella delle sostanze controllate. Pertanto, si stanno cercando farmaci alternativi.
Il trattamento degli assuntori dipendenti da MDMA è molto simile a quello per le anfetamine anche se il trattamento per overdose acuta sembra essere meno necessario.
La dipendenza da cannabinoidi è curata principalmente con la psicoterapia, sono state studiate numerose terapie farmacologiche ma vista la bassa tossicità e la blanda dipendenza, gli effetti indesiderati di queste cure sembrano addirittura potenzialmente peggiorativi rispetto a quelli della cannabis.
Di solito per la cura degli assuntori di allucinogeni basta un ambiente calmo e tranquillo. L’operatore in caso di bad trip deve limitarsi a rassicurare il soggetto che le allucinazioni sono dovute dalla droga; nei casi di forte ansia può essere prescritto un ansiolitico come il lorazepam o il diazepam. Gli allucinogeni non provocano dipendenza, ma gli stati psicotici persistenti dovuti a tali sostanze possono richiedere un trattamento psichiatrico, i flashback allucinatori generalmente non richiedono trattamento se non evolvono in stati più persistenti.
La terapia farmacologica degli oppiacei riguarda principalmente due operazioni: disintossicazione e mantenimento.
La disassuefazione mira a liberare il soggetto dalla dipendenza della sostanza e dalle abitudini che essa provoca, cercando di contenere le conseguenze di un abuso prolungato. Essa ha principalmente due scopi: mira a contenere ed invertire gli effetti della tolleranza e contenere le crisi di astinenza. La tolleranza è dovuta alla perdita di efficacia di una determinata sostanza. L’organismo umano si abitua alla presenza di una determinata droga, richiedendo dosi sempre maggiori per ripresentare gli effetti iniziali.
La terapia di disintossicazione è funzionale a contenere le crisi di astinenza. Infatti, quando il farmaco o la sostanza di cui si è dipendenti vengono bruscamente interrotti, si rompe l’equilibrio nell’organismo e può comparire una serie di disturbi dovuti all’interruzione. Ci sono diversi gruppi di sostanze che provocano crisi di astinenza e la varietà dei disturbi dipendono dalla tipologia di sostanza e dai neurotrasmettitori implicati. Attualmente le sindromi di astinenza più frequenti che vengono trattate sono quelle da oppioidi, da benzodiazepine e da alcol.
Nella pratica clinica la maggior parte dei soggetti che si disintossicano riprendono il consumo di oppiacei nei mesi successivi, un singolo episodio di disintossicazione non può essere considerato come una manifestazione della reale efficacia del trattamento. Infatti, essa non è altro che il primo stadio di un lungo percorso e da sola non può riuscire a modificare i comportamenti dovuti all’abuso prolungato. Essa, infatti, deve essere seguita da una terapia a lunga durata per ridurre il tasso di ricaduta, il periodo minimo canonico per calcolare i progressi dell’efficacia della cura è di minimo tre mesi.
Negli ultimi anni, la scelta delle opzioni terapeutiche per curare l’intossicazione da oppiacei si è allargata, i trattamenti con agonisti (metadone o buprenorfina) sono considerati le scelte migliori, in alternativa si utilizzano dei metodi non sostitutivi che utilizzano farmaci agonisti alfa² adrenergici come la clonidina, che non è un oppiaceo né uno psicofarmaco, in commercio è classificato come antiipertensivo e aiuta a contrastare le crisi di astinenza.
Gli studi hanno confermato l’efficacia di una terapia a scalare con metadone rispetto ad altre sostanze chiarendo che un intervento a breve termine come la disintossicazione non è sufficiente per la sconfitta di una malattia cronica come una dipendenza da oppiacei
Il naloxone, commercialmente noto narcan, è un’antagonista recettoriale non selettivo degli oppiacei, viene somministrato in caso di overdose per annullare gli effetti degli oppiacei. Possono essere necessarie più dosi, visto che ha una durata di azione più breve rispetto alla maggior parte degli oppiacei illegali, non avendo una recettività significativa con il recettore degli oppioidi non inibisce gli effetti analgesici della sostanza. Il naloxone è utile solo in caso di overdose da oppiacei.
Il mantenimento, o terapia sostituiva, è utilizzato per i pazienti che soffrono di una dipendenza cronica con recidività o tossicodipendenti con infezione da HIV conclamato.
Il trattamento sostitutivo fu introdotto nel 1967 in Svezia, anche se le prime sperimentazioni risalgono agli anni Venti nel Regno Unito. Con il tempo gran parte delle nazioni europee hanno reso accessibile il servizio seppure con diversa disponibilità di farmaci.
In Russia e in Turchia, nonostante la presenza imponente di eroinomani, la prescrizione di farmaci sostituitivi è illegale. Tale scelta si può spiegare secondo un’ottica di sconfiggere la dipendenza senza mezzi intermedi, facendo leva esclusivamente alla forza di volontà. Gli eventi sembrano dare torto a questa visione, poiché i tassi di malattia soprattutto HIV ed epatite C sono molto più alti rispetto alle nazioni che utilizzano terapie sostitutive.
Secondo alcuni studi, le terapie sostitutive aumenterebbero la sensazione di benessere, favorendo le possibilità che un paziente riesca a mantenere un posto di lavoro. Citando le parole di Reuter e Pollak:
«il trattamento riduce il rischio di crimini collegati all’astinenza. I pazienti hanno meno bisogno di danaro e droga per cui sono meno inclini ad assumersi rischi. I pazienti che vogliono interrompere il loro consumo di droga sono motivati a tenere le distanze da consumatori e spacciatori».
Anche qui, analogamente a quanto abbiamo visto per la disassuefazione, il trattamento di mantenimento consiste nella somministrazione o di un agonista degli oppiacei (metadone), o di un agonista parziale (buprenorfina). Anche se assunte giornalmente, queste due sostanze producono intolleranza e astinenza in maniera minore rispetto all’uso di oppiacei con azione rapida come l’eroina. Generalmente si preferisce il metadone alla buprenorfina, perché meno costoso è più efficace.
È stato rilevato che solo il 20% dei casi trattati con farmaci agonisti, consuma eroina nonostante i farmaci sostitutivi. L’efficacia del trattamento con l’utilizzo di metadone rispetto a terapie che non utilizzano agonisti o nessuna teoria, è stata documentata dall’aggiornamento della revisione Conchrane che ne ha riportato tre studi sperimentali in cui la terapia con metadone viene confrontata con placebo e altre terapie. Il risultato dimostra, inoltre, come l’utilizzo di agonisti quali metadone sia efficace anche nel ridurre drasticamente i livelli di oppiacei illegali.
Un’altra terapia consiste nel somministrare un antagonista degli oppiacei altamente specifico come il naltrexone, che inverte gli effetti oppiacei esercitati da agonisti reversibili a minore affinità come il metadone e l’eroina. Il naltrexone spesso determina una riduzione dell’uso di eroina ed una riduzione della criminalità dovuta a tale sostanza. Un limite di questa terapia sono molti i soggetti che interrompono il naltrexone e tornano ad usare eroina. L’abbandono di questo farmaco antagonista provoca inevitabilmente nell’organismo degli scompensi dovuti allo squilibrio nei dosaggi. Infatti, bloccando gli effetti degli oppiacei, il soggetto tende ad assumere dosi sempre maggiori.
Generalmente le critiche al trattamento sostituivo si basano sulla considerazione della parzialità di queste strategie, lontane da una condizione no drugs. Capita spesso che gli assuntori mutino la loro dipendenza da eroina in dipendenza da sostanze sostitutive di essa. Il trattamento di mantenimento sarà una pratica che il soggetto dovrà seguire tutta la vita.
In alcuni paesi, come ad esempio la Svizzera, sono stati sperimentati trattamenti a base della stessa sostanza di cui il soggetto è già dipendente. Queste sperimentazioni si configurano come terapia a breve termine per intervenire, secondo una politica di riduzione di danno, consolidando le condizioni fisiche, psicologiche e sociali del soggetto. L’astensione dalle droghe rimane tuttavia l’obiettivo primario.
Il protocollo è molto rigido poiché effettuato in cliniche preposte, sotto la responsabilità congiunta di medici, psicologi e operatori sociali. Il target è ben selezionato e si avviano a queste cure individui con alle spalle lunghe storie di tossicodipendenza, che hanno già sperimentato senza successo altre terapie. Secondo alcuni studi eseguiti sulla popolazione tossicodipendente in Regno Unito, Spagna, Germania e Olanda solo il 10% dei tossicodipendenti soddisfano i requisiti minimi per iniziare tali terapie.
Il trattamento con eroina si aggiunge agli altri trattamenti possibili, le critiche sono rivolte soprattutto ai possibili effetti indesiderati (qualcuno la considera semplice palliativo) ma sono anche di carattere sociale. Si paventa innanzitutto l’incremento del c.d. turismo drogastico, l’affluire cioè da altri Stati in cui le droghe sono illegali. Un altro problema di carattere sociale è il diffondersi dei furti di tale eroina “medica”, per lo spaccio sul mercato nero. Un altro limite va ricercato nella diversa purezza tra materiale clinico e droga da strada; questa sottovalutazione della purezza della sostanza potrebbe incrementare il rischio di overdose.
La buona riuscita di un trattamento sostituivo dipende soprattutto dalla diagnosi, quindi l’individuazione del giusto dosaggio, e dal trattamento psico-riabilitativo. I tempi di recupero da una situazione cronica possono essere molto ampi.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Trattamento delle Tossicodipendenze
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandro Colaci |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi Niccolò Cusano - Telematica Roma |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Nicoletta Vegni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 132 |
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