Il linguaggio della moda nella stampa specialistica araba: il caso della rivista bilingue “Pashion”
Tra occidentalizzazione e 'Islamic fashion': il contesto culturale entro cui si inserisce "Pashion"
Il panorama editoriale arabo di moda presenta delle specifiche caratteristiche legate al contesto all’interno del quale esso si è sviluppato. Non va considerato innanzitutto come una categoria unitaria, dove tutte le testate ritenute 'di moda' racchiudono gli stessi contenuti e le stesse caratteristiche.
Le principali tipologie di pubblicazioni sono due: le riviste di Islamic fashion, più note con il nome di hijab e quelle di impostazione internazionale. Prima di esporre le due differenti categorie, occorre soffermarsi sull’importanza dell’Islamic fashion per poter comprendere il contesto della pubblicazione di moda nella realtà araba.
La parola hijab è utilizzata oggi per indicare il velo che copre testa e collo, essa deriva in realtà da un’interpretazione del Corano dove letteralmente significa “tenda”. Il termine può anche essere inteso con un’accezione più ampia, infatti, può distinguere tra le donne che coprono il capo e quelle che non lo fanno. Dunque con la stessa parola si identifica materialmente sia il velo sia il modo di vestire (Muslim Women’s League 1997).
Le origini dell’hijab risalgono probabilmente ai tempi di Maometto, i musulmani conservatori sostengono che esso veniva utilizzato dalle mogli del profeta per velarsi. Altri invece ritengono sia stato adottato circa tre o quattro generazioni dopo la morte di Maometto, traendo ispirazione dai costumi dei Bizantini, dall’India e dalla Persia. In India in particolare, l’uso del velo era legato allo status, solamente le donne più agiate lo indossavano; in alcuni Paesi arabi si ritrova la stessa funzione.
Anche nella religione cristiana ed ebraica e nella cultura romana e dell’antica Grecia è possibile ritrovare questo indumento come segno di un alto ceto sociale (Hays 2009).
Il velo non è prescritto né raccomandato dal Corano, ciò che invece viene richiesto è il decoro, sia alle donne che agli uomini (Syed 2001). Il messaggio basilare che il testo sacro esprime è quello di vestire e comportarsi con modestia, tuttavia non risulta molto chiara l’esatta definizione di questo termine (Muslim Women’s League 1997).
Secondo Hays il concetto può essere interpretato in vari modi “from a woman covering every inch of her body and face, to covering her hair and most of her body, to not dressing like a prostitute” (2009).
L’hijab, inteso come modo di vestire, può offrire dunque alle donne islamiche un modello di abbigliamento modesto, dove le parti del corpo esposte sono mani, piedi e volto. Esistono comunque delle interpretazioni più liberali del termine 'modestia', secondo Asser il velo non è necessario se la donna mantiene un abbigliamento discreto (Asser 2006).
Tra tutte l’hijab sembra essere ora l’interpretazione preferita dalle donne islamiche, tuttavia sono più complicate e numerose le ragioni che le spingono ad adottare questo tipo di abbigliamento.
La prima motivazione sta proprio nel concetto di modo di vestire, sembra infatti che in alcuni Paesi del nord Africa come l’Egitto, l’hijab denoti solo un tipo di abbigliamento più che un modello di vita (Syed 2001). A Sana’a nello Yemen il velo è diventato di moda tra le studentesse universitarie a partire dalla fine degli anni Ottanta, che lo indossano avvolto sotto al mento, con dei lunghi abiti neri di seta sopra ai jeans (Carapico 2001: 185).
Tuttavia sono in molti ancora oggi a considerare l’hijab un simbolo. Innanzitutto culturale, legato al ruolo della donna nel mondo moderno, poiché in una società dove era presente una certa separazione tra uomini e donne, esso ha concesso la libertà di frequentare la scuola ed andare al lavoro in uffici condivisi con gli uomini. Non si tratta di un simbolo di oppressione piuttosto di emancipazione (O’Donnel 2011).
E’ poi considerato una metafora della resistenza e del rifiuto dei valori stranieri, di risposta ai tentativi dei Paesi più sviluppati di imporre attraverso un particolare tipo di colonialismo le proprie convinzioni. Si pone dunque come icona di un’identità (Yazbeck Haddad 2007).
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Il linguaggio della moda nella stampa specialistica araba: il caso della rivista bilingue “Pashion”
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Informazioni tesi
Autore: | Sibilla Cutrini |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Macerata |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze della mediazione linguistica |
Relatore: | Maria Elena Paniconi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 94 |
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