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Il cinema d'autore sulle piattaforme: il caso MUBI tra promozione e ricezione

Tra commerciale e autoriale: la (limitata) proposta d’autore

Volendo considerare auteurs tutte quelle figure legate al campo cinematografico che presentano delle ricorsività stilistiche e tematiche e che, soprattutto, perseguono una certa necessità di ricerca visiva et similia, dobbiamo per forza far riferimento ad un range temporale molto ampio e che tocca vari periodi della storia del cinema (come analizzato nel capitolo precedente): ci si riferisce ad autori della Nouvelle Vague e simili, così come a registi e sceneggiatori più contemporanei, come i già citati Quentin Tarantino e David Lynch ma anche molti altri che si presentano come decisamente marginali se considerati in un’ottica di raggiungibilità del pubblico medio-basso (Lars von Trier, Gaspar Noé, Yorgos Lanthimos ecc.). Ma nella contemporaneità, come si è visto, la questione dell’autorialità non viene ridotta ad un nome: è piuttosto tipico che vengano considerati autoriali anche prodotti non per forza legati a una figura nel particolare, ma che per qualche motivo ben preciso sono possibili da collocare nell’alveo del prodotto artistico-cinematografico.
Questo tipo di cinema presenta delle ambiguità nel suo rapporto con le piattaforme VOD: non solo perché ognuna di esse, a seconda del suo concept, ha offerte diverse (alcune privilegiano più un autore rispetto ad un altro), ma anche e soprattutto perché le strategie di promozione fino ad ora analizzate non sembrano intaccarle in alcun modo: dal sondaggio, infatti, ben più della metà degli spettatori sostiene che prodotti di questo genere non vengano promossi adeguatamente dalle piattaforme.

Uno dei primissimi problemi, è sicuramente la scarsità dei cataloghi di alcune SVOD, ricche di tanti prodotti mainstream ma poveri se ci si allontana da tale contesto. Prendiamo come esempio tre nomi sopracitati e legati al cinema autoriale contemporaneo, ossia Lars von Trier, Gaspar Noé e Quentin Tarantino e diamo un rapido sguardo al loro posizionamento su Netflix e Amazon Prime Video: sulla prima, notiamo un’assenza totale di lungometraggi degli autori Gaspar Noé (pur essendo presente, fino a non molti mesi fa, il suo film Love con cui è riuscito a farsi conoscere da ampia parte dell’audience) e Lars von Trier (Netflix si limita a proporci dei film che considera associabili a questi nomi, o perché di generi comparabili o perché legati a qualche altro autore cinematografico), mentre su Prime Video la situazione è migliore ma non troppo rassicurante, in quanto presenta alcuni titoli degli autori sopracitati ma ben pochi rispetto alla loro ampia filmografia (alcuni, tra l’altro, con obbligo di acquisto anche da parte degli abbonati alla piattaforma). Nel caso di Quentin Tarantino, il catalogo sembra promettere meglio: entrambe le piattaforme propongono almeno la metà dei titoli del regista. Sembrerebbe consolante, ma in realtà va ricordato che Quentin Tarantino, pur meritandosi ovviamente la dicitura di auteur, fa comunque parte di quel gruppo di autori cinematografici mainstream che hanno la fortuna di esser conosciuti anche da una fascia di pubblico non cinefila, poiché utilizza un tipo di linguaggio più semplice e godibile (ma non per questo di minor qualità) anche per chi non padroneggia la Settima Arte; per i suoi film, inoltre, vengono ingaggiati perlopiù attori conosciutissimi, mentre registi più “di nicchia” spesso fanno riferimento ad attori (o non-attori) giovani e/o sconosciuti, dunque non possono far leva neanche su un certo divismo.
Per quanto riguarda cinema d’autore del secolo passato, la situazione non si presenta come meno tragica e quindi questo va ad influire anche sulla diffusione del patrimonio cinematografico e, conseguentemente, della storia del cinema: sempre prendendo come esempi due nomi autoriali, ossia Jean-Luc Godard e Federico Fellini, la situazione è esattamente la medesima della precedente.
Il sondaggio conferma in parte il problema: anche se più della metà affermano di aver avuto modo di fruire di prodotti simili grazie alle piattaforme streaming e di aver conosciuto testi autoriali mediante queste, un numero consistente di fruitori afferma anche di non esser riuscito a trovare il prodotto d’auteur che cercava e di non esser stato granché incitato dalla piattaforma a conoscerne di nuovi.

Le TVOD, nonostante la loro formula pay-per-view, non presentano una situazione migliore: il catalogo di CHILI, una delle TVOD più conosciute, non ha una selezione così variegata di film d’autore; ma il minor prezzo dei prodotti e il fatto di non obbligare all’abbonamento, potrebbe incitare maggiormente il pubblico a fruire di film non per forza conformi ai propri gusti personali.
Le strategie di advertising delle piattaforme VOD che abbiamo elencato precedentemente, specialmente quelle di social media marketing (le quali chiaramente fanno leva sulla partecipazione del pubblico, un pubblico certamente variegato ma cui maggioranza si abbona perché alla ricerca di prodotti commerciali), non sembrano rendere il cinema d’auteur fortunato nella sua diffusione (eccezion fatta per gli autori considerabili mainstream che divengono anche oggetto di meme user-generated e simili): non solo perché i cataloghi sono molto scarni per quanto riguarda le proposte d’autore (non si può, chiaramente, pubblicizzare un prodotto che non si possiede o comunque non viene ritenuto necessario divulgare un testo filmico che il target di riferimento della piattaforma non cerca, ma che sembra riservato solamente a quei pochi cinefili curiosi), ma perché anche quei pochissimi lungometraggi autoriali non vengono pubblicizzati e proposti al meglio; la motivazione principale sta nella totale mancanza di appeal commerciale. Nonostante le piattaforme VOD possano proporsi come altamente divulgative e conoscitive, sembrano non sfruttare al meglio l’occasione.
Il cinema d’autore sembra trovare uniche vie di diffusione su app e siti mirati per la nicchia cinefila (come il già citato Letterboxd), o pagine social dedicate al cinema, contesti dove però si riuniscono principalmente conoscitori della Settima Arte e per questo la loro circolazione è comunque limitata ad una certa tipologia di pubblico; al massimo, sarà possibile per un appassionato di cinema conoscere l’ennesima figura autoriale. I festival potrebbero essere occasioni molto fruttuose in tal senso, ma anche in questo caso ci sono delle problematiche: pur non essendo frequentati solo da appassionati di cinema, è probabile che il pubblico medio-basso non scelga eventi di particolare artisticità e autorialità e si limiti, anche qui, alla visione di prodotti mainstream e di entità puramente commerciale (il tutto ovviamente fa leva anche sulla partecipazione agli eventi festivalieri da parte dei divi più amati e conosciuti, cosa che non è quasi mai possibile attuare per quanto riguarda i film d’autore, come già detto in precedenza). È chiaro che ciò cambi in base alla tipologia di festival a cui ci si riferisce, ma anche in questo caso non è possibile parlare di una diffondibilità equa e stabile.

Come si può far sopravvivere il cinema d’autore in tali condizioni? Può il cinema d’auteur destare curiosità anche in quel pubblico più “difficile” in questo senso? Forse, l’emersione di una piattaforma ad esso dedicata può portare un bagliore in una panoramica così infausta: la combinazione di un catalogo davvero variegato e che propone prodotti tra loro diversissimi ma che hanno alla base un certo autore cinematografico, un prezzo decisamente proporzionato ed onesto rispetto alla sua offerta, strategie di promozione sempre più coerenti con il contesto mediale contemporaneo e soprattutto una certa cura nel suo delinearsi e proporsi, potrebbe essere un mix perfetto per permettere al cinema d’autore di sopravvivere e di giungere finalmente ad un pubblico non per forza appassionato e studioso di cinema. Il riferimento a MUBI è chiaro; ma questa piattaforma SVOD d’autore è in grado di integrare e far dialogare tra loro tutti questi aspetti? Per poter dare una risposta, bisognerà passare in rassegna la sua storia, la sua struttura, il suo profilo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il cinema d'autore sulle piattaforme: il caso MUBI tra promozione e ricezione

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Informazioni tesi

  Autore: Ilaria Petroni
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
  Corso: Scritture e produzioni dello spettacolo e dei media
  Relatore: Damiano Garofalo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 137

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