La trasmissione intergenerazionale dell'abuso
Sviluppo dell’incesto
Gli autori Sgroi, Blick e Porter (1982) hanno descritto il processo che, al di là delle singole differenze, accomuna i casi di incesto dal momento della loro insorgenza fino allo svelamento. Il processo si svolgerebbe lungo un continuum costituito da cinque fasi: la fase di adescamento della vittima, dell’interazione sessuale, del segreto, dello svelamento e della soppressione della verità.
Fase 1. Adescamento della vittima: c’è un’attiva ricerca del contatto fisico con la vittima, il tentativo di instaurare un rapporto privilegiato con essa che porti alle circostanze per esercitare le sue armi seduttive. I mezzi di convincimento non implicano necessariamente la violenza fisica, ma possono operare sul piano ludico o approfittare della posizione di potere e autorità genitoriale.
Fase 2. Interazione sessuale: si assiste a un incremento del coinvolgimento sessuale della vittima, da forme meno intrusive di abuso a forme più intrusive, fino al rapporto sessuale completo (Ibidem, pp. 33-34).
Fase 3. Il segreto: il compito primario per l’autore dell’abuso, dopo che il comportamento sessuale ha avuto luogo, è quello di imporne la segretezza; anzitutto perché il segreto cela la responsabilità, poi perché legittima la ripetizione degli stessi. A questo proposito il genitore ricorre a minacce fisiche o forme di pressione meno dirette, ma forse più efficaci perché in grado di provocare forti stati d’ansia. Gli autori individuano queste strategie come indicatori delle dinamiche familiari in cui si perpetra l’incesto: la minaccia di separazione (“se lo dici a qualcuno, andrò in carcere”) e quella che include terzi (“la mamma si arrabbierebbe molto se venisse a saperlo”, “farò lo stesso a tua sorella”). E con questo si chiedono quali siano le minacce di cui ha concretamente paura o le dinamiche familiari che ha imparato a considerare normali, dal momento che per alcune vittime le sole interazioni fisiche o affettuose che possono ricevere dal genitore consistono nei comportamenti sessuali a loro rivolti. Per i suddetti motivi, questa fase spesso dura mesi o anni, evolvendo in una crescente intimità e nella conseguente consolidazione del segreto (Sgroi, Blick, Porter, 1982, pp. 16-17).
Fase 4. Svelamento: il segreto dell’abuso emerge all’esterno della coppia incestuosa e questo può avvenire in modo accidentale o grazie alla confessione della vittima. Nel primo caso le cause sono diverse: la scoperta da parte di un osservatore esterno, danni fisici al bambino, la contrazione di malattie sessualmente trasmissibili o la gravidanza. Fattore chiave di questa eventualità è che nessuna delle parti coinvolte ha deciso di rivelare il segreto. Nel secondo caso il segreto può venir svelato nel corso di un conflitto familiare o può essere una scelta deliberata della vittima, per esempio nei casi di incesto padre-figlia. Questi ultimi spesso iniziano in età precoce e si estendono fino all’adolescenza, in corrispondenza di questa fase d’età la vittima può avvertire una grave violazione della sua libertà personale dato che il genitore limita le sue attività sociali e le relazioni con i pari al fine di preservare l’esclusività del rapporto incestuoso. In entrambi i casi, la famiglia reagisce allo svelamento con intensa angoscia e allarme. Gli altri membri familiari vivono un’ambivalenza conflittuale tra l’affetto provato per la vittima e il legame che comunque li unisce al genitore colpevole. Non è da ritenersi scontato un immediato schieramento nei confronti della vittima, né che gli si presti fede o protezione.
Fase 5. Soppressione della verità: la fase dello svelamento, che sia accidentale o deliberato, nella maggior parte dei casi evolve in questa fase. Può verificarsi il rifiuto di credere che l’incesto sia veramente accaduto; in qualunque caso si riscontra il tentativo di tutti o di alcuni membri della famiglia di minimizzarne la portata e/o la gravità. La vittima diventa oggetto di forti pressioni, la soppressione infatti può estendersi fino alla negazione completa del fatto al fine di scoraggiare interventi da parte di esterni, a questo punto il bambino può sentirsi costretto a ritrattare o a colpevolizzarsi (Ibidem, p. 25).
Questo brano è tratto dalla tesi:
La trasmissione intergenerazionale dell'abuso
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Informazioni tesi
Autore: | Cristina Sanna |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Scienze Umanistiche |
Corso: | Scienze e tecniche psicologiche |
Relatore: | Jessica Lampis |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 48 |
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