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Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali: Problemi e Prospettive

Sul D.S.M.

Per un’idea di «progresso scientifico»

Come si diceva all’inizio del §2.2, la creazione di una nosologia comporta una interazione tra più attori e fonti. Uno tra tutti, guardare all’autorità scientifica per come esercitata da singoli individui o gruppi in competizione tra loro, può essere visto come come uno dei passaggi obbligati per un «progresso scientifico».
Brevemente si prende in considerazione il caso di una categoria inclusa nella prima edizione del D.S.M. quella dell’«omosessualità». L’impegno per la classificazione che pretendevano le persone che lavoravano alle categorie del Manuale riguarda sia il rispetto delle tradizioni, che le possibilità offerte dal campo della ricerca, (da un lato si tendeva a rimanere aderenti alle opere e ai lavori che avevano preceduto il D.S.M., dall’altro si attingeva ai dati demografici e statistici che si inizia a raccogliere nelle strutture specializzate). Se è difficile rintracciare la fonte unica dell’autorità scientifica che ha permesso prima l’inclusione e poi l’esclusione di una categoria all’interno della classificazione, bisogna chiedersi: in che modo le controversie di certe entità che vogliamo sottoporre a classificazione si risolvono, quale sia la portata delle categorie generate, e quanto dipende da “nuove evidenze” e/o permane del “costrutto”.

A precedere gli sforzi classificatori presi in esame, sono le tradizioni, che discendono da concessioni o divieti culturali e/o religiosi, o considerazioni circa “fallimenti morali”, che andavano sottoposti a procedimenti giudiziari e reclusione. In particolare i “divieti” della più recente tradizione occidentale sono quelli che hanno direttamente preceduto la nascita della psichiatria moderna. Quando nel 1973 il Board of Trustees dell’A.P.A. arriva a votare per la rimozione dell’«omosessualità» come categoria prevista dalla lista ufficiale dei mental disorders, i fatti che avevano preceduto questo avvenimento erano una serie di proteste portate avanti durante le Convention annuali promosse dalla stessa A.P.A. nei tre anni precedenti (Zachar & Kendler, 2012). Non una singola «scoperta scientifica». I manifestanti evidenziavano casi di discriminazione sociale che venivano giustificati dalla presenza dell’orientamento sessuale tra una classificazione di mental disorders. Le proteste avevano poi dato adito a un «dibattito scientifico e professionale» sostenuto da personalità in vista che si schieravano a favore o contro la rimozione. Il dibattito si sarebbe spostato sulle pagine delle riviste di psichiatria, nelle riunioni dei comitati e nei convegni tra professionisti. Si iniziano a generare dati che caratterizzano l’«attività sessuale tra maschi come una normale variazione del comportamento sessuale», che indicano il comportamento come non limitato agli esseri umani e fanno notare come le norme contro lo stesso non appaiono universalmente imposte, dati che sostengono che uomini omosessuali siano indistinguibili da uomini eterosessuali rispetto alla psicopatologia, si raccolgono persino dati sulle relazioni di queste coppie, capaci di dare luogo a relazioni non «compulsivamente guidate» ma impegnate e a lungo termine.

Di riflesso alle manifestazioni che precedono l’uscita del DSM-II e che vengono portate avanti durante le fasi di redazione del DSM-III, nacquero dei comitati contro l’eliminazione della categoria «omosessualità». Sarà R. Spitzer ad arrivare alla conclusione che l’omosessualità era qualcosa di diverso dagli altri mental disorders, non accompagnata da disagio o compromissioni generali di funzionamento sociale, a questo si associava l’osservazione che, se etichettato come disorders perché non ottimale (si riteneva ottimale il comportamento eterosessuale), si finiva per dover assegnare lo stesso statuto al fanatismo religioso al razzismo e allo sciovinismo maschile. R. Spitzer avrebbe trovato il modo di avere il sostegno di altri tre comitati aggiuntivi, aggirando il voto del comitato per la nomenclatura (Zachar & Kendler, 2012).
A seguito della decisione, i comitati che ne erano usciti perdenti non esitarono a rendere manifesti i propri sentimenti circa una professione, una morale e una civiltà che sentivano tradite. Circolarono petizioni che chiedevano un referendum di adesione, sostenendo che il voto avrebbe rispecchiato il “consenso scientifico” a differenza delle considerazioni politiche che si erano specchiate nella decisione del comitato. In seguito si sarebbe detto che il “consenso scientifico” non si era manifestato nei voti perché il 25% degli aventi diritto non si era presentato (Zachar & Kendler, 2012).

La pressione esercitata su chi ci si aspettava dovesse prendere una decisione, da parte non solo di esperti del settore ma di dibattiti che nascono o vengono portati all’attenzione dei media e del grande pubblico, è quello che di solito fa definire questi come momenti di “crisi”. Nel caso dell’omosessualità la risoluzione del problema passò anche attraverso il compromesso della definizione avanzato da R. Spitzer, una volta che gli psichiatri ebbero accettato che «disagio» e/o «disfunzione sociale» fossero requisiti del mental disorder, e preso nota dei dati raccolti, per mezzo dei quali non si poteva riconoscere la necessità di nessuno dei due fattori nella categoria «omosessualità», nonostante le opinioni diverse sulla desiderabilità di un orientamento rispetto a un altro, l’omosessualità venne declassata, cancellata dal Manuale.

L’autorità scientifica era stata guadagnata da quelle affermazioni le quali, sopravvivendo al processo competitivo si erano affermate tra le comunità scientifiche che sul terreno delle pubblicazioni e della letteratura prodotta, e ciascuno a seconda delle proprie influenze personali, se l’erano contesa.
Un tipo di obiettività particolare può essere riconosciuto all’autorità scientifica, seguendo D. Hull o L. Longino, quello che riposa sul fatto che persone interne o esterne alle comunità di riferimento valutano e giudicano il lavoro degli altri, e sulla natura competitiva di tale valutazione (citati in Zachar & Kendler, 2012). Nessuno può detenerla per un lungo periodo di tempo, ed essendo un’astrazione idealizzata, le opinioni che non prevalgono generano in chi le sosteneva delusione e accusa contro l’autorità, piuttosto che “logica uniformazione”. Il ruolo svolto da procedure di voto, è quello che si richiede in situazioni in cui non si hanno prove che obbligano all’accettazione. Questo ha, in ultima analisi, visto prevalere i ricercatori dalla mentalità empirica sugli psicoanalisti della vecchia guardia. Un altro ruolo è comunque giocato da chi sceglie le “comunità di esperti”, che nei dibattiti sopra detti si possono ricondurre a organizzazioni professionali che esercitano autorità politica (Zachar & Kendler, 2012). Sono procedure di scelta sempre discutibili, e anche varie, talvolta ci si affida a strutture sociali che dovrebbero essere in grado di valutare la “meritocrazia” o la “reputazione” o la “competenza”, comunque fattori in cui non mancano di intervenire altri elementi sociali, come possono essere le relazioni che si stringono in determinate conferenze professionali e che non mancano di contribuire alla “competenza”. Anche questa una situazione in qui bisogna pre-selezionare a quali dati dare importanza.

Un altro attore sempre coinvolto da quando il D.S.M. lo ha previsto nel suo organizzarsi come classificazione di entità distinte, è quello ricoperto dai farmaci. Se le nuove scoperte fatte in ambito chimico si sono potute organizzare e promuovere sul precedente che gli forniva il Manuale stesso, è perché sempre all’interno delle classificazioni che questo istituisce che tornano a svolgere il proprio ruolo i prodotti della ricerca, appunto, i farmaci.
Così che molte aziende farmaceutiche si trovano attivamente coinvolte nel ribadire il concetto di «malattia» che il D.S.M. adotta nelle sue entità classificate e sulle quali si basano le possibilità di trattamento terapeutiche cui si rivolgono le aziende stesse. Operazioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica su condizione “sottodiagnosticate” o “sottotrattare” e che vogliono aumentare le “consapevolezza della malattia”, quando ricollegate ad alleanze informali che sostengono l’esistenza di certe categorie di «malattie» o che tendono a promuovere la visione di una particolare condizione come “diffusa, grave e curabile” e collegate a strategie di marketing di aziende che operano per espandere il mercato dei propri prodotti farmaceutici, generano il fenomeno che alcuni autori hanno evidenziato come la «costruzione aziendale della malattia» (vedi Moynihan et al., 2002).
Quello che si vuole evidenziare seguendo Moynihan e colleghi (2002), è che un’eccessiva e inappropriata medicalizzazione da luogo a etichettature non necessarie cui inevitabilmente seguono decisione terapeutiche inadeguate, sprechi economici e attenzione sottratta a prevenzione o trattamento di altre condizioni mediche. Le conseguenze più a lungo termine di questo processo possono portare a malsane ossessioni per la “salute” e a un’eccessiva fiducia nell’impiego della farmacologia che distoglie da alternative di spiegazione sociologica o politica per i “problemi di salute”. Alcuni casi studio vengono esaminati nell’articolo sopra citato cui si rimanda per approfondimento, in questa sede vengono riportati solo due esempi tra l’intreccio che si può instaurare tra produzione farmacologia e percezione della malattia. Il primo riguarda la Merck, un’azienda scientifica e tecnologica che si situa nel campo della Healthcare, della Life Science ed dell’Electronics, fondata in Germania nel 1668, con una storia di più di 350 anni alle spalle. E che negli Stati Uniti d’America e in Canada opera come EMD Serono nell'area di business Biopharma, come MilliporeSigma nel business Life Science e come EMD Electronics nel business dei materiali ad alte prestazioni. Sebbene all’azienda è fatto divieto di pubblicizzare direttamente la finasteride ai consumatori in Australia, agli inizi degli anni 2000 divulgava che la caduta dei capelli fosse un «problema medico» esortando con l’uso delle pubblicità gli uomini calvi a “consultare il medico”.
Il secondo esempio riguarda la GlaxoSmithKline, un’azienda farmaceutica fondata sulla ricerca che si propone lo «scopo davvero speciale di aiutare le persone a essere più attive, sane e longeve»,. Quando l’azienda sintetizza il Cloridrato di alosetron nel farmaco Lotronex, elabora anche delle delle strategie di marketing (fatto consueto), che accidentalmente finiscono per trapelare nella forma di una bozza di documento confidenziale per una società di comunicazioni mediche. Nella bozza si fa riferimento a un programma di «educazione medica» previsto della durata di tre anni con lo scopo di creare una nuova percezione della sindrome dell’intestino irritabile come «malattie credibile, comune e concreta», segue il lancio del farmaco.
Per quanto riportato nei documenti, la sindrome deve stabilirsi nella mente dei medici come uno stato di malattia significativo e a se stante, discreto, i pazienti vanno persuasi che si tratti di un disturbo medico comune e riconosciuto, il Lotronex, superate le prime fasi può finalmente essere presentato come «terapia clinicamente testata». Si fa riferimento a strategie di comunicazione che prevedono l’impiego di leader d’opinione come figura chiave che andrebbero a fornire consulenza agli sponsor aziendali circa l’“opinione corrente sulla gastroenterologia” e sulle “opportunità di plasmarla”, si pensa anche di includere lo sviluppo “linee guide” per migliorare le pratiche di diagnosi e gestione della sindrome, e si progettano riunioni “all’estero”, si pensa persino all’impiego di newsletter che informino il mercato specializzato nella fase pre-lancio, che quella della sindrome irritabile è una “malattia grave e credibile”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali: Problemi e Prospettive

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Ferrigno
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli studi Roma Tre
  Facoltà: Filosofia comunicazione e spettacolo
  Corso: Scienze Cognitive della Comunicazione e dell'Azione
  Relatore: Massimo Marraffa
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 227

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epistemologia
eziologia
tassonomia
disturbi dello spettro autistico
d.s.m.
filosofia della psichiatria
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