La Cella di Graetzel
Struttura di una Dye Sensitized Solar Cell (DSC)
Tra le celle di terza generazione si distinguono per efficienza e flessibilità le Dye Sensitized Solar Cells (DSC o DSSC), celle foto-elettrochimiche sensibilizzate mediante coloranti (dye), che oggi costituiscono una delle più promettenti alternative alla giunzione p-n nel campo del fotovoltaico. Ideate dal chimico svizzero Michael Graetzel nel 1991, tali celle si propongono di convertire la luce in energia elettrica sfruttando le proprietà ottiche di alcuni materiali organici, in particolare di certe molecole presenti nella frutta. I materiali organici hanno di per sé un costo ridottissimo e inoltre per l’implementazione in celle non necessitano di trattamenti costosi, per cui anche il costo di lavorazione risulterebbe notevolmente contenuto. L’idea rivoluzionaria di Graetzel fu quella di realizzare una cella solare che riproducesse il meccanismo della fotosintesi clorofilliana, processo con il quale la natura sfrutta l’energia solare. In una DSC il ruolo dell’assorbimento della luce , proprio della clorofilla nelle foglie, viene svolto da un elemento attivo, detto sensitive. Come sensitizer viene generalmente scelto un colorante, che può essere di natura organica o inorganica.
Le molecole di dye vengono depositate su uno strato molto sottile di un materiale semiconduttore, di solito biossido di titanio nella forma di anatasio. Tale ossido si trova interposto tra il sensitizer e una lastra di vetro conduttore, come schematizzato in figura 2.2: il suo compito è quello di trasportare gli elettroni prodotti dall’eccitazione del dye, e di trasferirli sullo strato di vetro. Allo strato di vetro è collegato poi, mediante un filo conduttore, un secondo elettrodo di platino, detto controelettrodo, situato nella parte opposta della cella. Tutto il sistema è infine immerso in una soluzione elettrolita, generalmente un composto contenente ioni ioduri e triioduri. Quando la cella viene illuminata, si osserva nel complesso un flusso netto di corrente che parte dall’elettrodo di vetro, fluisce attraverso il filo conduttore e dopo aver attraversato un carico giunge all’elettrodo di platino. Il comportamento della cella è paragonabile a quello di una pila, per cui è possibile distinguere all’interno di essa:
• un anodo, lo strato di vetro, che emette gli elettroni;
• un catodo, il platino, che riceve gli elettroni;
• un liquido conduttore, la sostanza elettrolita.
L’innovazione della cella di Graetzel sta nella separazione dei compiti di produzione e trasporto della carica, compiti che nelle convenzionali celle solari a giunzione venivano svolti entrambi dal semiconduttore. In una DSC invece la produzione della carica è affidata all’eccitazione del dye ed il semiconduttore si limita soltanto al trasporto della carica.
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La Cella di Graetzel
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Cusumano |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Catania |
Facoltà: | Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali |
Corso: | Fisica |
Relatore: | Francesco Priolo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 33 |
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