Tutela della salute e organizzazione sanitaria nelle carceri: profili farmacologici, uso, abuso e dipendenza, confronto di due realtà
Stragi silenziose di morti sospette nelle carceri italiane
Nelle carceri italiane muoiono oltre 150 di detenuti l’anno dei quali un terzo circa per suicidio, un terzo per cause immediatamente riconosciute come “naturali”, e il restante terzo per “cause da accertare”, che indicano tutti i casi nei quali viene aperta un’inchiesta giudiziaria.
La morte di Stefano Cucchi, con l’emozione e l’indignazione seguita alla pubblicazione delle fotografie del suo corpo martoriato, ha avuto l’effetto di scoperchiare il calderone infernale delle innumerevoli morti nelle carceri, facendo conoscere all’opinione pubblica un dramma solitamente relegato alla ristretta cerchia degli “addetti ai lavori”, nonché episodio tale da accentuare il mio interesse per lo studio dell’oggetto di tesi.
Quanto emerge dalle cronache, dalle perizie, dalle fotografie e video pubblicati nel mondo cibernetico, risultano evidenti messaggi cruenti e non sporadici, che mi lasciano basita e purtroppo inerme a qualunque tipo di intervento, forse in questa tesi ho voluto trovare una fonte di sfogo per come ormai la società evolve sempre nel peggiore dei modi, non badando ai concetti fondamentali della morale quali principalmente etica, coscienza e atto umano.
Morti per infarto con la testa spaccata, per suicidio con ematomi e contusioni in varie parti del corpo, ciò che non è possibile vedere, ma che a volte emerge dalle autopsie (quando vengono disposte e poi è dato conoscerne l’esito), sono costole spezzate, milze e fegati spappolati, lesioni ed emorragie interne. Dal nostro paese, culla di antiche civiltà e culla di quel diritto romano dal quale ha preso spunto gran parte dell'Europa, stanno girando in tutto il mondo le immagini e le notizie dei massacri su fragili corpi, e di violenze consumate all'interno di strutture giudiziarie della Repubblica Italiana.
Oggi, morire di carcere in maniera alquanto misteriosa è possibile, tra i detenuti si sono verificati decessi per cause non chiare, per problemi sanitari, per overdose, per pestaggi, ma le notizie di chi muore in carcere sempre più spesso passano sotto un silenzio assordante, nell’indifferenza quasi totale della gente e dei mass media, ed è sempre più difficile ricostruire i fatti, le cause che spieghino come sia potuto morire questo o quel detenuto, che peraltro sembrava stare bene.
Il caso di Stefano Cucchi è solo uno dei casi più recenti e messi in luce dai mass media, ma sono milioni i detenuti che muoiono nel silenzio più totale, cosi come milioni sarebbero le righe da scrivere sul tema in questione.
La morte di questo sfortunato detenuto, sta facendo emergere altre storie sotterrate dall'omertà, di un circuito impenetrabile, dove dei diritti sanciti dalla carta costituzionale, viene fatta strage quotidiana Recita infatti l'art. 27 della Costituzione della Repubblica Italiana:
“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Se ci sono delle responsabilità e dei responsabili di questi decessi, non spetta certamente a me dirlo, sarebbe solo opportuno rispettare i diritti dell’uomo, in maniera più delicata e coscienziosa per coloro i quali non hanno l’autorità di potersi difendere in piena libertà.
Sostengo inoltre che, avendo in mano questi dati, potrebbero essere individuate sia le responsabilità, sia le chiavi di lettura per una svolta del sistema che poco funziona.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Tutela della salute e organizzazione sanitaria nelle carceri: profili farmacologici, uso, abuso e dipendenza, confronto di due realtà
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Informazioni tesi
Autore: | Denise Pantano |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Catanzaro Magna Grecia |
Facoltà: | Medicina e Chirurgia |
Corso: | Infermieristica |
Relatore: | Luca Gallelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 130 |
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