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Immigrazione femminile e apprendimento trasformativo

Storia ed evoluzione dell'Immigrazione femminile

Nelle ricerche a livello europeo relative alla crescita dei flussi migratori negli anni cinquanta e sessanta, le donne, quantitativamente poco numerose, sono considerate fattori non decisivi e non caratterizzanti l'esperienza migratoria. E' a partire dagli anni Settanta, grazie alla trasformazione delle politiche migratorie in Europa e ad un'attenzione nuova per la condizione delle donne derivante dallo sviluppo degli women's studies che viene sempre più ad incrementarsi l'interesse della letteratura su questo argomento. Proprio in questi anni si evidenziano i primi spostamenti internazionali e di lungo periodo di donne africane e asiatiche, i quali sostengono l'ipotesi di una nuova autonomia femminile nei processi migratori, dettata dalla ricerca di una maggiore identità lavorativa e sociale.
L'Italia ha avuto fin dall'inizio del fenomeno migratorio, caratteristiche peculiari rispetto alla composizione per sesso degli immigrati, se paragonata ad altri Paesi europei, meta da più tempo dei flussi migratori. Troviamo infatti nel nostro Paese le donne già all'inizio del fenomeno. Durante gli anni Settanta è avvenuto l'arrivo delle "pioniere". Donne giunte in Italia come domestiche fisse, appartenenti ad alcuni gruppi: eritree, latino-americane, capoverdiane. I principali canali di arrivo erano costituiti dalle famiglie di ex-coloni rientrati in Italia (eritree) o dalla mediazione svolta da gruppi di suore e di religiosi. Nel corso degli anni Ottanta, è continuato in misura rilevante l'arrivo delle donne "attive": capoverdiane, latino-americane e ancora eritree, ed è aumentato notevolmente il numero delle donne filippine, che giungevano grazie all'intermediazione di agenzie più o meno regolari. Si consolidano in questo periodo i reticoli informali di sostegno all'immigrazione femminile: le donne immigrate in precedenza preparano e organizzano la partenza e l'accoglimento delle parenti e amiche, che vanno a occupare i posti di lavoro lasciati dalle vecchie immigrate. L'effetto di richiamo di donne afro-asiatiche in Italia, è spiegato da motivazioni non solo economiche e di mercato del lavoro nei paesi di origine e in quelli di accoglienza ma anche da fattori culturali connessi, ad esempio, ai processi di emancipazione femminile.
Nel corso degli anni Settanta, i processi di emancipazione femminile vengono letti in relazione all'inserimento delle donne italiane nell'ambito occupazionale e con la conseguente svalutazione sociale delle attività domestiche. Per le donne straniere, questo avrebbe alimentato la domanda di lavoro a fronte di una bassissima offerta e, la certezza di trovare un impiego nei settori tipicamente considerati femminili, (pulizia, cucina anche in strutture turistiche) avrebbe spinto la donna afro-asiatica ad affrontare uno spostamento intercontinentale. All'interno delle famiglie di classe sociale medio-alta delle aree urbane del centro-nord e all'interno dei ceti della piccola e media borghesia del meridione, la lavoratrice immigrata fungerebbe da surrogato efficace al ruolo della domestica a tempo pieno, cui vengono delegate non le sole mansioni ordinarie di pulizia ma anche quelle di gestione di parte dell'economia familiare e di assistenza degli anziani e dei minori ad una cifra contenuta, a fronte di un impegno continuativo "giorno e notte" e di tipo residenziale. E' evidente come la domanda di lavoro che si riversa sulle immigrate sia assai più ampia che in passato, in quanto strettamente legata alle trasformazioni della famiglia, all'invecchiamento della popolazione, all'accresciuta presenza delle donne nel mercato del lavoro e dall'incapacità di un sistema pubblico di organizzazione di un welfare a fronte di nuovi bisogni sociali.
Gli anni Novanta sono caratterizzati dalla presenza delle donne del ricongiungimento familiare, specialmente nella seconda metà del decennio, donne che arrivano per essere ricongiunte: le mogli, quelle del ruolo tradizionale nell'emigrazione, quelle identificate semplicisticamente come le donne velate. Si tratta in prevalenza di donne provenienti dai Paesi Arabi: egiziane, tunisine, marocchine. In questi anni il ricongiungimento è attivato anche dalle donne che ricongiungono il marito e i figli, sono le donne pioniere, che erano partite per prime. Sono anche gli anni della grande visibilità delle donne, gli anni della sovraesposizione delle donne straniere nel nostro Paese, sono gli anni della tratta e della prostituzione. Le donne che si inseriscono in modo più o meno cosciente in questo settore provengono dapprima negli anni 1989/90 dai paesi dell'Est, mentre nel periodo 1991/92 arrivano dalla Nigeria, poi negli anni 1993/94 dall'Albania e ancora dai paesi dell'Est, successivamente dai paesi del Sud America. A fianco di queste donne si collocano poi le ballerine, le cantanti, coloro che lavorano nei locali notturni e negli appartamenti privati. Gli anni '90 sono anche anni in cui la segregazione occupazionale si riduce ulteriormente. Le donne continuano a fare il lavoro di cura, ma trovano occupazione nelle imprese di pulizia, cominciano anche a fare impresa, entrano in piccole cooperative, fanno lavoro autonomo come ambulanti, specialmente per l'ethnic business, vi sono anche ditte individuali ideate da donne. Oltre che una presenza nel terziario (servizi pubblici), vi è anche un incremento nell'industria come operaie generiche.
Alla fine degli anni '90, inizio del nuovo millennio, assume grande visibilità, per l'impatto che ha sul nostro welfare, un gruppo particolare di donne che svolgono lavoro di cura: le cosiddette badanti. Con tale termine si intendono le donne della migrazione che accudiscono persone anziane sole e non autonome o individui disabili. Esse provengono dalla Moldavia, Polonia, Romania, Russia, Ucraina, tre su quattro sono coniugate, il 51% ha superato i quarant'anni, il 18% è laureato e il 40% ha una scolarizzazione superiore. Guadagnano venti, trenta volte di più di quello che potrebbero guadagnare al loro paese, anche svolgendo la professione di medico o ingegnere. Un ultimo gruppo di donne che arrivano alla fine degli anni '90 anche a causa dei numerosi conflitti bellici, religiosi, culturali che interessano il nostro pianeta è costituito dalle donne rifugiate.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Immigrazione femminile e apprendimento trasformativo

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Informazioni tesi

  Autore: Anna Maria Donadoni
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Bergamo
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: Stefania Gandolfi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 60

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