La preistoria: il luogo delle esperienze umane. Sviluppi metodologici e forme storiografiche
Storia e archeologia: un tentativo di conciliazione
La questione del rapporto tra la storia e l’archeologia si esplica nell’esigenza di individuare un punto di equilibrio tra i sistemi di fonti relative alle diverse discipline, considerando che ciascuno propone informazioni di tipo diverso, che non necessariamente sono comparabili e soprattutto non sempre si integrano tra loro.
Non sempre i dati offerti dai resti materiali possono agevolmente trasformarsi in conoscenze storiche. A volte nulla rivelano circa gli assetti sociali o istituzionali di una comunità, dei comportamenti o delle convinzioni dei suoi membri o più semplicemente degli eventi che abbiano coinvolto singoli soggetti.
È opportuno, allora, stabilire in che termini l’una disciplina possa contribuire all’altra senza istituire correlazioni frettolose e senza forzare i dati, evitando di cercare riscontri archeologici a ogni testimonianza letteraria e viceversa.
Come Manacorda ha osservato, i due tipi di fonti possono stimolarsi e sorvegliarsi reciprocamente, ma occorre tenere presente che registrano una serie di dati che possono collocarsi in prospettive temporali non omogenee.
I resti materiali documentano situazioni puntuali e ci illuminano circa i processi di lunga durata, i quali riflettono le strutture profonde delle società. Si pensi all’evoluzione degli insediamenti messa in luce dalla lettura stratigrafica o alle forme di distribuzione dei manufatti.
Le scansioni cronologiche dei resti materiali sono effetto di diversi fenomeni culturali, in cui anche l’ambiente gioca un ruolo rilevante. La loro percezione spesso sfugge agli stessi protagonisti e non ricalca necessariamente le scansioni indotte dagli eventi di natura politico-istituzionale e militare.
Le cesure prodotte dall’archeologia non coincidono con quelle prodotte dalla storia raccontata dalle fonti scritte. Queste ultime aspirano alla descrizione dettagliata di un evento. Per converso, le fonti archeologiche contengono in sé sempre un dato parziale. La certezza del dato storico non implica necessariamente la sua confutabilità archeologica e, viceversa, la presunta oggettività del dato archeologico non implica la certezza della sua spiegazione.
L’archeologia si affida alla prevalente capacità del ricercatore d’individuare, classificare ed interpretare gli indizi nel loro contesto, confrontandoli mediante un sistema di conoscenze a più ampio spettro.
Ciò detto appare inopportuno qui insistere sul tema relativo al contributo che le fonti archeologiche offrono oppure no alla ricostruzione storica. Occorre semmai interrogarsi sulla utilità se questo genere di fonti servano da verifica a ciò che ci offre la fonte documentaria scritta. Emblematica l’osservazione di Lucien Febvre, importante esponente della scuola delle Annales, il quale, tentando un ampliamento del concetto di “documento” ha sostenuto che “la storia si fa senza dubbio con documenti scritti. Quando ce n’è. Ma si può fare, si deve fare senza documenti scritti, se non esistono […] Con le forme del campo e delle erbacce. Con le eclissi di luna e gli attacchi dei cavalli da tiro. […]. Non è forse vero che una parte, e quella più appassionante senza dubbio, del nostro lavoro di storici consiste nello sforzo costante di far parlare le cose mute, far dire loro quel che da sole non dicono sugli uomini o sulle società che le hanno prodotte, fino a costituire fra loro quella vasta trama di solidarietà e di ausili reciproci, capace di supplire all’assenza del documento scritto?”.
Febvre poneva, in questo modo, l’accento sulle lacune della documentazione scritta e sugli ambiti di ricerca che si spalancavano all’archeologia intesa come scienza storica, la quale avrebbe introdotto nuovi protagonisti e allargato l’indagine a territori ancora inesplorati. Non sono mancati nel corso degli anni i confronti, talvolta accesi, tra storici ed archeologi, poiché anche studiosi di altissimo livello hanno ripetutamente espresso scetticismo sulla qualità dei dati archeologici e sulla possibilità di trarre implicazioni macro-economiche e di lungo periodo dai dati quantitativi offerti dalle testimonianze materiali ritenute non utilizzabili quali indicatori significativi dei fenomeni economici e dei relativi risvolti demografici e sociali.
Concretamente si è negata ogni validità a quei messaggi preterintenzionali espressi da alcune categorie di documenti archeologici. I progressi compiuti dall’archeologia sullo studio della cultura materiale hanno gradualmente smentito la chiusura storiografica che ha spesso caratterizzato lo studio delle società antiche. Che l’archeologia non possa coprire alcuni aspetti centrali della ricerca storica è indubbiamente vero, ma è anche vero che per la storia della cultura materiale le fonti letterarie offrono in genere informazioni molto parziali, anche se apparentemente sistematiche.
Se fenomeni connessi alla tecnologie, alle forme di sussistenza e di scambio sono più facilmente accessibili tramite l’archeologia, la portata delle difficoltà cresce a mano a mano che si vogliano cogliere archeologicamente gli aspetti dell’organizzazione politica e sociale, della mentalità e dell’ideologia.
Un sistema politico è qualcosa di molto elusivo in termini materiali e, tuttavia, a ben guardare fenomeni essenzialmente politici connessi alla fondazione di una città, alla pianificazione e allo sviluppo urbano, alla formazione di alleanze e all’ampliamento del territorio, possono essere indagati anche attraverso il metodo archeologico e talvolta partire soltanto da esso. È proprio dagli indicatori archeologici delle società primitive che è stato possibile elaborare modelli di organizzazione sociale e politica utilizzabili anche per la comprensione delle società di piena età storica.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La preistoria: il luogo delle esperienze umane. Sviluppi metodologici e forme storiografiche
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Informazioni tesi
Autore: | Antonietta Miglialo |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Relazioni internazionali |
Relatore: | Alfonso Tortora |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 134 |
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