Teorie e pratiche dei serious game. Il caso del disturbo da deficit di Attenzione e iperattività
Serious Game: imparare giocando
Nei capitoli precedenti abbiamo visto come l'esperienza ludica abbia assunto un'importanza centrale in contesti di studio diversi e come essa possa accordarsi pienamente con le nuove tecnologie di cui la scuola di oggi non può fare a meno e con la generazione dei nativi digitali che costituisce l'utenza della comunità scolastica.
Nell'ambito di una scuola intesa come contesto formale di apprendimento che dovrebbe evolversi di pari passo con la società, i serious game rappresentano un'opportunità irrinunciabile.
La riflessione sul rapporto gioco-apprendimento ha determinato lo sviluppo del Digital game based learning (GDBL) che, come i Game Studies, raccoglie contributi provenienti da discipline diverse con l'intento di sviluppare metodologie didattico-disciplinari centrate su strategie di tipo ludico applicabili a tutti i livelli, dalla scuola primaria ai corsi universitari e alla formazione professionale.
Tale disciplina rivolge il proprio interesse alle applicazioni didattiche delle forme più tecnologiche e costituisce pertanto uno sviluppo che potremmo definire aggiornato del Game Based Learning (GBL) che si occupa non soltanto dei prodotti ludici digitali, ma anche dei giochi più tradizionali. Il GDBL intende sostenere l'innovazione facendo leva sul potere motivazionale del gioco capace di suscitare la motivazione intrinseca.
Romina Nesti indica le forme più diffuse di questa disciplina:
e) l'utilizzo di digital game per sviluppare forme di videogame education e ludoliteracy;
f) giochi sviluppati per il mercato che vengono poi utilizzati con obiettivi didattici;
g) analisi che guardano ai digital game come possibili “contenitori” di principi di apprendimento ai quali ispirarsi per ripensare la didattica;
h) giochi educativi pensati e creati per obiettivi specifici (serious game).
La proposta educativa rappresentata dai serious game e basata sul potere motivazionale del gioco e sull’ esperienza concreta diretta, risponde ai bisogni della società della conoscenza che richiede lo sviluppo di molteplici competenze trasversali riferibili alle aree cognitiva, emotiva e sociale.
Il tema delle competenze cruciali per la vita nel XXI secolo è stato affrontato in diversi ambiti.
L’OMS ha individuato dieci life skills (competenze per la vita) che sono ritenute indispensabili per vivere e lavorare nella nostra società:
1. capacità di prendere decisioni;
2. problem solving;
3. pensiero creativo;
4. pensiero critico;
5. comunicazione efficace;
6. capacità di relazioni interpersonali;
7. autoconsapevolezza;
8. empatia;
9. gestione delle emozioni;
10. gestione dello stress.
Un altro importante riferimento sono le competenze chiave di cittadinanza individuate dall'Italia nel 2007; si tratta di abilità da acquisire al termine del ciclo di istruzione obbligatoria che includono: imparare a imparare, progettare, comunicare e comprendere messaggi, collaborare, agire in modo autonomo e responsabile, risolvere problemi, individuare collegamenti e relazioni, acquisire e interpretare l'informazione.
La riflessione in merito alle life skills si arricchisce con le competenze digitali (DigComp) pubblicate per la prima volta dall'UE nel 2013 e successivamente aggiornate. I riquadri rappresentano la sintesi scaturita dall’aggiornamento del 2017 (versione 2.1).
Il World Economic Forum, organizzazione internazionale indipendente, fondata nel 1971 come associazione no profit, ha individuato sedici competenze per il XXI secolo, distinguendole in tre categorie:
- Abilità di base (letteraria, numerica, scientifica, digitale, finanziaria, culturale e civica).
- Competenze trasversali (pensiero critico, creatività, comunicazione, collaborazione).
- Qualità caratteriali (curiosità, iniziativa, perseveranza, flessibilità, leadership, consapevolezza sociale e culturale).
Le competenze di cui sopra, fanno riferimento ad una società globalizzata che Edgar Morin chiama “società-mondo” in cui va esaurendosi la fase delle singole “patrie” e delle certezze assolute. Gli esseri umani sono accomunati da uno stesso destino e per questo motivo occorre imparare a superare i limiti della propria comunità e a riconoscersi come abitatori del pianeta Terra in grado di convivere con la complessità, l'incertezza e l'imprevedibilità del futuro. L'educazione dovrebbe perciò tendere a formare “teste ben fatte” capaci di cogliere la problematicità della realtà e di vivere nella prospettiva di un’etica planetaria.
I serious game, come è stato detto, sono strumenti efficaci e all'avanguardia nell'ambito di una didattica che risponda anche alle esigenze di competenza della società attuale; vengono definiti “una rivoluzione culturale” in grado di far convergere tre dimensioni: simulativa, formativa e ludica che, bilanciate, consentono ai fruitori “di diventare mentalmente e operativamente esperti giocando e divertendosi” (Anolli e Mantovani, 2011).
I due psicologi italiani formulano un'ampia definizione dei serious game qualificandoli come: “attività digitali interattive che, attraverso la simulazione virtuale, consentono ai partecipanti di fare esperienze precise e accurate (anche complesse), in grado di promuovere attraverso la forma del gioco percorsi attivi, partecipati e coinvolgenti di apprendimento nei vari domini dell'esistenza umana”.
Anolli e Mantovani ne evidenziano le proprietà tecniche quali la portabilità (che consente di usufruirne in ogni luogo), la socievolezza (che permette di condividere file e dati), la sensibilità al contesto (che si collega alla disponibilità a fornire informazioni reali in tempo reale), la connettività (che dà l'opportunità di creare una rete con altri dispositivi digitali) e l'individualità (che permette la personalizzazione dei percorsi di apprendimento).
Una premessa allo sviluppo dei serious game sono stati i videogiochi educativi diffusi negli anni Novanta, pensati essenzialmente per i bambini e riferibili al filone dell’edutainment. Questi giochi non hanno raggiunto i risultati sperati poiché non sono strutturati in base a precisi obiettivi educativi, fanno riferimento alla motivazione estrinseca e sostanzialmente si rifanno ad un apprendimento meccanico e ripetitivo che non stimola l'interesse dei discenti.
Un precursore dei serious game è invece considerato il linguaggio LOGO elaborato nel 1980 da Seymour Papert con l'obiettivo di facilitare l'apprendimento della matematica da parte dei bambini.
Una data importante per lo sviluppo e la diffusione di questo artefatto digitale è il 2002 riferibile sia alla fondazione della Serious Game Initiative ad opera di Ben Sawyer, grande promotore del settore, sia alla pubblicazione di America’s Army sviluppato su richiesta del governo americano per favorire il reclutamento dei volontari e promuovere l'immagine dell'esercito.
Nonostante i punti di contatto (sono entrambi coinvolgenti sul piano emotivo, favoriscono la concentrazione e l'attenzione, attivano diverse funzioni mentali), videogame e serious game sono diversi sia sul piano tecnico per quanto riguarda l'architettura del gioco, sia sul piano teorico in relazione alla filosofia del gioco poiché nei secondi la componente ludica assume un valore strumentale rispetto alla loro finalità primaria che è quella di stimolare l'apprendimento.
Il successo dei serious game è dovuto a fattori diversi:
- economici (quali l'ampliamento del mercato e la possibilità per le aziende di risparmiare in termini di tempo e di costi);
- tecnologici (da porre in relazione al miglioramento dei dispositivi digitali);
- scientifici (dovuti alla notevole disponibilità di ricerche fruibili);
- culturali (collegati al ricambio generazionale poiché i nativi digitali hanno approcci diversi al sapere e in generale alla quotidianità determinati dall'impiego costante dei media che per loro è del tutto naturale).
I serious game veicolano un apprendimento situato, legato a una situazione specifica, fondato sull'esperienza e pertanto radicato nel corpo (embodied learning). Tale apprendimento è sollecitato dalla componente ludica che influenza fortemente la motivazione del fruitore il quale mette in campo conoscenze, capacità, aspettative.
L'apprendimento situato implica una “partecipazione guidata” poiché ogni serious game risponde a un disegno ben preciso dove nulla è lasciato al caso; si tratta infatti di un’architettura elaborata da numerosi esperti in cui le sequenze sono ordinate in un ordine di crescente difficoltà in relazione a precisi obiettivi.
Essi offrono una curva di apprendimento semplice e nei primi livelli consentono al fruitore di familiarizzare progressivamente con i meccanismi di gioco; nel momento in cui gli studenti perfezionano le proprie abilità e prestazioni, viene fornito loro sempre meno aiuto in modo da guidarli ad un miglioramento graduale.
La dimensione simulativa di questi giochi didattici, invece, permette ai fruitori di sperimentare ambienti sconosciuti dotati di stimoli sempre nuovi in relazione a oggetti e a eventi per cui l'apprendimento si concentra sia sul “che cosa” sia sul “come” promuovendo conoscenze dichiarative (ciò che sappiamo) e conoscenze procedurali (ciò che sappiamo fare).
Questo tipo di giochi attiva l'attenzione, potenzia la memoria, sollecita il problem solving e la creatività intesa come pensiero divergente e capacità di trovare soluzioni nuove.
Nel contempo, poiché l'errore è considerato come occasione per migliorare e non come insuccesso, essi incrementano il senso di autoefficacia che permette a chi apprende di strutturare una positiva percezione di sé e pertanto di impegnarsi e riuscire nelle prestazioni. Tutto ciò ha una ricaduta positiva sull'autostima e sulla motivazione.
Anolli e Mantovani mettono in evidenza la connessione di questi giochi sia con le emozioni che con l'attenzione e la memoria.
Essi infatti, proprio perché artefatti ludici, presentano molti aspetti correlati alle emozioni a partire dal piacere che l'esperienza stessa del gioco suscita nel giocatore.
Mentre si gioca si sperimentano inoltre anche un piacere sensoriale collegato agli stimoli visivi, uditivi e tattili e un appagamento profondo collegato all’esperienza della vittoria.
Alberto Maestri fa riferimento ad uno studio di Nicole Lazzaro, ricercatrice e CEO di XEDesign, che ha individuato quattro principali profili collegati ai livelli di divertimento dei giocatori:
- hard fun (divertimento faticoso) correlato al superamento degli ostacoli e delle difficoltà del gioco che veicola sia frustrazione che sensazioni di trionfo;
- easy fun (divertimento leggero) legato soprattutto alla curiosità, all'esplorazione e alla gioia di partecipare all’ attività ludica;
- serious fun (divertimento serioso) collegato alla concentrazione, al sentire emotivo; il gioco diventa una sorta di terapia poiché le sue dinamiche sono in grado di cambiare lo stato personale del giocatore;
- people fun (divertimento sociale) tipico di situazioni ludiche che coinvolgono più persone in esperienze di scambio, dialogo e collaborazione.
Il coinvolgimento emotivo, unito all'interesse, determina un'attivazione della memoria che rende disponibili i propri i contenuti a diversi livelli anche rispetto alla memoria di lavoro che mantiene ed elabora le informazioni durante l'esecuzione di compiti diversi.
Emozioni positive, specialmente nei giochi multiplayer, sono collegate anche alla cooperazione che forma abilità sociali e promuove la condivisione di conoscenze e procedure. Si incrementano così gli aspetti significativi dell'apprendimento collaborativo sperimentato con successo nella scuola sia attraverso la discussione che nel lavoro di gruppo.
Il cooperative learning che in Italia fu sperimentato per la prima volta negli anni Novanta da Comoglio e Chiari, si basa sulla disposizione naturale dell'uomo alla socializzazione su cui si può far leva per agevolare l'acquisizione di abilità e competenze. Il gruppo cooperativo è tenuto insieme dalla condivisione di un obiettivo comune e perché ci sia reale cooperazione, occorrono le seguenti caratteristiche:
- l'obiettivo deve essere percepito come vitale da ogni componente;
- l'obiettivo deve essere accettato e condiviso da tutti;
- l'obiettivo deve indurre alla sfida.
La progettazione precisa e scrupolosa dei serious game, cui abbiamo già fatto riferimento, permette l’ “acquisizione di una disciplina mentale rigorosa e attenta” (Anolli e Mantovani, 2011) sia perché se si sbagliano dei passaggi questi vengono immediatamente resi noti e segnalati, sia perché non si possono infrangere determinate regole. Essi si trasformano in vere e proprie “guide di apprendimento” che aiutano il discente ad assumere in modo autonomo percorsi di conoscenza e a emanciparsi progressivamente. Assolvono pertanto a una funzione di sostegno (scaffolding) che porta all'acquisizione di un metodo di lavoro efficace.
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Teorie e pratiche dei serious game. Il caso del disturbo da deficit di Attenzione e iperattività
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Informazioni tesi
Autore: | Andrea Bruzzone |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2019-20 |
Università: | Università degli Studi Guglielmo Marconi |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Domenico Morreale |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 97 |
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