Satira e libertà religiosa
Satira religiosa e vilipendio della religione, un non sempre facile equilibrio
Oggi, nell'era della comunicazione globale, non si può non riflettere ancor più che in passato, sulla libertà di manifestazione del pensiero, in particolare nella sua forma più pungente e spregiudicata, ovvero la satira, e sulla complessa questione circa l'individuazione di limiti ai diritti fondamentali. Interrogarsi sulle peculiarità della satira, in particolare quella religiosa, infatti, stimola la riflessione sul difficile contemperamento tra la tutela penale del sentimento religioso e la libertà di espressione, e ci si chiede se sussista la necessità di raggiungere nuovi e diversi bilanciamenti tra tali beni costituzionali.
Il rapporto tra diritto di satira e religione si presenta come molto delicato nell'ordinamento giuridico italiano. L'attività satirica, come sappiamo, è una delle espressioni in cui si sostanzia l'art. 21, ma la stessa libertà religiosa, che trova il suo fondamento nell'art. 19, si avvale della libertà di espressione per la sua concreta realizzazione, sia nella sua dimensione interna che esterna. Tuttavia, criticità tra i due diritti fondamentali si manifestano in ragione del fatto che il pensiero religioso, proponendo un progetto salvifico e spirituale, difficilmente si presta a tollerare forme di comunicazione come quelle di natura satirica, volte allo sberleffo e fondate sull'effimero.
Il momento di maggior attrito tra satira e religione si verifica, in ogni caso, nel momento in cui la prima sconfina nell'ipotesi di vilipendio. Occorre capire quando e come la satira religiosa possa divenire vilipendiosa, ed offensiva rispetto ad una confessione religiosa.
Innanzitutto, spesso proprio in occasione dei contrasti tra satira e religione, vengono richiamati i concetti di “blasfemia” e “sacrilegio”, in realtà per lo più collegati al vocabolario religioso. Nel linguaggio secolarizzato il loro equivalente può essere individuato in termini quali “ingiuria”, “provocazione” o incitamento all'odio, che per l'appunto si collocano nella dimensione del vilipendio. L'eventuale caratterizzazione vilipendiosa, e non solo diffamatoria, di un'espressione satirica, consente una punibilità delle offese verso specifiche persone e cose costituenti oggetto di culto, con l'obiettivo di proteggere la sensibilità dei gruppi religiosi, oggi equiparati rispetto a tali specifiche aggressioni alla libertà religiosa.
Alla stregua della riforma del 2006, più precisamente, la satira ritenuta vilipendiosa di una confessione religiosa, se diretta, è perseguibile a querela di parte, e se compiuta a mezzo di stampa, è punibile anche con pena detentiva. Se indiretta, ovvero rivolta ad una persona appartenente ad una confessione religiosa, tanto più se ministro di culto, è perseguibile d'ufficio, ma la pena non va oltre la multa. Insomma, le norme relative al vilipendio religioso costituiscono strumento di difesa rispetto alla satira religiosa, la quale può, con la sua forza dissacrante, giungere a ledere il sentimento religioso oggetto di tali norme penali. […]
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandra Fiorillo |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2018-19 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Antonio Guarino |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 216 |
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