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L'arte della tessitura: dimensione antropologica tra passato e presente

Saperi e produzioni locali: la costruzione sociale dell’autenticità

Bisogna domandarsi come mai nella società postglobalizzazione ci sia così tanta frenesia ed attenzione sull’autenticità dei prodotti, tanto da poter condizionare i consumi delle persone. Perché i prodotti si caricano di tutto questo valore culturale? Come mai si vestono di così tanti significati simbolici, veicolando valori legati all’appartenenza culturale e territoriale? I beni assumono questo status di autenticità solo attraverso certificazioni che escludano possibilità di imitazione. “La nozione di autenticità comincia quando la frode diventa possibile”. (J.P. Warner, 'La cultura materiale')

Le procedure che rendono autentici i prodotti sono similari in vari paesi europei, questo anche a causa della crescita del turismo internazionale. Il possedere e il consumare determinati prodotti è un atto sociale “nostalgico” (usando una espressione di Appadurai), che ribadisce la nostra appartenenza ad uno strato sociale ben definito, ossia il nostro senso di identità. Il consumo ci serve per “parlare” di noi stessi, per dare significato alla nostra identità, all’appartenenza ad una famiglia, una comunità, una società, una località (nel senso di localismo).

Partendo da questo concetto, si può capire meglio come mai, se da un lato lo sviluppo industriale della seconda metà del 900 ha portato alla graduale eliminazione di molti piccoli produttori locali, allo stesso tempo, e sempre con più convinzione e riconoscimento anche internazionale, il mondo del consumo e dei consumatori sia oggi sempre più attento alla ricerca dell’autentico, alla riscoperta di cibi e ricette “dimenticate”, di tecniche artigianali sorpassate, di saperi, sapori, conoscenze ed emozioni “nostalgiche”, del passato, ma che così bene ci ricordano l’appartenenza identitaria alla nostra comunità locale.

Lenclud sostiene che “la tradizione consiste in una interpretazione del passato condotta in funzione di criteri rigorosamente contemporanei.” (G. Lenclud, 'La tradizione non è più quella di un tempo').
Vengono quindi selezionati quegli elementi della tradizione che si ritengono funzionali alle politiche di sviluppo, legate anche ad eventi e iniziative culturali ufficiali, che permettono alla collettività di mobilitarsi attorno agli elementi che abbiamo definito funzionali per il concetto di cultura locale e per la definizione di autenticità del prodotto (musei, mostre, sagre, fiere, ecc..).

Anche il turismo, in questo processo, riveste un ruolo fondamentale, allargando attraverso il megafono mediatico una piccola località ad un pubblico molto più ampio e lontano, sia geograficamente che culturalmente. Ma la globalizzazione, il flusso intenso oltre ogni confine di persone e merci, i media, il mondo virtuale di internet, il cinema, la pubblicità.. tutto questo non può lasciare la comunità locale chiusa nel suo luogo geografico e culturale.

La creolizzazione di consumi, gusti, lingua e incontri personali, amplifica la gamma di opzioni da cui possiamo scegliere come vestirci, cosa mangiare, che musica ascoltare, dove andare in vacanza, e così via. Anche l’autenticità e la tradizione non rimangono immuni da questi incontri, non si trovano all’interno di compartimenti stagni, ma fanno parte di questo mondo in corsa, eterogeneo e sempre alla ricerca di una sua identità. In sostanza, non è possibile dare una definizione statica di tradizione e di autentico; infatti, come abbiamo detto poco fa citando Lenclud, la tradizione è un prodotto contemporaneo che parla del passato e si veste da passato.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'arte della tessitura: dimensione antropologica tra passato e presente

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Informazioni tesi

  Autore: Nadia Berti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Teorie e Pratiche dell'Antropologia
  Relatore: Alessandro Simonicca
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 80

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