Viaggio lungo il Reno nella cultura romantica: un confronto tra le opere di Brentano, Heine e Wagner
Romanticismo lungo il Reno
Come accennato nella precedente sezione, il Romanticismo costituisce senza alcun dubbio uno dei momenti più alti della letteratura tedesca, che interessò la maggior parte dei più illustri autori della Germania. Prima ancora di addentrarsi nella cultura romantica vera e propria bisogna però specificare le origini ed i punti focali del percorso di un movimento letterario che ha avuto così tanto consenso e successo nel corso degli anni. Il Romanticismo per come viene inteso generalmente, affonda le sue radici nella corrente immediatamente precedente dello Sturm und Drang che si potrebbe definire una sorta di suo precursore. Infatti già dal 1770, con il famoso libro costituito da quattro saggi, Von deutscher Art und Kunst ideato da Herder, al quale collaborarono il giovane Goethe, Frisi e Möser, si definirono i tratti e gli interessi della nuova corrente che stava nascendo, tant’è che potrebbe essere considerato come il primo manifesto dello Sturm und Drang. Infatti al suo interno vengono riportati diversi apprezzamenti ed encomi, in particolar modo verso una delle opere più significative ed influenti di quel momento, ossia i Canti di Ossian, i quali ricopriranno un ruolo preponderante nella produzione letteraria successiva. Essi costituiscono un vero e proprio esempio di quel tipo di poesia che va scavando nella storia popolare e in un tipo di cultura antica, che però non si rifà ad un’antichità di carattere classico, legata all’equilibrio, a quelle forme perfette, distinte per la loro «nobile semplicità e quieta grandezza» come le intendeva uno dei più grandi esponenti del Neoclassicismo, ovvero Winckelmann, che si ispirano a loro volta alle figure eroiche dei poemi omerici e degli autori greci e latini; si tratta invece di un’impronta di tipo più introspettivo, più tenebroso e segreto, incorniciato da un paesaggio che riflette tale atmosfera, suscitando inizialmente meraviglia, per poi in realtà arrivare fino a provocare un senso di paura. Questo pensiero rientra fra quelli che si pongono alla base del romanzo manifesto non solo dello Sturm und Drang, ma dell’intera letteratura contemporanea; un effettivo fenomeno mondiale del tempo, un’opera innovativa che è riuscita a rimanere immortale ed appassionante fino al giorno d’oggi: il romanzo epistolare di Johann Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther. All’interno di questo breve ma particolarmente intenso ciclo di lettere, la “tempesta” e l’”impeto” emotivo dell’autore trova un più largo spazio e la sua più alta espressione: di particolare importanza sono incontrovertibilmente le descrizioni degli stati d’animo, degli umori, delle emozioni dei personaggi, ed in particolare del protagonista, chiaramente associati ad immagini simboliche della natura. Si potrebbe infatti asserire che proprio quest’ultima condivida in un certo qual modo il ruolo di co-protagonista accanto al giovane Werther, che riflette ogni suo singolo sentimento nell’ambiente che lo circonda. Basti pensare al celeberrimo passo del romanzo in cui egli accosta sé stesso e la sua condizione a quella di un albero ormai privo di tutte le sue foglie, per via dell’arrivo imminente dell’autunno:
«Wie die Natur sich zum Herbste neigt, wird es Herbst in mir und um mich her. Meine Blätter werden gelb, und schon sind die Blätter der benachbarten Bäume abgefallen». Il passaggio delle stagioni scandisce quindi il cambiamento degli eventi e del suo stesso stato d’animo, evidenziando l’elemento naturale, punto focale e ricorrente della maggior parte degli scritti dell’epoca, sia che fossero testi di filosofia, romanzi o opere di altro tipo. Senza alcun dubbio d’incomparabile rilievo furono il pensiero e l’operato di figure come Rousseau, Spinoza, MacPherson, Shakespeare, e numerosi altri ancora, i quali nonostante appaiano come totalmente differenti in quanto a stile, epoca, poetica, contesto socio-culturale ecc., presentano dei singoli elementi che vanno poi a confluire nell’opera di Goethe e di conseguenza in gran parte degli autori suoi contemporanei ed in seguito in quelli che lo succederanno, in particolare i romantici, dai quali però egli si discosterà, tendendo nell’età adulta verso una forma più di stampo classicista. Il Romanticismo in quanto tale muove i suoi primi passi lungo un arco temporale che di fatto non si può definire con precisione, ma che indicativamente si fa coincidere tra gli ultimi due decenni del Settecento e il 1830, quando viene invece fondata la Junges Deutschland, movimento d’opposizione agli ideali romantici. Ciononostante questo evento non definisce in maniera netta la fine della corrente romantica, la quale invece continua a mantenere una sua forte e rimarchevole influenza, anche perché, come affermato da un articolo del PMLA, Publications of the Modern Languages Association of America, del Professore Blankenagel: «To give a brief account of so complex and varied movement, and to attempt to generalize in the face of marked individual differences is an undertaking beset with pitfalls». Questa nuova corrente si presentava infatti ricca di sfaccettature ed interpretazioni di vario tipo, articolandosi anche in fasi diverse del suo sviluppo. Il primo vero ed autentico gruppo di autori romantici lo si identifica tradizionalmente con coloro che avevano collaborato agli articoli ed alle pubblicazioni della rivista Athenäum, fondata a Berlino nel 1789 dai due fratelli August Wilhelm e Friedrich Schlegel. Al loro fianco pubblicarono ulteriori testi alcune tra le più illustri menti del periodo: Novalis, Ludwig Tieck, Caroline Schlegel, Schleiermacher, Dorothea Mendelsshon Veit, Hülsen, Bernhardi, Brinkmann, arrivando perfino a Fichte e Schelling, sebbene non vi siano delle attestazioni scritte di questi ultimi due autori. Con una tale quantità di artisti e scrittori che seguivano le orme della giovane e nuova corrente, lo stesso Friedrich Schlegel appurò tra le pagine dell’Athenäum la sua personale concezione della letteratura romantica:
Die romantische Poesie ist eine progressive Universalpoesie. Ihre Bestimmung ist nicht bloß, alle getrennten Gattungen der Poesie wieder zu vereinigen und die Poesie mit der Philosophie und Rhetorik in Berührung zu setzen. Sie will und soll auch Poesie und Prosa, Genialität und Kritik, Kunstpoesie und Naturpoesie bald mischen, bald verschmelzen… Die romantische Dichtart ist noch im Werden; ja das ist ihr eigentliches Wesen, daß sie ewig nur werden, nie vollendet sein kann. Sie kann durch keine Theorie erschöpft werden [...]. Sie allein ist unendlich, wie sie allein frei ist und das als ihr erstes Gesetz anerkennt, daß die Willkür des Dichters kein Gesetz über sich leide.
Da tale citazione si apprende pertanto che non è possibile definire dei veri e propri limiti tra le varie forme artistiche e letterarie: che si tratti di poesia, teatro, prosa, musica o arte, il linguaggio che viene utilizzato deve sempre saper interpretare e tradurre quello della propria anima, e non importa se per manifestarsi abbia bisogno di parole, colori o note. La propria natura più profonda e segreta viene ora lasciata libera di esprimersi, di aprire quell’innere Heiligtum, il santuario interiore, che si adegua all’animo di ciascuno, senza sovrapporsi ad esso. La novità romantica risiede esattamente nell’aver focalizzato la loro primaria attenzione sulle zone più nascoste ed in penombra dell’esistenza, quel linguaggio dell’interiorità che raramente risale in superficie. In tal senso i romantici iniziano a contemplare i paesaggi notturni, misteriosi, l’idea della morte e del nulla; in particolar modo suscita grande interesse la dimensione del sogno e del “sole nero” della malinconia, di quella Sehnsucht, ovvero lo struggimento per qualcosa che si brama fortemente, ma che ci è impossibile raggiungere, accennando velatamente anche a quel Todestrieb, di cui diversi anni dopo Freud discuterà nei suoi lavori. Pertanto, la vera anima del Romanticismo la si ritrova in un desiderio infinito senza limiti o fini ultimi, pensiero che Novalis approfondirà, e riportato da John C. Blankenagel nel saggio The Dominant Characteristics of German Romanticism, affermando che:
The finite, the limited, the narrow appeals to the worldly mind; the infinite appeals to the subtler spirit. The aim of the romantic poetry was the striving for the infinite, attuning oneself to the absolute. The romanticists were concerned less with a clear, visible world, than with unfathomed depths, the unconscious, boundless emotions and longing.
Questo desiderio romantico verso l’infinito viene poi trasmesso nelle opere e si concretizza nell’interesse verso vicende relative a tempi lontani e terre apparentemente distanti. Sempre seguendo il pensiero di Novalis, s’intuisce come ogni cosa osservata e raccontata a distanza di diverso tempo sia sempre più poetica e consequenzialmente, secondo la loro opinione, più romantica: non ci dovrebbe stupire a questo punto il perché in quel periodo si tenda ad approfondire e ad immortalare scene e vicende, relative agli anni del Medioevo, i cui cavalieri, imprese, avventure, cattolicesimo, misticismo, feudalesimo ed il rapporto differente con la natura, creano ora grande curiosità negli studiosi dell’epoca. In maniera particolarmente accurata viene invece concepita la natura, sul cui studio si concentrano numerosi autori, filosofi, scienziati, artisti, ecc. nel corso di questo periodo. Essa rappresenta colei alla quale numerosi autori affidano l’espressione del proprio io più profondo e celato, riuscendo così a dare forma e concretezza alla loro oscura natura interiore; consiste in quella silenziosa custode, inintelligibile, che è sia madre, che matrigna, confidente ed estranea, la cui figura passa appunto da un estremo ad un altro, ritenendola ora come la materializzazione dell’inconscio e della vita interiore più vera e recondita, ora come una madre ferita e distante, ritirata nella sua solitudine, per le offese arrecatele dal cosiddetto Geist. Quest’ultima tipologia di natura si farà poi ancor più presente nel momento in cui dovrà subire una delle catastrofi più evidenti e sfortunatamente durature, che prenderà piede dalla fine del XVIII secolo con l’inizio delle due rivoluzioni industriali.
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La concezione della natura in questi primi passi del Romanticismo deriva infatti dal pensiero di Schelling a riguardo, contenuto per lo più nella sua Naturphilosophie, che coinvolse intellettualmente gran parte dei primi romantici di Jena. Come si legge sempre in The Dominant Characteristics of German Romanticism: «In her development nature is a progressive revelation of the spirit. Everything in the universe is animate. Everything has body and soul as well. […] The essence of nature is absolute activity. She is constantly becoming, but never achieves being» ed in seguito viene fatto presente il pensiero di Schlegel a riguardo sempre riportato nell’Athenäum: «We do not see God […] but we see the divine everywhere; we can feel and think nature and the universe directly, but not the Godhead. […] She stimulates the imagination. In every contact with her, man senses the infinite world». Sulla base di tali elementi, si è in grado di comprendere il perché di tanto interesse da parte degli scrittori e artisti romantici nei confronti dei racconti fantastici, ed in special modo delle fiabe: il mondo attuale viene ora espresso tramite quello dei sogni e della fantasia per eccellenza. Il genere della fiaba fa infatti riferimento a quella sfera infantile, della fanciullezza, dell’immaginazione e del sovrannaturale, periodo della vita che gli autori riconoscevano come quello della verità più genuina. «It represented the fulfillment of romantic longing; here the romantic spirit was quite untrammeled and magically creative, since in this realm the laws of experience, of time, place, and causality have no validity». Un esempio noto a livello mondiale e ricordato da tutte le generazioni, è rappresentato dalla raccolta di fiabe appartenenti alla cultura popolare tedesca assemblate dai fratelli Grimm nei primi decenni del XIX secolo, riportando per iscritto dei racconti provenienti dalla tradizione popolare e fino ad allora trasmessi oralmente da diversi secoli. Prima ancora vi erano in realtà molti altri autori che avevano già preso spunto dal tema fiabesco in tempi precedenti, tra cui Tieck nel 1797 con le sue Volksmärchen, l’opera di Novalis, Die Lehrlinge zu Sais, del 1802, le canzoni popolari di Arnim e Brentano, Des Knaben Wunderhorn, pubblicate tra il 1806 e il 1808 e più tardi Die Rheinmärchen, del 1810, sempre di Brentano, che darà vita alla mitica figura di Loreley, dalla quale saranno ispirati poeti ed artisti da ogni dove ed il cui esemplare più famoso è, senza alcuna esitazione, la lirica di Heinrich Heine che porta il suo stesso nome. Pertanto il paesaggio renano riscosse in questo periodo un successo non indifferente, tant’è che innumerevoli furono gli autori, i poeti, i pittori, i compositori, ecc. che si recavano lungo le città del Reno o tra i luoghi di maggior mistero ed interesse per trarne riferimenti per possibili sfondi di vicende letterarie, o semplicemente per contemplare lo scenario. Grazie anche al turismo di massa che ebbe grande fermento in quel periodo, aumentò notevolmente il flusso di persone e di visitatori che giungevano fin lì per scoprire quei panorami fiabeschi e surreali, di cui si poteva goderne la suggestività in particolare all’altezza del noto “Mittelrhein”, zona che parte all’incirca da Bingen fino ad arrivare alla città di Bonn, lungo la cosiddetta Valle del Reno, o Oberes Mittelrheintal. Fra gli innumerevoli turisti che attraversarono questo fiume e di cui vi scrissero nei propri diari di viaggio o opere di vario tipo, viene ricordato con grande ammirazione in articolo di Claudio Magris, lo scrittore tedesco Hölderlin, il quale viene definito «una delle più alte voci della lirica mondiale» ed è con lui
che la poesia assume il “Padre Reno, che libero nacque” come simbolo dello spirito vivificante e creatore della Germania, identificata a sua volta col mondo del sentimento e della poesia stessa. Per Hölderlin il Reno è tragico come la storia tedesca e la stessa poesia che la canta; il suo legame con la Germania è un decreto degli dèi, che gli impediscono di essere il Danubio, il fiume che va dall’Europa all’Asia, e lo vogliono tedesco, con tutta la grandezza e anche la hybris dell’anima germanica.
Sembra infatti che egli abbia anticipato quel senso patriottico che nel corso dell’Ottocento prese sempre più piede tra i letterati. Lungo le rive del Reno vi fu inoltre lo stesso Friedrich Schlegel, il quale secondo molti viene riconosciuto come la mente che diede inizio al cosiddetto Rheinromantik e colui che letteralmente «”romantisierte” den Rhein».
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In tal senso egli viene definito come il primo ad intendere il fiume Reno sotto la luce sensibile ed allo stesso tempo rivelatrice del Romanticismo, riuscendo nell’intento di svecchiare l’immagine di un fiume che veniva ritenuto niente più che un confine o una fruttuosa via di commercio: ha fatto sì che esso potesse avere un’anima ed una sua voce.
«Er fügte der altbekkanten Szenerie des Rheinstroms eine neue Dimension hinzu, die der Geschichte, der Zeit also, und damit der Unendlichkeit. Der Rhein wurde Sinnbild tieferer Zusammenhänge». Inoltre in quello stesso anno vi si erano trasferiti i due scrittori ed amici Achim von Arnim e Clemens Brentano ed egli aveva già conosciuto durante i suoi studi presso Jena la cerchia dei primi Romatici, con i fratelli Schlegel, Novalis, Tieck e molti altri. Sul Reno si erano perciò ritrovati numerosi intellettuali, le cui conoscenze ed abilità venivano condivise fra loro, dando vita ad un ciclo di racconti, liriche, canzoni, opere d’arte, ecc. dove tale fiume era considerato la principale fonte di riferimento per le rispettive opere. In special modo catturarono l’attenzione di questi autori le antiche canzoni di stampo popolare, che in realtà venivano riscritte con rinnovata semplicità e profondità di sentimento, rendendole dei componimenti di grande attualità. Tant’è che delle diverse saghe renane di racconti e leggende vennero realizzate svariate edizioni e rielaborazioni, che hanno luogo anche nei tempi correnti, ed in maniera particolarmente intensa in Germania, dove «Sagen und Legenden vom Rhein wurden Besitz des ganzen Volkes». Per quanto riguarda i numerosissimi autori ed artisti provenienti da altri paesi stranieri spiccano certamente alcuni italiani tra cui Aurelio De’Giorgi Bertola, che viaggiò lungo il fiume nel 1795, illustri autori francesi quali Victor Hugo coi suoi diari di viaggio lungo il Reno del 1842 e Alexandre Dumas che visitò il Rheinland nel 1838, per pubblicare in seguito le Excursions sur les bords du Rhin e molti altri. Difatti oltre ai più vicini francesi ed italiani, un vasto numero di famosi turisti provenivano dall’Inghilterra, i quali si servirono del Reno come sfondo per i propri lavori…
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Parallelamente anche diversi pittori tedeschi si appassionarono ai panorami renani, inizialmente per ricreare illustrazioni per i diversi libri e diari di viaggio che venivano così largamente pubblicati in quel momento. In seguito alcuni artisti originari della zona del Reno iniziarono invece a proporre un tipo di pittura più vicina a quella del periodo romantico, ispirandosi alle opere di Caspar David Friedrich...
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Viaggio lungo il Reno nella cultura romantica: un confronto tra le opere di Brentano, Heine e Wagner
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Informazioni tesi
Autore: | Chiara Valotta |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue e letterature moderne euroamericane |
Relatore: | Patrizio Collini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 144 |
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