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Roland Barthes: pluralità di soggetti, singolarità di vita

Roland Barthes par Roland Barthes attraverso la lettura de Le pacte autobiographique e il concetto di autofiction

Come ho già accennato nell’introduzione, ho deciso di sottoporre il testo di Roland Barthes al patto di Lejeune e al più controverso - vedremo perché - patto che scaturisce dal termine autofiction proposto per la prima volta da Serge Doubrovsky. Philippe Lejeune nel suo Le pacte autobiographique propone, per riconoscere un’autobiografia, questa definizione: "récit rétrospectif en prose qu’une personne réelle fait de sa propre existence, lorsqu’elle met l’accent sur sa vie individuelle, en particulier sur l’histoire de sa personnalité ".

Questa dunque la definizione data da Philippe Lejeune all’interno del suo patto nel 1975, testo quasi contemporaneo, è bene ricordarlo, del testo di Barthes. Ma vediamo subito che il testo qui preso in considerazione presenta alcune anomalie rispetto a quel ‘patto’. Il testo di Barthes non è un récit; non ha nulla del racconto, anzi, presenta una forma strettamente antinarrativa che procede per frammenti. Possiamo quindi escludere l’impiego del récit all’interno del testo, benché un récit ci sia, ma esso è talmente celato e frammentato da risultare inintellegibile.

Barthes, inoltre, non mette quasi mai l’accento sulla sua vita di individuo, né tanto meno, sulla sua esperienza di uomo e di scrittore; e, quando lo fa, è per mettere in ridicolo i procedimenti classici dell’autobiografia. Il testo è costruito come una sorta di lista di cose che, secondo l’autore, un lettore dovrebbe sapere; si tratta di cose che egli ama o che gli piacerebbe fare. Il testo di Barthes appare dunque, fin da subito, e anche dal punto di vista strutturale, molto lontano da quelli che possono essere classificati, senza ombra di dubbio alcuno, nel genere autobiografico.

Esso se ne discosta fin dal suo incipit, assai diverso da altre rinomate autobiografie quali, ad esempio, Les Confessions di Rousseau, il cui testo prende avvio con la ormai famosa espressione "Je suis né à Genève en 1712", o, ancora, dal più recente Mémoires d’une jeune fille rangée di Simone de Beauvoir che si apre con l’inequivocabile e dichiarata intenzione autobiografica attestata ancora una volta dal suo incipit: " Je suis née à quatre heures du matin, le 9 janvier 1908 ". In quest’ultimo caso, l’autrice eccede nella precisione sul dato della nascita, precisandone persino l’ora: tra i tanti nati il 9 gennaio del 1908, ella, però, è nata alle quattro del mattino. Tra Les Confessions di Rousseau e i Mémoires della Beauvoir sono trascorsi circa duecento anni, eppure gli incipit sono molto simili, tanto da poterli definire un po’ tutti figli della stessa cultura.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Roland Barthes: pluralità di soggetti, singolarità di vita

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Informazioni tesi

  Autore: Fabio Libasci
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue e culture moderne
  Relatore: Laura Restuccia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 70

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