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Caratterizzazione del micobiota presente nei semi di Chia

Rischio micotossicologico nelle derrate alimentari

Il ruolo che ricopre i funghi nelle produzioni alimentari possono avere degli aspetti sia positivi che negativi. Gli aspetti positivi possono essere, come ad esempio, l’impiego degli stessi nel campo delle biotecnologie tradizionali per la produzione di bevande alcoliche, di formaggi, di prodotti da forno lievitati, di prodotti derivati dalla soia, tutti processi che l’uomo utilizza sin dall’antichità, per non dimenticare l’uso dei miceti per la produzione industriale di sostanze coadiuvanti o additivi alimentari (enzimi, acidi organici). Negli ultimi anni sono stati utilizzati i macromiceti commestibili e le cellule fungine, come fonte alternativa di proteine per l’alimentazione umana, come per esempio il lievito, che sono peraltro già impiegate come integratori alimentari. Inoltre, i funghi svolgono un ruolo altresì importante in altri settori industriali come produttori di ormoni, vitamine, antibiotici, enzimi, oltre che essere impiegati in taluni processi di smaltimento di sottoprodotti e residui industriali.
Come già accennato, il ruolo dei miceti può avere anche degli effetti indesiderati nelle produzioni alimentari e molto pericolosi, l’attacco e la colonizzazione delle colture vegetali o delle derrate alimentari da parte dei funghi, nello specifico le muffe, può avere un effetto molto più dannoso della biodegradazione del substrato che comporta la sottrazione o l’alterazione dei componenti nutritivi.

Alcuni funghi parassiti delle Aspergillus, Penicillium e Fusarium piante agenti di ammuffimento delle derrate alimentari, principalmente appartenenti a tre generi principali:, hanno la capacità di produrre nel corso del loro sviluppo anche diversi metaboliti velenosi. Questi metaboliti, chiamati micotossine, rappresentano un gruppo eterogeneo di sostanze chimiche prodotte dal metabolismo di miceti. Sono tossiche sia per l’animale che per l’uomo, esplicando azione nefrotossica (ocratossine), epatotossica (aflatossine), immunotossina (aflatossine e ocratossine), mutagena (aflatossine), teratogena (ocratossine) e cancerogena. Le micotossine si sviluppano prima del raccolto (contaminazione in campo) o dopo il raccolto di vari vegetali, soprattutto vegetali o semi oleaginosi, ma anche durante la trasformazione ed il trasporto. La presenza negli alimenti di origine animale di residui o metaboliti di micotossine è dovuta esclusivamente al carry-over che si verifica nelle derrate prodotte da animali alimentati con mangimi contaminati. Il consumo di alimenti contaminati di micotossine può produrre nell’uomo un’ampia varietà di quadri patologici, sia acuti sia cronici, che dipendono dalla quantità di micotossina assunta, dalla sua tossicità, dal peso corporeo, dalla presenza di altri tossici e da diversi fattori (Colavita, 2012). L’esistenza di un rischio reale per la salute umana viene avvalorata dai risultati di alcune indagini epidemiologiche condotte su popolazioni di aree geografiche più a rischio, che evidenziano una significativa correlazione positiva tra la presenza di micotossine nella dieta e l’incidenza di alcune malattie endemiche. In alcune regioni dell’Africa si registra un’elevata incidenza di cancro epatico primario dovuto a consumo di alimenti e bevande che presentano un’elevata contaminazione di aflatossine. Tuttavia, altri fattori possono agire in sinergia con le aflatossine a dare un’eziologia multifattoriale: lo stato endemico dell’epatite B, o gli squilibri nutrizionali presso tali popolazioni, sono due tipiche concause eziologiche. Analogamente, presso certe popolazioni balcaniche sono frequenti se non endemici, casi di nefropatie associati a derrate contaminate da ocratossina A (Nefropatia Balcanica Endemica). Sono state descritte finora almeno 18micotossicosi degli animali che possono colpire anche l’uomo: almeno altre 24 sintomatologie di ricorrenti tossicosi alimentari (IARC, 1993).Oltre che per ingestione, le micotossine possono esplicare la loro attività tossica anche per contatto e per inalazione. Pertanto un ulteriore rischio soprattutto per l’uomo, può derivare dalla manipolazione di derrate alimentari, o dalla permanenza in ambienti con aia contaminata (granai, fienili, molini).
Le aflatossine sono prodotte da ceppi di Aspergillus flavus se di Aspergillus parassiticus. Chimicamente sono dei derivati della cumarina e sono denominate con le sigle B1, B2 (metossi- difuro-cumarone e metossi-difuro-cumaro-lattone), G1, G2 (diidroderivati), M1, M2 (idrossilati presenti nel latte di animali alimentati con mangimi contaminati). Possiedono attività epatotossica, cancerogena, mutagena e probabilmente teratogena (Figura 4).

Il tossico più potente è rappresentato dall’aflatossina B1 (AFB1) che mostra una DL50 per l’uomo tra 0,6 e 10 ppm (ppm=mg/kg). Esse sono assorbite nel tratto gastrointestinale e successivamente attivate per via metabolica nel fegato. L’eliminazione di questi tossici comporta, infatti, processi di epossidazione, ossidrilazione, de metilazione e coniugazione. In particolare, l’AFB1 subisce un’ossidazione, ad opera del citocromo P-450, che porta alla sintesi dell’8,9-epossido, elettrofilo capace di formare addotti covalenti con DNA, RNA e proteine. La formazione di addotti con il DNA è sicuramente responsabile dell’attività cancerogena, mentre la reazione tra l’epossido e le proteine potrebbe essere responsabile dell’epotossicità acuta. Nell’escrezione dell’AFB1 le principali vie sono rappresentate da quella biliare e urinaria, ma anche il latte è una via di escrezione sotto forma di AFM1 e costituisce una potenziale fonte di rischio per i consumatori soprattutto quelli più giovani. La comunità europea è orientata a porre un limite di 4 ppb di aflatossine per gli alimenti umani, mentre per quanto concerne l’alimentazione animale, la concentrazione massima attualmente ammessa è di 50 ppb nei mangimi per vitelli, agnelli, pollame e suini. Per i bovini da latte il limiti è di 10 ppb.

 
Gli zearalenoni sono prodotti da diverse specie di Fusarium e in particolare da F. graminearum, F. gulmorum e F. equiseti. Lo zearalenone (tossina F1) è un lattone dell’acido resorcilico; non è dotato di tossicità acuta e manifesta attività anabolizzante ed utero trofica, o, a concentrazioni più alte, attività estrogenica.

Le ocratossine sono un gruppo di composti prodotti da funghi del genere Aspergillus e Penicillium, in particolare da A. ochraceus e da P. viridicatum. L’ocratossina A (OA) è più tossica rispetto alla B (OB) ed è costituita da un derivato cumarinico legato alla fenilalanina, mentre l’OB consiste nell’analogo senza un atomo di cloro. L’attivazione metabolica dell’OA è eseguita dal citocromo P450 e porta alla formazione di intermedi attivi con probabile azione cancerogena e altri effetti tossici. Il suo assorbimento avviene nel tratto gastrointestinale e, attraverso la circolazione enteropatica, può essere secreta e riassorbita. Il principale organo bersaglio è il rene. L’assunzione di ocratossina produce lesioni del tubulo prossimale che comportano proteinuria, glicosuria, chetonuria, poliuria e riduzione del trasporto tubulare prossimale di ioni organici. Secondo il SFC (Scientific Commitee for Food), l’esposizione giornaliera all’OA per l’uomo non dovrebbe essere superiore a pochi ng/kg peso corporeo/giorno, per evitare sindromi derivanti dall’azione a lungo termine della tossina.
 
Le fumotossine sono un gruppo di sostanze prodotte principalmente dalla specie Fusarium moniliforme e F. proliferatum. Chimicamente le fumosine sono diesteri dell’acido tricarballilico e polialcoli, caratterizzati da una struttura molto simile a quella della sfingosina, precursore chimico di tutti gli sfingolipidi. La fumosina B1, in particolare, inibisce l’azione della N-acil-transferasi e il conseguente blocco della sintesi degli sfingolipidi e sembra essere alla base degli effetti tossici e dell’attività cancerogene; la sfingosina, infatti, possiede la funzione di agente antitumorale endogeno.
Per l’uomo il consumo di cereali contaminati da fumosina potrebbe essere all’origine di un’elevata incidenza del cancro all’esofago.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Caratterizzazione del micobiota presente nei semi di Chia

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Informazioni tesi

  Autore: Paola Corona
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2021-22
  Università: Bioscienze e Tecnologie agroalimentari ed ambientali
  Facoltà: Scienze e tecnologie alimentari
  Corso: Scienze e tecnologie agroalimentari
  Relatore: Clemencia  Chaves Lopez
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 53

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