Aspetti sociali nella progettazione di applicazioni mobile: un caso studio.
Relazioni tra spazi reali, sociali e digitali
Il turismo è soprattutto un’esperienza d’incontro con ciò che non si conosce. Ci si muove, sia fisicamente che metaforicamente, in spazi prima solo conosciuti per intermediazione. L’accesso a informazioni e dati di tipo geografico, come già detto, è diventato ubiquo. Il turista e il viaggiatore hanno la possibilità di accedervi in qualsiasi momento, prima durante e dopo il viaggio. Da un punto di vista tecnico e tecnologico vi sono stati innumerevoli studi, poco è stato fatto da un punto di vista psicologico ed esperienziale. Come hanno influito queste tecnologie sulle menti dei turisti? Come queste hanno modificato gli atteggiamenti e l’esperienza del turista verso il viaggio?
Abbiamo aperto questo scritto con una citazione dal libro “Bicycle Diaries” di David Byrne, un artista che, nei suoi innumerevoli spostamenti per il globo, si è portato dietro una bici pieghevole con cui visitare immersivamente le città che toccava durante i tour con la sua band, i Talking Heads. Sensazioni analoghe sono state esperite anche dai soggetti delle nostre interviste, di cui anticipiamo alcuni contenuti:
“[In bici] senti il corpo che si muove, incontri le persone e ci puoi chiacchierare mentre ci si fiancheggia, in automobile non vivi il "commuting", sei inscatolato, non vivi la presenza delle persone.”
L’influenza delle tecnologie ha creato uno stato di connessione permanente che ha modificato in maniera radicale l’esperienza di viaggio come avventura e scoperta dell’altro. Sempre dalle nostre interviste, risulta che:
“I posti più belli sono quelli che trovi per caso.”
“Imbattuti con cartello fatto con bici ci siamo fiondati. A leggerlo sulla guida magari no.”
Il concetto che vediamo espresso dalle parole dei nostri utenti è quello di serendipity.
La serendipità è la sensazione piacevole che si prova quando si scopre qualcosa di non cercato e non previsto. Questo diventa più evidente nella seguente citazione.
Seguendo una traccia predefinita il viaggiatore si crea delle aspettative che, consciamente o meno, cercherà di confermare.
La connessione permanente a fonti informative comporta il fatto che è sempre più difficile perdersi. Perdersi non è sempre un’esperienza negativa, lo è se ci si perde in condizioni meteo avverse, porta anzi il viaggiatore ad essere più ricettivo verso l’ambiente (invece di muoversi con un “paraocchi” seguendo istruzioni precompilate) e a ricorrere a strategie creative per risolvere la situazione. Il perdersi per strada infatti quasi mai si risolve con strategie lineari, data una probabile complessità dei reticolati stradali. Se il percorso tracciato è lineare, non lo è la sua progettazione. I nostri soggetti, infatti, ci hanno detto che:
“Quando non hai una guida tutto ciò che capita di bello è super positivo, se segui guida e sbaglia è super negativo. Girando a caso si sta molto più attenti a informazioni utili e si parla con la gente.”[...]
A questo proposito citiamo una ricerca di Tussydiah e Zach (2011), nella quale gli autori mostrano l’influenza delle tecnologie sulla cognizione spaziale e l’esperienza turistica. Questa influenza agisce su due livelli.
1) L’esperienza sensoriale, affettiva e sociale: ovvero l’abilità di percepire, sentire e associare le destinazioni con specifici concetti.
2) L’esperienza cognitiva e corporea: ovvero l’abilità di sapere dell’esistenza e partecipare ad attività alla destinazione.
Specularmente, se non fossimo in grado di interpretare gli stimoli che gli strumenti tecnologici ci offrono:
1) Non avremmo una comprensione empatica delle realtà che si visitano in maniera olistica.
2) Non sapremmo in quali attività potremmo intraprendere nel nostro viaggio.
Le implicazioni di questo sono importanti anche, e soprattutto, per gli operatori e gestori del turismo. Senza una comunicazione efficace verso potenziali clienti, come possono attirarli?
Un altro aspetto importante al riguardo della connessione permanente riguarda la scompartimentazione delle esperienze. Prima dell’avvento delle tecnologie di comunicazione ubiqua, il fatto stesso di spostarsi da un luogo all’altro comportava un abbandono dello status di abitante di un luogo per diventare automaticamente viaggiatori e ospiti di un altro luogo. Potendo essere costantemente in connessione con tutte le nostre reti sociali, ma al contempo essere immersi in una realtà nuova e aliena a quella cui si è abituati, crea nelle persone una sorta di dissonanza cognitiva per cui non si lascia mai effettivamente casa per immergersi nel nuovo e nel diverso; si salta da una connessione all’altra senza realmente conversare profondamente con alcuna entità, sia essa incarnata, fisica o astratta (ovvero persone, luoghi o culture). Il nostro voler essere connessi contemporaneamente ovunque ci impedisce di avere un rapporto profondo con quello che stiamo vivendo nell’istante.
Questi concetti fanno parte della ricerca condotta da Sherry Turkle, culminata con la pubblicazione del libro “Alone Together” (2011). L’autrice riporta lo smacco della disattesa delle aspettative riposte nell’interazione delle persone grazie a internet. A metà degli anni ’90, dice l’autrice in un’altra opera (1995), grazie alla novità delle chat e delle comunità virtuali le persone potevano esplorare diversi aspetti di se stesse. Per la prima volta l’identità delle persone si poteva slegare dagli aspetti fisici e diventava fluida, a comando di come l’utente voleva rappresentarsi.
Tutto questo, sempre secondo l’autrice, non ha meno dignità della realtà fisica, è un nuovo piano dove questa si espande. Gli studiosi come lei erano speranzosi che ciò che si sarebbe imparato su se stessi e sulla propria identità nei mondi virtuali sarebbe stato utilizzato per migliorare le nostre vite nel mondo reale. Nel corso del tempo l’autrice ha condotto centinaia e centinaia di interviste sul rapporto che le persone hanno con le tecnologie di comunicazione, indagando sugli effetti che queste hanno sulla vita di tutti i giorni.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Aspetti sociali nella progettazione di applicazioni mobile: un caso studio.
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Informazioni tesi
Autore: | Gregorio Marchi |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Milano - Bicocca |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Teoria e Tecnologia della Comunicazione |
Relatore: | Letizia Bollini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 135 |
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