Nouvelle vague e Dogma 95, assonanze e dissonanze
Regia
Registicamente parlando, comincerei col definire la più grande differenza presente tra i due movimenti: l’epoca. Per la nouvelle vague si parla della fine degli anni 50 e dei successivi anni 60, anni in cui il cinema, ripresosi dalla crisi post bellica cominciò un processo di rinascita in più o meno tutto il mondo, fatta eccezione per alcune realtà, tra le quali appunto quella francese, rimasta assopita.
Volta a rinnovare e a dare una scossa molto forte la nouvelle vague riuscì nel suo intento, dando vita ad un nuovo cinema francese, ispiratore anche per altri paesi. Ambito molto differente quello in cui nacque Dogma 95: metà anni 90, il cinema mondiale ha trovato una propria stabilità, Hollywood la fa ovviamente da padrona e la realtà del cinema danese non sembra essere troppo propositiva.
Partendo da questo Trier e Vintemberg nel 95 appunto stileranno il loro “voto di castità” volto a combattere lo stereotipo cinematografico americano. Questi quasi 50 anni di differenza sono ovviamente un grande abisso da affrontare in qualsiasi ambito, ma in particolare affrontando il tema della regia troveremo grandi distinzioni.
Partiamo dai mezzi di ripresa, sicuramente essenziali per un analisi completa. Inutile dirlo, negli anni della nouvelle vague le macchine da presa erano certamente molto più ingombranti di quelle contemporanee, il loro peso sicuramente condizionò molto le tecniche adottate dai registi dell’epoca, costretti a far fronte a difficoltà considerevoli.
Quella che è la regola cardine del cinema Dogma fu quasi di per certo irrealizzabile ai tempi dei suoi predecessori: la camera a mano. Trier Vintemberg e chi come loro si cimentò nel nuovo cinema degli anni 90 ebbe di sicuro un grande vantaggio: la possibilità di utilizzare macchine da presa digitali, leggere e maneggevoli, capaci quindi di essere portate a mano dal regista stesso anche per tutta la durata delle riprese, senza eccessive difficoltà. Questo condizionerà molto la regia dei due stili, il primo decisamente più classico e inserito in un contesto formale più rigoroso, mentre il secondo terribilmente nuovo, quasi mai visto prima.
Quello che subito salta all’occhio di Dogma è la sua estrema somiglianza con un filmato amatoriale, movimenti di macchina liberi a tal punto da dare l’idea di un prodotto non professionale. In effetti quello che il voto di castità impose ai registi fu l’utilizzo esclusivo della camera a mano, senza l’aiuto di nessun mezzo esterno all’uomo. Non troveremo quindi movimenti di macchina classici, come il carrello, le panoramiche, ma per la gran parte della produzione il piano a seguire sarà l’espediente migliore con il quale mostrare la propria realtà.
Un altro utilizzo poco classico della macchina da presa sarà l’uso dello zoom, andato a sostituire la carrellata evidentemente per motivi di praticità e comodità. Elementi questi che non troveremo in un film della precedente Nouvelle vague, legata maggiormente all’aspetto formale dell’opera e alla sua cura estetica. Punto in comune a Dogma e Nouvelle vague sarà il rifiuto totale della costruzione di scenari e ambienti. Secondo entrambi la realtà era troppo importante per essere sostituita da scenografie fasulle o da ambientazioni precedentemente costruite.
Così come gli ambienti anche le luci dovevano essere del tutto naturali, non erano ammessi artifici di nessun genere sul set. L’opposizione al cinema Hollywoodiano fu molto forte sotto questo punto di vista. Gli scenari grandiosi da una parte e gli effetti speciali dall’altra, tipici di un cinema d’oltreoceano, non furono tollerati dai registi aderenti alle “avanguardie”. Negli anni 60 si voleva riportare su pellicola l’attuale, la vita vera, senza artifici, negli anni 90 si rifiutò semplicemente di adattarsi agli schemi consueti.
Mossi da un ideale ben preciso i primi, e volti solo all’opposizione i secondi, entrambi fecero proprie queste regole uscendo dai set, e dagli studi cinematografici e portando la propria troupe e il proprio equipaggiamento nelle strade, nelle case, nel mondo reale di tutti i giorni. Addirittura per Trier e Vintemberg anche gli oggetti di scena aggiunti erano un di più da eliminare. Lo stesso Lars von Trier raccontò che durante le riprese del suo film Idioti Ander Hove, il padre di Josephine, arrivò sul set con un giornale in tasca, che, nonostante le regole di Dogma imponessero al regista di non aggiungere nessun oggetto di scena, venne tenuto dall’attore durante le riprese in quanto utile a sottolineare il carattere del personaggio.
Dimostrazione questa di quanto il voto di castità per i registi di questo movimento potesse essere flessibile e rielaborabile a seconda delle esigenze. Direi anche che stessa cosa vale per gli autori della Nouvelle vague, che, nonostante privi di un vero e proprio manifesto con regole precise come i loro successori, sviarono spesso le leggi da loro imposte sulla realizzazione, la registrazione e la composizione delle loro opere. Prima fra tutte ad essere dimenticata fu la regola dell’improvvisazione, dell’assenza di copione e di sceneggiatura da parte dei registi degli anni 60.
Forse l’unico tra tutti questi autori a tenere davvero conto di questi dogmi fu Francois Truffaut che amava vedere davanti ai propri occhi lo svolgersi della scena in totale libertà, sia per gli attori che per gli operatori, lasciando quella casualità indispensabile per ritrovare quella naturalezza ormai persa. Della sua grande esperienza dirà che una delle cose più emozionanti e soddisfacenti del proprio lavoro sarà quella di lavorare con i bambini. Ne I 400 colpi infatti Truffaut si trovò a lavorare con un Jean-Pierre Leaud ancora bambino, capacissimo di improvvisare e di mostrare tutto se stesso sullo schermo.
Questa freschezza e questa naturalezza si potranno tranquillamente ritrovare nelle opere di Dogma, interpretate però in chiave drammatica. Infatti se gli argomenti trattati dalla Nouvelle vague sono piuttosto leggeri, quelli dei suoi successori, non lo saranno affatto. L’attore si troverà si a recitare privo di un copione e in totale libertà, ma in un’atmosfera decisamente differente, più tesa e decisamente meno sostenibile.
Ad aumentare questo clima di improvvisazione sarà anche la presenza di una troupe molto ridotta in entrambi i casi, ovviamente, maggiormente ridotta per Dogma a causa dell’avanzata tecnologia. Negli anni 60 questo aspetto divenne piuttosto comune a causa anche dei budget molto ridotti per la realizzazione del film, che costrinsero gli autori ad accontentarsi del minimo indispensabile. Differente invece l’intenzione di Dogma, limitatasi forse per riuscire a stringere un intesa ancora maggiore con gli attori.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Nouvelle vague e Dogma 95, assonanze e dissonanze
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Informazioni tesi
Autore: | Federica Concari |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Accademia di Belle Arti |
Facoltà: | Design e Arti |
Corso: | Nuove tecnologie per l'arte |
Relatore: | Carlo Tombola |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 90 |
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