Il potere disciplinare del datore di lavoro nel settore privato
Rapporto tra illecito disciplinare ed illecito penale
Tra gli elementi di maggior differenziazione dei due sistemi disciplinari può essere collocato il rapporto tra processo penale e procedimento disciplinare. Si tratta di diversità collegate all'esistenza di delitti (contro la personalità dello Stato, contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica), per i quali é rilevante la posizione del lavoratore pubblico; con questo si evince che il settore pubblico é da tempo destinatario di una serie di disposizioni volte a regolare i rapporti tra i due giudizi, secondo una tendenza che da ultimo é sfociata nella privatizzazione del rapporto. L'esperienza del settore privato non ha ricevuto la stessa attenzione da parte del legislatore e la riforma ha prodotto un'autonomia del giudizio civile di impugnazione della sanzione disciplinare, qualora questa venga irrogata per gli stessi fatti oggetto del giudicato penale; il venir meno della pregiudizialità penale sul giudizio civile fa sì che il giudizio circa la condotta del lavoratore incolpato sia autonomo dal concorrente accertamento in sede penale. Sugli assetti relativi alla pregiudizialità incide fortemente la l. 27 marzo 97/2001 contenente "Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni". La finalità di questa legge consiste nell'introduzione di regole di trasparenza , sia sul versante attinente al giudizio penale che consegue agli illeciti, che i profili di tipo disciplinare e risarcitorio. Scopo della legge é quello di intensificare il rapporto tra i due ambiti nella considerazione per cui l'indipendenza tra i giudizi, in virtù della modifica del codice penale del 1988, si é tradotta in molti casi in una valutazione discrezionale da parte delle pubbliche amministrazioni circa le responsabilità emerse sul piano penale a carico dei dipendenti.
La legge 97/2001 si muove nella direzione di accrescere la portata degli esiti del processo penale nell'ambito disciplinare. Ora, nel settore del diritto del lavoro privato esiste il principio dell'autonomia tra illecito penale e illecito disciplinare La conseguenza é che, anche se i fatti imputati al lavoratore sono gli stessi, il datore di lavoro può in ogni caso procedere all'esercizio del potere disciplinare, senza dover tenere conto degli sviluppi del procedimento penale pendente. L'unica eccezione é prevista all'articolo 654 del codice di procedura penale il quale testualmente recita: "nei confronti dell'imputato, della
parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito al dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno ad un diritto o ad un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa".
A prescindere dall'articolo, anche questo dovrà essere restrittivo, sia dal punto di vista soggettivo poiché vi é una stretta coincidenza tra i due giudizi, che oggettivo dato che la rilevanza si limiterà solo a circostanze specifiche connesse all'imputazione, e non a meri elementi di valutazione. Il principio di autonomia, di cui qui si discute, vale anche per la determinazione della consistenza della sanzione; infatti la qualificazione dell'illecito in sede penale non é vincolante ai fini di quella disciplinare, poiché nell'ambito del rapporto di lavoro si deve tener conto di un ulteriore elemento, quale appunto la fiducia data dal datore di lavoro al lavoratore; questo aspetto é da considerare se é correlato al licenziamento disciplinare quale sanzione più grave, poiché, a prescindere dalla qualificazione del reato in sede penale, quello che rileva in ambito lavorativo é il comportamento del dipendente, che deve consistere in un inadempimento tale da mettere in discussione la prosecuzione del rapporto. Questo non esclude né che il datore di lavoro, né che il giudice civile possano utilizzare le prove acquisite dal giudice in sede penale, purché soltanto al fine di acquisire maggiori elementi di valutazione e senza perdere l'autonomia del giudizio.
Quindi il datore di lavoro potrà ma non dovrà tener conto, dovendo procedere ad una valutazione dell'infrazione-inadempimento. Diversa é la situazione nell'ipotesi in cui sia la stessa contrattazione collettiva a prevedere l'irrogazione di una sanzione disciplinare come diretta conseguenza di una sentenza di condanna in sede penale, escludendo ovviamente la sentenza di patteggiamento e l'applicazione di pena su richiesta; vi sono delle eccezioni poiché in alcuni contratti collettivi la rilevanza di questi provvedimenti predibattimentali viene menzionata, mediante un processo di equiparazione logica, rispetto alle sentenze definitive passate in giudicato. Negli altri casi in cui ciò non accade, non si esclude che il giudice di merito possa ritenere che la volontà delle parti contrattuali, pur con un generico riferimento alla sentenza passata in giudicato, fosse diretta a comprendere anche un'altra forma di condanna penale in seguito alla quale la posizione del "condannato" non sia sostanzialmente differente.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il potere disciplinare del datore di lavoro nel settore privato
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Informazioni tesi
Autore: | Francesco Catara |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Catania |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Sebastiano Bruno Caruso |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 86 |
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