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Intervento e concorso dei creditori nell'espropriazione forzata

Raffronto della normazione del ’65 e del ’40 con il principio della par condicio creditorum

E’ bene, a questo punto, cercare di comprendere meglio qual è stata, nel corso dell’evoluzione normativa dell’istituto in esame, la posizione del legislatore rispetto al principio di pari trattamento di cui all’art. 2741 c.c.
Si è visto come il codice di rito del 1985 ammetteva alla fase espropriativa esclusivamente il creditore procedente, rappresentate de iure di tutti gli altri, i quali, a loro volta, avevano la possibilità di opporsi al prezzo di vendita del bene.
Il legislatore del 1940, invece, ha strutturato l’espropriazione come una procedura intrinsecamente concorsuale, prefigurando il sistema della “porta aperta”: tutti i creditori sono protagonisti del procedimento espropriativo in tutto il suo evolversi, calcando la scena sin dalla fase strettamente espropriativa e senza alcuna distinzione tra creditori muniti di titolo esecutivo e creditori che ne sono privi.
Da un primo sommario raffronto delle due discipline, potrebbe sembrare che sia stato il legislatore del 1940 a meglio tutelare il principio sancito dall’art. 2741 c.c.; se è vero, infatti, che tutti i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sul patrimonio del debitore, è anche vero che aprire le porte dell’espropriazione a tutti i creditori, indistintamente, è un passo ulteriore a garanzia del rispetto di tale principio.
In realtà, questa prima deduzione in tanto può essere portata avanti, in quanto ci si muova su di un piano di analisi essenzialmente formale e marginale: l’applicazione delle norme nell’evolversi di un processo espropriativo come delineato dal codice di rito del ’40 mostra, invece, tutte le problematicità di tale disciplina rispetto al principio in questione.
Si rifletta su due aspetti della norma di diritto sostanziale: da una parte il “diritto ad essere soddisfatti”; dall’altra la clausola di salvezza delle cause legittime di prelazione.
L’art. 2741 c.c. parla, appunto di diritto di essere soddisfatti, seppur in egual misura, sul patrimonio del debitore; manca ogni riferimento ad un ugual diritto a far espropriare.
Di conseguenza, fa notare il Capponi, che non si può non osservare come tale sistema di attuazione della par condicio, potrebbe, qualora lo si ponga a confronto con la normativa precedente, apparire esorbitante dall’ambito pratico-applicativo della norma giuda ( 2741 c.c.).
Di contro, invece, la disciplina del codice di rito del 1865 appare più conforme alla portata reale del summenzionato principio. Il legislatore dell’epoca, infatti, riprendendo quanto previsto all’art. 2903 del codice francese, aveva prospettato una parità di trattamento assicurata, essenzialmente, nella fase distributiva, fase che è presente in ogni forma si espropriazione, come sede naturale di verifica dell’esistenza del privilegio e del diritto, in contraddittorio tra gli interessati.
Il principio di pari trattamento si specchia nella fase satisfattiva, nell’eguale diritto di tutti i creditori alla soddisfazione sul patrimonio dell’ esecutato; pertanto, l’intervento nel processo di espropriazione, non ha rilievo di per sé, ma solo strumentalmente alla fase di soddisfazione nella quale si realizza il diritto fatto valere.
Fermo restando che non sono mancate opinioni discordanti sul punto.
Parte della dottrina ha visto proprio in tale rilevanza della fase espropriativa l’esigenza di una maggiore apertura dell’espropriazione, quasi a voler giustificare la decisione del legislatore del ’40.
Si è detto, per esempio, che l’intervento del creditore privo di azione esecutiva ( privo di titolo esecutivo) si giustifica, nella fase espropriativa, con la considerazione per cui, se tale creditore ha diritto di ottenere utile collocazione nel riparto finale e di partecipare, quindi, alla fase distributiva in attuazione del principio di pari trattamento, allora egli deve avere anche il diritto di interloquire nella fase precedente processuale, ossia quella fase volta alla liquidazione del patrimonio che forma garanzia generica, in egual modo, per tutti i creditori.
Tale filone di pensiero, allora, guarda a quella fase strumentale alle distribuzione, quale è appunto quella espropriativa, ammettendo come il concreto riconoscimento del principio di par condicio, in seno al processo espropriativo, complessivamente inteso, non possa prescindere da un bilanciamento, in termini di poteri di intervento dei diversi creditori, tra la fase propriamente espropriativa e quella meramente distributiva. [...]

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Intervento e concorso dei creditori nell'espropriazione forzata

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Informazioni tesi

  Autore: Filenia Sacco
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2011-12
  Università: Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Romano Vaccarella
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 184

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Parole chiave

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