Mito, Anima, Immaginazione, Cosmologia: un Itinerario in James Hillman
Rêverie e cosmo
In un capitolo della sua Poetica della rêverie dal significativo titolo Rêverie e cosmo, Bachelard, parlando dell’attività della rêverie (sostanzialmente analoga all’immaginazione hillmaniana), dice che essa permette una “psicologia delle maiuscole”, diventando, le parole di chi “sogna” (leggi: chi immagina), nomi del mondo; anzi, la parola, “la metafora, non gli basta più, ha bisogno dell’immagine”, dell’immagine cosmica. Per Bachelard le immagini si “cosmicizzano”, nel senso che ci mostrano il cosmo (di volta in volta, un cosmo sotto quel determinato punto di vista che l’immagine libera), e ci cosmicizzano, nel senso che si “abbracciano”, ci rapiscono, e ci (ri)donano la nostra appartenenza al mondo, e la sua a noi: “si giunge così a uno dei paradossi dell’immaginazione: mentre i pensatori che ricostruiscono il mondo ripercorrono un lungo cammino di riflessioni, l’immagine cosmica è immediata. Ci dà il tutto prima delle parti. Nella sua esuberanza crede di dirci tutto del Tutto. Ritiene l’universo come uno dei suoi caratteri. Una sola immagine, invade tutto l’universo. Diffonde in tutto l’universo la felicitià che proviamo di abitare il mondo stesso di questa immagine”.
E’ così che “dalla cosmicità di una immagine” si riceve una “esperienza del mondo”, l’”abitare un mondo”[corsivo nostro]. Lo stesso occhio (del poeta) che guarda un mondo, è per Bachelard il centro di un mondo, il sole di un mondo: la “regola onirica” impone infatti il passaggio dal participio passato al participio presente, “diffuso-diffondente”, in quello che si potrebbe chiamare un rapporto biunivoco tra mondo e soggetto, intesi però non come separati ma come necessariamente correlativi, in una dialettica tra parte e tutto (“Lo sguardo è un principio cosmico”;“tutto ciò che guardo mi guarda” e “il mondo vuole vedersi, il mondo vive una curiosità
attiva con gli occhi sempre aperti. […] Il Cosmo è un Argo).
E’ qui il fondamento della bellezza, che, nella rêverie, sembra per Bachelard coincidere con il vedere stesso: “il mondo è costituito dall’insieme delle nostre ammirazioni” (e qui Bachelard
sembra riferirsi proprio all’etimologia di ad-mirari, “guardare con meraviglia”). La rêverie bachelardiana permette allora una “metafisica dell’adesione” al mondo attraverso le immagini-dimondo, le quali possono sì giungerci dai poeti ma solo in quanto, potremmo dire, “cause occasionali” (termine che Bachelard usa esplicitamente a proposito delle “spiegazioni” della psicanalisi): in realtà esse sono “custodite nel profondo di noi stessi”. Rievocandole, attraverso le loro proprietà, possiamo “avere l’esperienza metafisica di una “fusione”, […] di una totale aderenza a una sostanza del mondo, […] adesione di tutto il nostro essere a ciò che nel mondo ha proprietà di accoglierci” (“fusione” di cui i filosofi conoscerebbero solo la parola, ma non “la cosa”).
Per Bachelard, all’espressione “il mondo è la mia rappresentazione”, andrebbe sostituito: “il mondo è il mio appetito”, essendo il “mordere” una insostituibile “presa sul mondo”, che, attraverso il bisogno quasi primordiale di (immagini di) mondo, dà all’uomo (al rêveur) “la piena salute cosmica”, il più assoluto benessere e felicità (“Il benessere che si diffonde trasforma il mondo in “contesto”” e “il cosmo di un sognatore ci mette in un tempo immobile, ci aiuta a dissolverci nel mondo”; la rêverie “ci aiuta a scivolare nel mondo, nel benessere di un mondo. Una volta di più, la rêverie ci insegna che l’essenza dell’essere è il benessere, un benessere radicato nell’essere arcaico.
Senza essere stato, come può un filosofo essere sicuro d’essere? L’essere arcaico mi insegna a essere me stesso”, tanto che “a volte, il corpo riprende tutto l’essere”).
Ora, a proposito di Bachelard, c’è da rilevare la presenza di alcuni nodi tematici, se non problematici, almeno problematizzabili, riguardo alla divisione delle funzioni psichiche che risulta dalle opere bachelardiane stesse. In particolare, in Bachelard è rilevabile una sorta di “tensione” tra la rêverie ed il mondo (ed il pensiero) “oggettivo”. Fino alla fine della sua carriera di autore (quando ormai nei suoi interessi prevaleva la poetica del mondo, la “fenomenologia dell’anima”, che era anche una “cosmo-analisi”), Bachelard ha sancito nettamente una divisione tra immagine e concetto, tra la rêverie della “coscienza caleidoscopica” e l’oggettività della conoscenza scientifica, funzioni assegnate a due tipi di cogito radicalmente diversi (quello cartesiano e quello “sognatore”).
Bachelard ha esplicitamente “pronunciato il divorzio dell’intelletto e dell’immaginazione”, funzioni che percorrono strade nettamente separate; la seconda, anzi, è fino alla fine esclusivamente “ostacolo” per la prima. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
Mito, Anima, Immaginazione, Cosmologia: un Itinerario in James Hillman
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Informazioni tesi
Autore: | Pietro Sante Vincenti |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2000-01 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Paolo d’Alessandro |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 238 |
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