Il trauma psicologico della guerra. Progetto per la creazione di un centro di ricerca e di assistenza psicologica per il personale militare impiegato in missioni operative.
Quale lavoro dopo “il mestiere delle armi”?
La difficoltà di riadattarsi alla vita civile diventa particolarmente evidente quando i reduci, una volta tornati a casa e rimessi gli abiti civili, incominciano a cercare un lavoro.
Quali opportunità ha un ex-soldato di trovare un lavoro da “civile”? Come possono impiegare le capacità che hanno imparato durante l’addestramento e le missioni? Secondo Shay non ci sono molte occupazioni civili che diano la possibilità agli ex-soldati di utilizzare le abilità apprese sotto le armi.
Tra le maggiori abilità apprese durante l’addestramento militare e il combattimento figurano:
- Capacità di rispondere istantaneamente alla violenza
- Continua vigilanza nei confronti di situazioni di pericolo
- Soppressione della pietà, del senso di orrore, del senso di colpa, di disgusto e di pena
- Abilità ad adattarsi alla durezza di condizioni fisiche e psicologiche estreme (Shay 2002)
E’ chiaro che non ci sono molte occupazioni lavorative in ambito civile che richiedono questo genere di abilità. Per questa ragione uno dei maggiori problemi che i reduci sperimento dopo aver lasciato il mondo militare è quello della difficoltà di trovare un lavoro che possa dare soddisfazione, che possa davvero piacere loro e che li faccia sentire utili per la società.
Shay continua dicendo che un numero significativo di reduci con i quali ha lavorato durante la sua carriera professionale ha avuto problemi con la legge e che questa non è una condizione inusuale tra gli ex soldati, infatti E. Tick nel suo libro “War and the Soul” afferma che negli USA il numero di reduci detenuti nelle prigioni per comportamenti criminali è tre volte superiore a quello della popolazione in generale (Tick 2005, 304).
Essi sono incapaci di lasciare le loro modalità da combattenti e sembrano adattarsi facilmente alla “carriera criminale”. La capacità di rubare una cassaforte e di aprirla sapientemente con l’esplosivo potrebbe essere vista come un’applicazione civile delle abilità militari, fa notare ironicamente l’autore. (Shay 2002)
A volte può non essere soltanto l’incapacità di adattarsi ad un lavoro nomale e il bisogno di far soldi che spinge i reduci verso azioni criminali, spesso è la necessità di ri-sentire il brivido dell’azione. Una carriera criminale permette di rimanere in “modalità di combattimento”, usando le abilità duramente conquistate in ambiente militare.
Al contrario, i reduci che decidono di trovare un impiego “legale” potrebbero avere due differenti approcci al lavoro: potrebbero da un lato essere incapaci di mantenere un impiego per lungo tempo, cambiando occupazione molte volte nella loro vita, oppure potrebbero dedicarsi completamente al lavoro con una devozione che a volte rasenta il fanatismo (Shay 2002)
Questo secondo gruppo non è affatto interessato ai soldi; essi semplicemente prendono il lavoro come una sorta di missione da portare a termine, una missione che permette loro di dimenticare ogni altro problema. Le famiglie di questi ex-soldati hanno solitamente una buona situazione finanziaria ma mancano di qualsiasi supporto emotivo da parte del loro congiunto (Shay 2002)
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il trauma psicologico della guerra. Progetto per la creazione di un centro di ricerca e di assistenza psicologica per il personale militare impiegato in missioni operative.
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Informazioni tesi
Autore: | Ileana Robbiati |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Milano - Bicocca |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali |
Relatore: | Alberto Giasanti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 114 |
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