Essere donne, essere uomini. Percezione e trattamento della variabilità sessuale tra realtà biologica e costruzione culturale
Proposte per il superamento del binarismo di genere
Se il femminismo tradizionale vedeva la categoria “genere” come una costruzione culturale che aveva però le basi in un dato biologico essenziale (il sesso), il femminismo post-strutturalista degli anni ’80 mette in dubbio anche la naturalità della categoria “sesso” (Sassatelli, 2006).
Per esempio, Judith Butler vede il genere come un “performativo”, cioè un’idea che, perpetrata attraverso la ripetizione di atti, ha un effetto dissimulatorio, ovvero ci induce a pensare che le differenze sessuali siano un dato che affonda le sue radici nella biologia. Il genere è, per Butler, un’“aspettativa che finisce per produrre proprio il fenomeno atteso” (cioè la differenza sessuale) (Butler, 2004, p. XIX).
La studiosa in Scambi di genere (2004) mette a confronto le posizioni di diversi teorici del post-strutturalismo e della teoria femminista francese riguardo al binarismo sessuale. Secondo Luce Irigaray, per esempio, l’opposizione binaria è in realtà un artificio che ha lo scopo di rappresentare monologicamente l’unico vero “soggetto” dei sistemi di rappresentazione convenzionali occidentali, cioè il maschio. Il binarismo, per la psicoanalista e linguista belga, presenta apparentemente due soggetti contrapposti (il maschio e la femmina) ma ha, in realtà, l’intento di nascondere il “fallogocentrismo” soggiacente (in Ibid., p. 25). Foucault, invece, include la dicotomia sessuale nell’insieme di costruzioni che hanno lo scopo di regolamentare la sessualità umana – per natura sovversiva – dandole una forma. Per Monique Wittig, ancora, il sesso è un attributo sempre femminile, in quanto il maschile nelle nostre società coincide con il neutro, con l’universale, e non ha quindi bisogno di essere specificato.
Inoltre, la teorica femminista vede il binarismo sessuale come una costruzione funzionale al mantenimento della norma eterosessuale. Il superamento della dicotomia di genere (attraverso la distruzione della categoria del sesso) rappresenta l’unica via possibile, secondo Wittig, mediante cui la donna può arrivare ad assumere il ruolo di soggetto in senso universale, e smettere quindi di ricoprire un ruolo puramente funzionale all’affermazione della categoria “uomo” (Ibid.).
Butler (2004) individua una certa contraddizione tra il Foucault della Storia della sessualità e il Foucault che scrive l’introduzione delle memorie dell’intersessuale francese ottocentesco Herculine Barbin. In Storia della sessualità il filosofo sostiene l’impossibilità di pensare a un “sesso” al di fuori dalle costrizioni delle logiche di potere e si oppone, quindi, ai movimenti emancipatori che hanno il difetto di non riconoscere la natura sempre storicizzata della sessualità (Ibid.). Il potere, secondo Foucault, crea sia la sessualità considerata normale in una data società, sia le sue varianti trasgressive. Nella nostra società, quindi, non solo l’eterosessualità, ma anche la bisessualità, l’omosessualità, il transessualismo, il transgenderismo, sono tutti prodotti del potere che, attraverso la categorizzazione delle diverse sessualità, ne costituisce una gerarchia (sessualità normali/sessualità anormali) (Bernini, 2008). Insomma, immaginare una sessualità davvero liberata dalle costrizioni del potere sarebbe per Foucault una mera illusione. Proprio tenendo in considerazione questa concezione, Bernini (2008) ritiene più fattibile un ridimensionamento delle categorie di genere piuttosto che una loro eliminazione.
Nell’introduzione alle memorie di Herculine però, come nota Butler, il filosofo sembra offrire un ritratto dell’intersessuale come persona al di fuori delle logiche del binarismo sessuale e quindi più vicina all’espressione di una “molteplicità sessuale primaria” (Butler, 2004, p.140) di cui pareva negare l’esistenza. Secondo l’autrice di Scambi di genere, insomma, Foucault “non riconosce le relazioni di potere concrete che costruiscono e condannano al tempo stesso la sessualità di Herculine” (2004, p.138).
Ma vediamo ora più da vicino la storia a cui ci introduce Foucault. Alexina/Herculine viene allevata come una fanciulla. Dopo la morte del padre, viene affidata alle cure delle suore a causa delle condizioni di povertà in cui versava la madre. Trascorre quindi l’infanzia e l’adolescenza presso diversi conventi, dove inizia a manifestare le prime inquietudini sentimentali nei confronti di altre ragazze. In seguito Alexina/Herculine diventa insegnante in un collegio femminile dove conosce Sara, che diventerà la sua amante.
Alexina/Herculine convive dall’adolescenza con un malessere che non specifica dettagliatamente nel suo diario, ma scrive che “la scienza non sapeva spiegare certe assenze” (Barbin, 1979, p. 33, corsivo nell’originale), per cui era sottoposta a una dieta particolare, e che lamentava fitte dolorosissime al ventre. Alexina/Herculine vive in costante conflitto tra il sentimento di giustizia che la/lo spingerebbe a rivelare la sua natura e il timore (che si rivelerà fondato) di perdere tutto ciò che ha, soprattutto Sara. Alla fine prevale il primo dei due sentimenti e Alexina/Herculine, attraverso una serie di rivelazioni a esponenti della Chiesa e medici, viene condotto/a verso il riconoscimento ufficiale di quello che, secondo i medici, è il suo vero sesso, cioè il sesso maschile. Anche Alexina/Herculine, secondo quanto scritto nelle sue memorie, sembra appoggiare questa tesi. In svariate occasioni afferma, per esempio: “usurpavo un posto, un titolo che le leggi divine e umane mi interdicevano”, oppure: “un grossolano errore mi aveva assegnato nel mondo un posto che non avrebbe dovuto essere il mio” (Ibid., p. 44, 46). Herculine metterà fine alla sua vita all’età di trent’anni, in una modestissima mansarda parigina.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Essere donne, essere uomini. Percezione e trattamento della variabilità sessuale tra realtà biologica e costruzione culturale
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Informazioni tesi
Autore: | Nicole Braida |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Sociologia |
Corso: | Sociologia |
Relatore: | Raffaella Ferrero Camoletto |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 224 |
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