Contratti di Esclusiva e Antitrust: Il caso dei prodotti differenziati

I vantaggi dei produttori intermedi non sono sufficienti a colmare il gap conseguito dall’ex monopolista e dei consumatori, poiché il calo dei costi motivati dalla maggior competizione upstream non si traduce pienamente in un calo dei prezzi al consumo: il potere di mercato, prima detenuto in maggioranza dal monopolista, con l’entrata del competitor finisce di fatto per essere re-distribuito a vantaggio delle imprese intermedie e non solo in tal modo non si dissolve, ma addirittura risulta aumentato a causa del fatto che esso si trasferisce da un settore a perfetta sostituibilità ad uno dove vi è un certo grado di differenziazione.

Tale lavoro sostanzialmente mostra come la soluzione di un problema concorrenziale in uno stadio produttivo di un bene composto da prodotti tra loro complementari, può portare conseguenze negative se contemporaneamente non si allarga la base competitiva in ognuno dei settori della filiera produttiva, specialmente se caratterizzati da bassa sostituibilità al loro interno. In assenza di tale intervento, i vantaggi della scomparsa del monopolista si annullerebbe in virtù del fenomeno della doppia marginalizzazione, che contiene pressioni inflazionistiche molto pesanti per i consumatori finali.

Le perdite globali sono tanto più elevate quanto più è elevata la differenziazione qualitativa tra A e B, poiché in quel caso A potrebbe beneficiare di un potere di mercato molto ampio, con ciò che ne consegue. Il ruolo della differenziazione di prodotto, in questo contesto non appare quindi decisivo sotto l’aspetto qualitativo, in quanto essa non può modificare la naturale evoluzione del mercato (per nessun valore di α e γ 1 può evitare l’entrata), ne può modificare le conseguenze negative sul Benessere che la competizione sul mercato del componente comporta, ma lo è in senso quantitativo, poiché più essa è contenuta, e più consente di contenere le perdite dei consumatori.