Omogenitorialità: ricerca VS pregiudizi
Pregiudizio e discriminazione nei confronti delle famiglie omogenitoriali
Utilizzeremo questa parte della ricerca per comprendere meglio come le famiglie omogenitoriali e gli stessi omosessuali vivano la loro situazione nella società odierna focalizzandoci su alcuni concetti fondamentali. E' bene parlare di alcuni atteggiamenti sociali citando tre temi fondamentali: il pregiudizio, lo stereotipo e la discriminazione. Il termine “pregiudizio” deriva dal latino praeiudicium (sentenza anticipata), composto da prae (prima) e da iudicium (giudizio). Con questo termine, quindi, si vuole intendere una valutazione preventiva ad una conoscenza diretta. Il pregiudizio è una forma di microaggressione (Massey, 2007) che porta le vittime verso l'insicurezza, la frustrazione e l'isolamento (Herek, 2000). Poco più di sessant'anni fa, Gordon Willard Allport espresse delle considerazioni importanti per qualificare il concetto di pregiudizio, definendolo come “un atteggiamento di rifiuto o di ostilità verso una persona appartenente ad un gruppo, semplicemente in quanto appartenente a quel gruppo, e che pertanto si presume in possesso di qualità biasimevoli generalmente attribuite al gruppo medesimo”.
Allport viene considerato come punto di riferimento degli studi psico-sociologici degli anni trenta e quaranta del concetto di pregiudizio. Secondo lo psicologo statunitense, il pregiudizio può essere compreso partendo dall'analisi di comuni processi di pensiero: la mente umana tende ad attuare meccanismi di semplificazione ed organizzazione delle conoscenze indispensabili; la semplificazione e l'organizzazione della mente umana hanno lo scopo di fronteggiare una realtà troppo complessa e differenziata. Il termine “stereotipo” deriva dal greco sterèos (rigido) e tùpos (impronta) e fu coniato nell'ambito tipografico verso la fine del Settecento. Nel 1922, Walter Lippmann trasferì il termine stereotipo nell'ambito delle scienze sociali: il giornalista statunitense spiega come ogni individuo sia influenzato da immagini nella propria testa (pictures in our heads) e schemi mentali autocostruiti, nel percepire il mondo circostante. “Per stereotipo, in definitiva, s'intende l'esistenza di una schematizzazione e semplificazione mentale di concetti, comportamenti o ambienti complessi” (Orazi, Pattoia, Rosati, 2014). Con il termine “discriminazione” si intende la manifestazione di atteggiamenti e comportamenti negativi e penalizzanti che causano un trattamento non paritario di una persona o un gruppo sociale; il fatto di discriminare o essere discriminato rimanda direttamente a distinguere, diversificare o differenziare persone e cose. La discriminazione può essere negativa o positiva: negativa quando la disparità di trattamento è volta a sfavorire la persona discriminata; positiva quando la disparità di trattamento è volta a favorire la persona discriminata (ad esempio l'inserimento di persone con disabilità nel mondo del lavoro). Inoltre, la discriminazione può manifestarsi in modo diretto o indiretto. La discriminazione diretta si ha nel momento in cui si agisce per mettere in una situazione di svantaggio una persona o un gruppo di persone (ad esempio il non assumere a lavoro una lesbica in quanto omosessuale); la discriminazione indiretta, invece, si ha quando una norma o un criterio apparentemente neutri causano una situazione di svantaggio per una categoria di persone (ad esempio stabilire che uomini e donne, per entrare nelle forze armate, debbano avere un'altezza minima di 170 cm).
Spesso chi attua atti discriminatori, lo fa in quanto possessore di convinzioni, idee e credenze e tutto questo è alla base del concetto di stereotipo, ovvero quel concetto che presuppone la generalizzazione e l'assolutizzazione del proprio punto di vista. L'omosessualità è molto spesso presa come bersaglio di stereotipi e di conseguenza di discriminazioni: l'orientamento sessuale delle persone viene discriminato a causa delle convinzioni sulla non conformità di genere, dei pregiudizi sui ruoli sociali e degli stereotipi sui rapporti, facendo sì che esse non riescano a vivere in maniera libera e tranquilla la propria vita. Dal 1973 l'omosessualità viene derubricata dal DSM III (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e viene semplicemente definita “variante naturale del comportamento sessuale umano”. Nonostante questo importante avvenimento, tuttora l'omosessualità viene vista sotto una visuale discriminatoria e i pregiudizi si verificano continuamente. Gli eterosessuali continuano ad avere degli atteggiamenti negativi nei confronti degli omosessuali e questa questione è diventata, col tempo, studio di diverse considerazioni scientifiche (Herek, 2000). La discriminazione da parte della società e di alcuni individui nei confronti dell'orientamento sessuale, prende il nome di “omofobia” dal greco “homoios” e “fobos” (paura degli omosessuali), termine coniato dallo psicologo George Weinberg nel 1969.
L'omofobia può essere definita, dunque, come: “la paura irrazionale di trovarsi in luoghi chiusi con persone omosessuali e le reazioni di ansia, disgusto o intolleranza che alcuni eterosessuali possono provare nei confronti di persone gay o lesbiche” (Lingiardi, 2012, p.52). Weinberg pone l'attenzione sull'aspetto psicologico-individuale degli atteggiamenti, focalizzandosi sull'aspetto emotivo e non su quello cognitivo e sociale dell'individuo: l'omofobia è vista come l'insieme di credenze e stereotipi. Lingiardi (2005, 2007) sostituisce al termine omofobia, il termine “omonegatività” per fare riferimento ad un insieme più ampio di emozioni, credenze e atteggiamenti negativi e discriminatori basati su pregiudizi e stereotipi. Inoltre, l'omofobia è legata alla paura di essere categorizzati come omosessuali, ed è per questo motivo che questa paura appare soprattutto negli uomini (Erich Fromm, 1940). La paura può essere legata anche all'essere definiti “femminucce” e, quindi, all'odio verso tutto ciò che è femminile (Isay, 1996). Herek, nel 1972, ha coniato il termine “eterosessismo”, descrivendo un'ideologia che fa riferimento all'omosessualità vista come inferiore rispetto all'eterosessualità, denigrando e negando i comportamenti dei gay e delle lesbiche. L'omosessualità è considerata come qualcosa che si allontana dalla norma (relazione tra persone di sesso opposto) e da considerare quindi inferiore e meno legittima. […]
Molto spesso i termini omofobia ed eterosessismo vengono considerati come sinonimi tra loro, ma dobbiamo comprendere, invece, che ognuno di essi ha il proprio significato. L'omofobia, come abbiamo già visto, fa riferimento agli atteggiamenti discriminatori volti al singolo individuo; l'eterosessismo, invece, si riferisce alle ideologie del gruppo sociale nei confronti delle persone non eterosessuali. L'omosessualità è vista come una diminuzione di valore e come un fattore che sconvolge la nozione di famiglia. La discriminazione nei confronti delle famiglie omogenitoriali è basata solitamente su concetti come “peccato”, “innaturalezza”, “egoismo”, “confusione” piuttosto che su basi ed evidenze empiriche (Clarke, 2001).
* L'omogenitorialità è un peccato ed è contro natura.
* I genitori omosessuali sono reputati egoisti in quanto ignorano l'interesse superiore del bambino.
* Nelle famiglie omogenitoriali i figli non acquisiscono determinati modelli riguardanti i ruoli familiari.
* Le relazioni omosessuali sono instabili e dunque non durature come quelle eterosessuali.
* I bambini cresciuti da persone non eterosessuali potrebbero vivere nella confusione circa l'identità di genere e diventare a loro volta omosessuali come i propri genitori.
* I figli di genitori omosessuali potrebbero essere vittime di bullismo e avere problemi emotivi e sociali.
La ricerca scientifica (Golombok, 2016; Baiocco, 2015; Bastianoni, Baiamonte, 2015; Lingiardi, 2014; Duncan, 2011; Biblarz, 2010; Cavina, Danna, 2009; Cameron, 2006; James, 2004; Joos, 2004) ha confermato, già da tempo, come queste obiezioni siano infondate. Il bambino, per acquisire uno sviluppo ottimale, deve avere delle buone relazioni all'interno del nucleo familiare e non bisogna parlare invece delle configurazioni di genere. Il genere del genitore e il suo orientamento sessuale non modificano e condizionano in senso psicopatologico lo sviluppo del bambino: ciò che potrebbe condizionare lo sviluppo dei figli sono gli elementi traumatici, elementi che possono essere presenti sia nelle famiglie eterosessuali che omosessuali. E' grazie ai risultati di ricerche come questa e alla conferma di psicologi, psichiatri, pediatri, assistenti sociali che abbiamo una solida base scientifica.
Tutto il resto riguarda esclusivamente la nostra apertura mentale, la flessibilità mentale, il nostro modo di interpretare la realtà e le nostre esperienze (Lingiardi, 2012). Una variabile sulle risposte negative riguardo l'omogenitorialità è il pregiudizio sessuale, ovvero l'insieme di quegli atteggiamenti discriminatori degli eterosessuali verso i comportamenti omosessuali (Herek, 2000). Uno tra i tanti aspetti negativi su gay e lesbiche è la credenza che i bambini di questi genitori debbano affrontare delle esperienze negative e che i figli stessi potrebbere diventare omosessuali (Morse, 2008). L'aumento dell'età fa sì che aumentino anche le credenze riguardo i bambini cresciuti da famiglie omogenitoriali: le persone anziane sono convinte che la miglior famiglia per una buona crescita del bambino sia quella tradizionale della famiglia nucleare e che, dunque, altri contesti possano portare sofferenza (Camilleri e Ryan, 2006; Hollekim, 2012). Alcuni gay e lesbiche potrebbero sentirsi inappropriati nell'essere genitori perchè omosessuali e vedere il proprio contesto familiare come inageguato per lo sviluppo del proprio figlio. A livello psicologico ed emotivo, l'individuo potrebbe sviluppare sensi di colpa per aver messo al mondo un bambino creandogli il problema di avere due genitori omosessuali. Numerosi studi, tra cui quello di Goldberg e Smith (2011) e di Perrin e Ellen (2013), hanno dimostrato come la società, attraverso pregiudizi e discriminazioni, possa influire sulla salute mentale dei genitori omosessuali cusando stress, ansia e depressione. Nonostante le pressioni sociali, la famiglia omogenitoriale rimane un contesto ottimale per lo sviluppo del bambino.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Omogenitorialità: ricerca VS pregiudizi
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Informazioni tesi
Autore: | Mery Ravicini |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Federico Batini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 129 |
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