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Il Concordato del 1851 fra Santa Sede e Granducato di Toscana

Politica religiosa dopo la restaurazione del governo granducale

Il Governo Provvisorio costituitosi in Toscana durante il periodo di Gaeta non si era del tutto disinteressato ai problemi ecclesiastici. Leonardo Romanelli fu, come Mazzei, Ministro degli Affari Giudiziari e degli Affari Ecclesiastici. Egli in particolare si era distinto a causa di una circolare inviata il 5 marzo ai vescovi della Toscana, in cui li invitava con parole piuttosto severe a vigilare affinché i prelati si adoperassero nello spingere i fedeli a partecipare alle elezioni per l’Assemblea costituente:
“Il Governo sollecita tutta l’attenzione e tutto lo zelo della S.S. Rev.ma onde tutti i Parrochi compresi nella sua Diocesi sappiano, che ciascuno di Essi sarà dal Governo medesimo tenuto personalmente responsabile, e quando i loro popolani non legittimamente impediti si astenessero dal prender parte alle imminenti elezioni”.
Comunque, a parte questo atto, la politica religiosa di Romanelli non fu particolarmente significativa, anche perché la spinta rivoluzionaria presto si esaurì, ed il Governo Provvisorio fu costretto a farsi da parte.
Allorché il Granduca riprese l’esercizio delle proprie funzioni nominò Primo Ministro Baldasseroni, già Ministro delle Finanze nel Governo Ridolfi. Il Ministero degli Affari Ecclesiastici questa volta fu distinto da quello di Grazia e Giustizia, e toccò nuovamente a Jacopo Mazzei. Pare che questi non si attendesse per nulla tale nomina, è lui stesso a riferire come rimase sorpreso quando, il 27 maggio, gli fu notificata.
Il Governo Baldasseroni doveva operare in una situazione tutt’altro che facile, si trattava di riportare la Toscana alla tranquillità, misurarsi con le idee che erano comunque circolate negli anni precedenti, regolare i rapporti con l’Austria…
Mazzei doveva confrontarsi con una situazione ecclesiastica che non approvava per nulla. La Chiesa, come spesso accade nei momenti di crisi politica, aveva negli ultimi mesi visto aumentare la propria influenza in Toscana, ed ora faceva valere tale influenza a sostegno delle proprie rivendicazioni. Il ministro era estremamente contrariato dal fatto che, in una situazione politica così difficile da governare, il clero criticasse la politica del Granducato e bollasse come illegale l’estensione del diritto pubblico ecclesiastico toscano ai territori di Lucca.
Vista la difficile situazione, ed anche l’attitudine del Granduca, Mazzei si convinse che era comunque necessario riformare la legislazione ecclesiastica e che, per quanto la prospettiva non gli piacesse per niente, non era da escludere la formulazione di un concordato. Ad ogni modo la sua opinione era che occorresse partire dalla legislazione Leopoldina, e questa riformare, tramite un concordato od un atto unilaterale dello Stato.
Mazzei, in una nota, descriveva il modo in cui riteneva ci si dovesse muovere. Occorreva “Non aver paura, mostrare fermezza, usare benevolenza”, assicurandosi nel contempo che “i preti non riscaldino gli animi, perché il Principe non debba cedere alle dimostrazioni di sagrestia e la Corte in giudici spirituali e fanatici del loro Sovrano”.
Mazzei, sotto pressione affinché riprendesse le trattative per stipulare un concordato, decise di muoversi ma, desiderando farlo con la massima prudenza ed avvedutezza, pensò di richiedere prima una serie di pareri da parte di esperti in materia, che lavorassero ognuno indipendentemente dagli altri affinché non si condizionassero reciprocamente. Nel frattempo sua intenzione era quella di continuare a seguire una politica di stampo giurisdizionalista, mirando a controllare l’attività della Chiesa in Toscana.
Mazzei iniziò ad operare riservandosi il diritto di sorvegliare stampa e predicazione, nonché richiamando i vescovi a causa del fatto che in molte parrocchie l’insegnamento del catechismo era trascurato. Il ministro desiderava poi occuparsi dell’istruzione dei chierici, al fine di formare un clero colto e conseguentemente lontano dal fanatismo. Inoltre riteneva che esigere una solida cultura da parte del clero avrebbe portato notevoli vantaggi economici al Granducato: in tal modo non tutti sarebbero riusciti ad accedere agli ordini sacri, di conseguenza sarebbe calato il numero di sacerdoti, così come quello dei benefici.
Mazzei poteva contare anche sull’appoggio di alcuni sacerdoti, che ritenevano forse di ottenere in tal modo la gratitudine del Governo. Esemplare in tal senso è il rapporto al Ministero inviato il 15 giugno 1849 da Piitto Tausch, Canonico di Livorno. Egli giungeva a sostenere che i mali della Toscana fossero riconducibili a tre: il numero eccessivo degli ecclesiastici, il fatto che la maggioranza del clero toscano fosse poco istruita, e l’ingiusta ripartizione del patrimonio ecclesiastico.

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Il Concordato del 1851 fra Santa Sede e Granducato di Toscana

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Informazioni tesi

  Autore: Alberto Belletti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze dei servizi giuridici
  Relatore: Pierluigi Consorti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 99

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