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Caratteri e dinamiche dello sviluppo economico spagnolo dopo Franco attraverso El Pais

Politica economica, le autonomie e la politica antiterrorista

Il PSOE, giunto al governo, si trovò a dover fare fronte a una situazione di aperta crisi economica con un deficit al 5,4% del PIL, inflazione al 14,4% e due milioni di disoccupati; mentre, a livello internazionale, lo scontro fra i modelli economici alternativi vide da una parte il liberismo proposto dall’asse angloamericano Thatcher-Reagan, e dall’altra parte un tentativo di politica socialdemocratica, basata sull’espansione del settore pubblico in Francia, che tuttavia proprio nel 1982 iniziò ad essere messa in discussione dagli stessi socialisti francesi. Il PSOE, pur richiamandosi ai principi socialdemocratici, si avvicinò, nei primi anni Ottanta, per alcuni versi più al modello liberista che a quello francese. Si trattò di una politica economica in cui il protagonismo statale si univa alla volontà di affrontare la crisi strutturale sia dal punto di vista della gestione finanziaria, sia dal punto di vista della riconversione industriale. I quattro assi della politica economica della prima legislatura socialista furono quelli di controllare l’inflazione, recuperare la capacità di investimenti, liberalizzare la vita economica e adattare la struttura produttiva spagnola alla nuova situazione internazionale.
Il ministro dell’economia spagnola Miguel Boyer agì tentando, da una parte di ridurre il deficit e contenere l’inflazione con una politica di bassi redditi, dall’altra di aumentare la produttività sperando che questa producesse occupazione. Come ogni politica liberista messa in atto in quel periodo a livello internazionale, furono ottenuti successi rilevanti nell’abbattimento dell’inflazione (che scese all’8%), ma il salario reale medio perse potere d’acquisto e in più si persero altri 500.000 posti di lavoro, con un tasso di disoccupazione che giunse a superare il 20%. A ciò si accompagnò un piano di riconversione industriale che ebbe pesanti costi sociali e che contribuì a creare malcontento nei sindacati.
Le scelte economiche del PSOE non furono esenti da critiche nel mondo sindacale. Le ristrutturazioni, la politica dei bassi redditi, il controllo della spesa pubblica e la riforma della burocrazia furono tutte misure che crearono tensioni in un mondo del lavoro colpito dalla crescita esponenziale della disoccupazione. Il “Libro Bianco” sulla reindustrializzazione, presentato dal governo nel 198359, prevedeva un riordino del settore industriale, volto al ridimensionamento di diversi settori, alla riduzione degli occupati e al risanamento delle imprese. I settori più colpiti dalla ristrutturazione erano stati la metallurgia dei Paesi Baschi, l’industria mineraria e siderurgica delle Asturie, la cantieristica navale in Galizia e a Cadice.
La decisione più spettacolare del governo in campo economico fu, nel 1983, l’espropriazione di Rumasa, un gigantesco complesso industriale e bancario che faceva capo all’imprenditore Jerez José María Ruiz Mateos.
L’espropriazione fu attuata con decreto legge ai sensi dell’articolo 33.3 della Costituzione, che faceva riferimento all’utilità pubblica e all’interesse nazionale. Rumasa era un gruppo con circa seicento imprese collegate e con un’altissima percentuale di esposizione finanziaria e concreti rischi di andare incontro alla bancarotta (oltre venti banche del gruppo erano vicine al crack all’inizio del 1983). La crisi avrebbe potuto avere conseguenze incalcolabili su tutto il sistema finanziario spagnolo, cosa che il governo, d’accordo con la Banca di Spagna, volle evitare assumendo un enorme volume di perdite. Il governo mise subito in chiaro che l’espropriazione non era volta alla nazionalizzazione delle imprese del gruppo, ma al loro salvataggio e privatizzazione, tanto che l’esproprio ebbe l’appoggio del mondo finanziario e non causò aperti conflitti con l’opposizione, che si limitò a proporre un ricorso di incostituzionalità. In dicembre il tribunale costituzionale avallò l’operazione, e negli anni successivi furono poste in atto le privatizzazioni, mentre Ruiz Mateos andò incontro a varie peripezie giudiziarie, con richieste d’asilo all’estero e la candidatura al Parlamento europeo per godere dell’immunità, fino all’assoluzione del 1993.
L’operazione ebbe un enorme costo per il sistema economico spagnolo, che si accollò le perdite del gruppo, ma diede al PSOE il sostegno del mondo economico e contribuì a stabilizzare una situazione di forte crisi.
Questa politica di grandi sacrifici per il mondo del lavoro era stata attuata senza alcuna concertazione sindacale. La decisione e il rigore mostrato dal PSOE erano di stampo thatcheriano e non potevano che comportare una notevole crescita della conflittualità sociale.
In un primo tempo l’UGT aveva appoggiato i piani del governo, sia per il forte legame con il PSOE, sia per continuare nella politica di concertazione, già sperimentata con i governi dell’UCD, che aveva portato all’isolamento delle CCOO, superate ormai dall’UGT in numero di iscritti e di delegati.
Negli anni successivi, tuttavia, quando erano entrati in gioco complessi rapporti fra partito, governo e sindacato, il legame fra sindacato e governo socialista si incrinò.
Il governo e González, soprattutto, non avevano voluto sottoporre la propria politica industriale ed economica al vaglio e al giudizio né del partito né del sindacato, mentre all’interno di entrambi si era manifestata una forte domanda di negoziazione e di condivisione delle linee di azione del governo. Su questo piano maturò anche la rottura fra Alfonso Guerra, favorevole a un maggiore peso del partito nelle decisione e González, sostenitore di una maggiore autonomia del governo. Infine i dirigenti dell’UGT non accettarono che l’organizzazione fosse “usata” solo in funzione di appoggio alle scelte del governo, senza nessuna possibilità di influire sulle stesse. L’appoggio incondizionato dell’UGT al governo minava alla radice la rappresentatività stessa dell’organizzazione sindacale. Già dal 1985, l’UGT aveva cominciato ad affiancare le CCOO nelle mobilitazioni a sostegno dell’occupazione e a smarcarsi dall’appoggio al governo, anche in seguito alla dura situazione occupazionale. Le riconversioni guidate dal governo socialista, infatti, si erano per il momento limitate ad “asciugare” la produzione e a risanare le imprese in perdita, ma non avevano portato a nuova occupazione. Solo dal 1985, cominciarono a crescere gli investimenti per la modernizzazione e la razionalizzazione delle imprese.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Caratteri e dinamiche dello sviluppo economico spagnolo dopo Franco attraverso El Pais

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Informazioni tesi

  Autore: Luca Virani
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: management internazionale
  Relatore: Giuseppe De Luca
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 159

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