La teoria della 'balance sheet recession' nell'esperienza giapponese
Perché il PIL non è crollato?
Il notevole calo della richiesta di finanziamenti da parte delle imprese è stato causato, come si è detto, dal crollo dei valori delle proprietà immobiliari e mobiliari.
Se quindi la perdita di domanda aggregata conseguente a questa scarsa richiesta di finanziamenti può ben spiegare come mai la crisi giapponese si è protratta così a lungo, un altro dato però conduce ad una riflessione, e forse rivalutazione, riguardo l'efficacia delle contromisure adottate dalle autorità.
L'ammontare di ricchezza persa a causa del crollo dei prezzi degli attivi patrimoniali, considerando soltanto terreni e titoli azionari, fu di 1.500 trilioni di Yen; questa cifra ciclopica corrisponde all'intero valore nazionale dei patrimoni finanziari personali in Giappone, oppure, se si preferisce, equivale a 3 anni di PIL giapponese.
Secondo quanto sottolinea l'autore, si è trattato della più grande perdita economica mai subita da un paese in tempo di pace. L'unico evento macroeconomico paragonabile, in termini di durata, persistenza e perdita di ricchezza dovuta al precipitare dei prezzi delle attività patrimoniali, fu appunto la Grande Depressione USA degli anni '30.
Dunque notevoli analogie, e anche un meccanismo simile nella reazione delle imprese. Lo sforzo collettivo nel cercare di minimizzare i debiti che, a sua volta, ha generato una caduta della domanda aggregata.
Ma le similitudini si fermano qui, poiché durante la Great Depression questa corsa alla minimizzazione dei debiti riguardò ogni settore economico ed ebbe effetti ben più disastrosi. Il conseguente crollo di domanda aggregata fece cadere il PIL di circa il 50% in soli 4 anni, dal 1929 al 1933; il tasso di disoccupazione nazionale superò il 25% (addirittura il 50% nelle grandi città); i prezzi dei titoli azionari precipitarono a circa 1/8 rispetto al loro valore al picco della bolla. Fu una immane catastrofe socio-economica, gli standard di vita crollarono, e una parte rilevante della popolazione cadde in condizioni di povertà assoluta. Paradossalmente, la perdita di ricchezza patrimoniale che aveva generato tale disastro era equivalente al valore del PIL USA del solo 1929.
Perciò, la perdita di valore patrimoniale registrata in Giappone dopo il 1990 è stata ben superiore di quella avuta negli Stati Uniti d'America dopo il 1929.
Nonostante ciò, il PIL giapponese durante quei difficili anni è rimasto sempre sopra il livello del 1990, sia in termini nominali che reali; il tasso di disoccupazione (tradizionalmente basso in Giappone), ha subito un incremento solo contenuto; gli standard di vita medi si sono mantenuti ad alti livelli.
È logico dunque domandarsi per quale motivo, l'immensa perdita di valore patrimoniale, abbinata al cospicuo calo di domanda del settore corporate, non abbiano provocato un proporzionale ribasso del reddito aggregato ed un generale calo degli standard di vita del paese.
Questo brano è tratto dalla tesi:
La teoria della 'balance sheet recession' nell'esperienza giapponese
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Informazioni tesi
Autore: | Lorenzo Neri |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze politiche e delle relazioni internazionali |
Relatore: | Stefania Jaconis |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 108 |
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